07/03/2021, 11.22
IRAQ - VATICANO
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​Papa in Iraq: la fede e la speranza non possono essere soffocate nel sangue

Francesco a Mosul, proclamata capitale dallo Stato islamico, prega per le vittime delle guerre. A Qaraqosh, principale città cristiana del Paese. . “Anche in mezzo alle devastazioni del terrorismo e della guerra possiamo vedere, con gli occhi della fede, il trionfo della vita sulla morte”.

Mosul (AsiaNews) – Hosh-al-Bieaa, La piazza delle quattro chiese (siro-cattolica, armeno-ortodossa, siro-ortodossa e caldea) di Mosul è in qualche modo il simbolo della volontà dello Stato islamico di distruggere un mondo – furono distrutte tra il 2014 e il 2017 – ma è anche il luogo, dice papa Francesco, dal quale invocare il perdono di Dio e chiedere la grazia della conversione.

Mosul, prima tappa della giornata di Francesco, fu fra il giugno 2014 e il luglio 2017 la capitale dallo Stato islamico dalla quale fuggirono mezzo milione di persone, tra le quali oltre 120mila cristiani. “Il tragico ridursi dei discepoli di Cristo, qui e in tutto il Medio Oriente – sottolinea Francesco - è un danno incalcolabile non solo per le persone e le comunità interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle spalle”, in quanto “un tessuto culturale e religioso così ricco di diversità è indebolito dalla perdita di uno qualsiasi dei suoi membri”, per quanto piccolo.

Siamo nella piana di Ninive, nella regione orgogliosamente autonoma del Kurdistan. Si ricostruisce e i cristiani, seppur decimati, stanno tornando. “Oggi – dice Francesco - malgrado tutto, riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra. Questa convinzione parla con voce più eloquente di quella dell’odio e della violenza; e mai potrà essere soffocata nel sangue versato da coloro che pervertono il nome di Dio percorrendo strade di distruzione”.

E’ quella violenza in nome di Dio condannata tante volte. E qui il Papa ammonisce: “Se Dio è il Dio della vita – e lo è –, a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome. Se Dio è il Dio della pace – e lo è –, a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome. Se Dio è il Dio dell’amore – e lo è –, a noi non è lecito odiare i fratelli”.

“Signore Dio nostro – prega il Papa - in questa città due simboli testimoniano il perenne desiderio dell’umanità di avvicinarsi a Te: la moschea Al-Nouri con il suo minareto Al Hadba e la chiesa di Nostra Signora dell’orologio. È un orologio che da più di cent’anni ricorda ai passanti che la vita è breve e il tempo prezioso. Insegnaci a comprendere che Tu hai affidato a noi il tuo disegno di amore, di pace e di riconciliazione, perché lo attuassimo nel tempo, nel breve volgere della nostra vita terrena. Facci comprendere che solo mettendolo in pratica senza indugi si potranno ricostruire questa città e questo Paese, e si potranno risanare i cuori straziati dal dolore. Aiutaci a non trascorrere il tempo al servizio dei nostri interessi egoistici, personali o di gruppo, ma al servizio del tuo disegno d’amore. E quando andiamo fuori strada, fa’ che possiamo dare ascolto alla voce dei veri uomini di Dio e ravvederci per tempo, per non rovinarci ancora con distruzione e morte. Ti affidiamo coloro, la cui vita terrena è stata accorciata dalla mano violenta dei loro fratelli, e ti imploriamo anche per quanti hanno fatto del male ai loro fratelli e alle loro sorelle: si ravvedano, toccati dalla potenza della tua misericordia”.

Dal dolore di Mosul alla festa di Qaraqosh. Principale città cristiana del Paese, con oltre 50 mila abitanti, di cui il 90% cristiani, nell’estate del 2014 viene invasa dallo Stato Islamico, che ne distrusse le case e le chiese. Qui l’arrivo del Papa è proprio gioia. La gente grida, canta, corre per seguirne l’auto. La cattedrale dell’Immacolata Concezione – il più grande santuario mariano dell’Iraq - dove Francesco recita l’Angelus era usata come un tiro a segno. C’era, raccontano, “un tappeto di bossoli”, ci sono ancora fori di proiettili sulle pareti e le colonne. Una donna e un sacerdote testimoniano quei giorni di morte e di fughe.

Il Papa esorta al coraggio, a ricostruire. “Anche in mezzo alle devastazioni del terrorismo e della guerra – dice - possiamo vedere, con gli occhi della fede, il trionfo della vita sulla morte”. L’esempio dei vostri padri che “hanno perseverato con ferma speranza” è la vostra eredità. “Adesso è il momento di ricostruire e ricominciare, affidandosi alla grazia di Dio, che guida le sorti di ogni uomo e di tutti i popoli. Non siete soli! La Chiesa intera vi è vicina, con la preghiera e la carità concreta”.

E infine, il perdono. “Perdono – dice - questa è una parola chiave. Il perdono è necessario per rimanere nell’amore, per rimanere cristiani. La strada per una piena guarigione potrebbe essere ancora lunga, ma vi chiedo, per favore, di non scoraggiarvi. Ci vuole capacità di perdonare e, nello stesso tempo, coraggio di lottare. So che questo è molto difficile. Ma crediamo che Dio può portare la pace in questa terra. Noi confidiamo in Lui e, insieme a tutte le persone di buona volontà, diciamo ‘no’ al terrorismo e alla strumentalizzazione della religione”. “La memoria del passato plasma il presente e ci porta avanti verso il futuro. In ogni momento, rendiamo grazie a Dio per i suoi doni e chiediamogli di concedere pace, perdono e fraternità a questa terra e alla sua gente. Non stanchiamoci di pregare per la conversione dei cuori e per il trionfo di una cultura della vita, della riconciliazione e dell’amore fraterno, nel rispetto delle differenze, delle diverse tradizioni religiose, nello sforzo di costruire un futuro di unità e collaborazione tra tutte le persone di buona volontà”. (FP)

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