Autobomba colpisce la base Isaf a Kabul, ucciso un altro ostaggio
Si aggrava la sorte dei cristiani sud coreani sequestrati lo scorso 19 luglio: trovato il cadavere di un altro componente del gruppo, ucciso ieri a colpi di arma da fuoco. I rapitori lanciano un nuovo ultimatum per mercoledì mattina.

Kabul (AsiaNews/Agenzie) – Questa mattina un’autobomba è esplosa nei pressi di Camp Phoenix, base militare della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) della Nato a Kabul, ferendo almeno tre militari e sette civili. L’attentatore suicida ha preso di mira un veicolo militare dell’Isaf , ma al momento non è stata specificata la nazionalità dei militari feriti.  

Ieri intanto i talebani hanno ucciso un secondo ostaggio sud coreano e hanno lanciato un nuovo ultimatum per mercoledì mattina alle ore 7.30 (GTM): si aggravano quindi le sorti dei cristiani sequestrati lo scorso 19 luglio, quando sull’autostrada che collega la città di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan, a Kabul, un gruppo di guerriglieri ha bloccato il bus diretto verso la capitale sul quale viaggiavano i 23 giovani coreani.

Fonti della polizia riferiscono che il corpo dell’uomo crivellato di colpi è stato rinvenuto ai bordi di una strada del villaggio di Arizo Kalley, nella provincia di Ghazni nell’Afghanistan centrale. Secondo i media sud coreani si tratterebbe del 29enne Shim Sung-min, che si aggiunge alla prima vittima accertata del gruppo – il pastore protestante presbiteriano Bae Hyung-kyu, 42 anni – il cui cadavere è stato ritrovato mercoledì scorso.

Non si vedono al momento spiragli postivi per la vicenda degli ostaggi – in Afghanistan ufficialmente “per motivi umanitari” – dei quali era stato trasmesso ieri un video dalla tv satellitare araba al-Jazeera: secondo un portavoce dei talebani Shim Sung-min sarebbe stato ucciso lunedì mattina in risposta al rifiuto del Governo afgano di rilasciare 8 guerriglieri detenuti nelle carceri del Paese. Nelle mani dei fondamentalisti restano ora 21 ostaggi, 16 dei quali sono donne.

A dispetto della nuova esecuzione, il presidente Hamid Karzai continua a mostrare il pugno di ferro con i rapitori: nel marzo scorso, quando fu criticato per aver scarcerato 5 guerriglieri in cambio della liberazione del giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo, affermò che mai più il suo governo sarebbe sottostato a ricatti e liberato altri talebani.