Seconda bomba a Colombo: la gente, frustrata, vuole verità e pace
di Melani Manel Perera
L’attentato di ieri alle porte della capitale fa almeno 8 morti per lo più civili. Il governo accusa i ribelli tamil, che negano. La popolazione è stanca di dichiarazioni di propaganda dalle due parti e si domanda “chi è il responsabile della morte continua di innocenti”. Appello alle autorità: “Tornare al tavolo dei colloqui di pace”.

Colombo (AsiaNews) – Ansie e frustrazione montano nella società civile in Sri Lanka dopo che il secondo attentato in meno di una settimana nella capitale Colombo ha ucciso almeno 8 persone. La popolazione è stanca di dichiarazioni contraddittorie che arrivano dalle autorità e dai ribelli tamil, chiede maggiore protezione e chiarimenti sullo stato della guerra civile ormai riaccesasi nel Paese.

Ieri una bomba, piazzata sul tetto di un negozio di video e CD, è esplosa al passaggio di un pulmino della Special Task Force (Stf) a Ratmalana, 10 km a sud della capitale. Le vittime, tra cui due donne, erano civili che stavano tornando a casa dal lavoro. Lo scorso 24 maggio sempre nella capitale una persona era morta in seguito all'esplosione di una bomba piazzata su una motocicletta al passaggio di un pulmino dell'esercito. I nuovi attentati giungono mentre l'esercito intensifica gli attacchi contro i ribelli tamil dell'Ltte nel nord del Paese.

Dell’attacco a Ratmalana, il portavoce militare ha accusato i separatisti dell’Esercito per la Liberazione del Tamil Eelam (Ltte), che a loro volta hanno negato qualsiasi coinvolgimento. E' la solita propaganda portata avanti dalle due parti, che usano scaricarsi a vicenda ogni responsabilità delle violenze in atto, a scapito della verità. “Negano ogni colpa finché non arrestano qualcuno” sostiene p. Reid Shelton Fernando, cappellano nazionale del Movimento dei giovani lavoratori. “Il fatto che la bomba era posizionata sul tetto di un negozio – sottolinea - indica una scarsa vigilanza nei confronti dei luoghi pubblici, ci sentiamo abbandonati dalle autorità”. Il sacerdote elenca poi tutti i suoi dubbi circa la modalità dell’attentato: “L’obiettivo erano le forze speciali di polizia, di cui qualcuno ha spiato i movimenti, ma chi? A quale scopo? Forse distruggere la vita civile e generare paura tra i cittadini? Prostrare ulteriormente la nostra economia? Intaccare la possibilità della gente di spostarsi e viaggiare? Assistiamo al collasso dello Stato di diritto? L’unica soluzione possibile è tornare immediatamente al tavolo delle trattative”.

Un appello al dialogo è lanciato anche da una maestra buddista, che insegna in una scuola vicino al luogo dell’attentato di ieri. Premaseeli Gunasekara denuncia: “Il governo dà la colpa all’Ltte, questo la respinge, sembra un puzzle scomposto, chi è il responsabile di tutto ciò? Noi cittadini vogliamo saperlo, vogliamo sapere perché continuano a morire innocenti e chiediamo al nostro governo di riavviare proficui colloqui di pace”.