Tessile in ginocchio, servono aiuti dallo Stato
di Nirmala Carvalho
Boom economico e concorrenza cinese hanno acuito la crisi di un settore tradizionale dell’economia del Paese. Casi di suicidio fra i lavoratori ormai ridotti sul lastrico.

New Delhi (AsiaNews) – Boom economico e concorrenza straniera, in particolare dalla Cina, hanno messo in crisi il comparto tessile indiano: per capire quali possano essere gli sviluppi del settore, lo scorso 23 luglio il Comitato popolare di vigilanza per i diritti umani (PVCHR), insieme a diverse organizzazioni non governative e alla Commissione asiatica per i diritti umani (AHRC), hanno organizzato un convengo a Lucknow (nell’Uttar Pradesh), che aveva per tema “gli artigiani e i lavoratori del tessile nell’era della globalizzazione”. Un settore fondamentale anche per il padre della nazione, Mahatma Gandhi, che vedeva nel tessile il modo più logico per la popolazione di acquisire una indipendenza economica; egli cuciva da sé gli abiti che poi indossava, per protestare pubblicamente contro il controllo deI colonizzatori britannici sull’industria tessile indiana.

Lenin Raghuvanshi, dirigente del PVCHR – organizzazione con sede a Varanasi – e vincitore nel 2007 del premio Gwangju per i diritti umani afferma che la consultazione è stata organizzata per “focalizzare l’attenzione sulle condizioni di estrema povertà dei tessitori di Varanasi”, secondi per forza lavoro solo agli occupanti del settore agricolo. Nella città sacra per gli induisti ci sono “oltre 200mila tessitori, ma meno di 55mila hanno un lavoro, mentre gli altri sono attualmente senza occupazione fissa”. L’alto tasso di disoccupazione è acuito dal fatto che i lavoratori del tessile appartengono alle caste più deboli del Paese o provengono dalla comunità musulmana e sono emarginati dal contesto socio-economico. L’analfabetismo diffuso e l’apatia del Governo che non prende alcun provvedimento a sostegno del settore e dei suoi occupanti non fanno che aggravare il problema”.

Negli ultimi tre anni a Varanasi oltre 50 fra adulti e bambini provenienti da famiglie del tessile sono morti per malnutrizione, mentre altri hanno abbandonato la professione adattandosi ai lavori più disparate: guidare i risciò, vendere verdure o, alla peggio, chiedere la carità. Una crisi sociale in continuo aumento: il 70% degli appartenenti ai nuclei familiari non ha cibo a sufficienza per sfamarsi, malattie come la tubercolosi crescono a ritmi vertiginosi e i genitori non hanno soldi per permettersi cure mediche per sé e per i figli.

Il mercato globale e la concorrenza dei prodotti cinesi hanno avuto effetti devastanti per il tessile indiano, portando alla chiusura di circa l’80% delle manifatture tessili. A Varanasi oltre 100mila indiani musulmani hanno perso il lavoro e il senso crescente di disperazione e abbandono hanno fatto impennare il numero dei suicidi. “Una parte del Paese – conclude Lenin Raghuvanshi – cavalca l’onda del boom economico, mentre sull’altra sponda milioni di artigiani, operai e contadini sono rilegati ai margini della società. Bisogna trovare rimedi urgenti ed efficaci per far fronte alla situazione”.