Un missionario islamico ucciso e fatto a pezzi a Basilan
di Santosh Digal
I macabri resti fatti trovare ieri in un sacco abbandonato. L’uomo ha collaborato con l’esercito filippino fornendo notizie su Abu Sayyaf e altri ribelli musulmani. Alto il rischio che riprendano le ostilità: l’esercito farà “azioni punitive” contro i ribelli che hanno ucciso e decapitato anche un gruppo di marine.

Zamboanga (AsiaNews) – Ucciso e mutilato un missionario islamico, tagliato a pezzi lasciati dentro un sacco trovato ieri nel villaggio di Balagtasan, città di Lamitan nella meridionale isola Basilan. Il colonnello Ramiro Alivio, capo militare nell’isola, ha detto che l’uomo, non ancora identificato, ha fornito notizie ai militari circa le attività del gruppo terrorista Abu Sayyaf e di altri “elementi fuorilegge”.

“Condanniamo questo macabro omicidio – ha detto Alivio – e sono in corso le ricerche dei colpevoli”. L’isola è stata per anni controllata dai militanti di Abu Sayyaf, ma il gruppo è stato falcidiato dall’offensiva dell’esercito filippino, sostenuto dagli Stati Uniti. Il governo si è gloriato di questo successo come un esempio di cooperazione internazionale contro il terrorismo e per lo sviluppo della popolazione, ma i ribelli non sono ancora debellati. Nell’isola il 12 luglio sono stati uccisi 14 marine e 10 di loro sono stati decapitati, in un’imboscata imputata ai ribelli islamici. Il 10 luglio estremisti islamici hanno lanciato un sanguinoso attacco contro un convoglio di marine che, secondo i militari, erno andati a cercare il missionario italiano rapito, padre Giancarlo Bossi. E’ alto il rischio che si riaccendano gli scontri armati.

Il commodoro Giovani Carlo Bacordo, portavoce della Marina, dice che per la morte dei 14 marine sono in corso accertamenti sui comandanti militari per verificare eventuali negligenze. Ieri la polizia ha detto che presto farà un’accusa formale contro il Fronte islamico di liberazione Moro (Milf) e contro membri di Abu Sayyaf per l’attacco, che ritiene un’aperta violazione del cessate-il-fuoco concordato nel 2003 con il Milf. A sua volta il Milf ha ammesso che i suoi uomini si sono scontrati con i marine, ma accusa gli stessi di avere invaso un caposaldo ribelle e avere disarmato un loro uomo in violazione della tregua; nega, comunque, di averli decapitati.

Il luogotenente colonnello Bartolome Bacarro, portavoce militare, dice che le truppe lancerano “azioni punitive” contro i ribelli coinvolti nell’attacco, se il Milf non si arrende entro una settimana.