03/02/2020, 14.49
CAMBOGIA
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Dopo la ‘psicosi coronavirus’, torna la calma tra i cambogiani

Nel Paese vi è un solo caso di contagio. Dopo la conferma dell’infezione, per due giorni tra i cittadini vi era la corsa alle mascherine. Il governo ha provveduto a distribuire materiale informativo, che ha calmato la popolazione. Missionario Pime: “La gente non prova risentimento verso i cinesi”.  

Phnom Penh (AsiaNews) – Dopo giorni d’isteria, seguiti all’annuncio del primo caso di contagio nel Paese, tra i cambogiani sembrano svanire i timori per l’epidemia di polmonite scoppiata a Wuhan, capoluogo della provincia cinese di Hubei ed epicentro dell’ultima emergenza sanitaria globale. Lo racconta ad AsiaNews p. Giovanni Tulino, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) da cinque anni in Cambogia. Il sacerdote svolge la sua opera nella diocesi di Phnom Penh; in particolare a Ta Khmau, località situata circa 15km a sud della capitale.

Lo scorso 27 gennaio, le autorità di Phnom Penh hanno annunciato il primo caso di contagio da coronavirus nel Paese, spiegando che la persona infetta è un cittadino cinese residente nella città costiera di Sihanoukville. Negli ultimi anni, il capoluogo della provincia sud-occidentale di Preah Sihanouk è divenuto uno dei principali centri asiatici per il gioco d’azzardo. Il centro urbano ed il territorio circostante vivono un boom edilizio ed economico grazie a un flusso costante di denaro proveniente dalla Cina.  Hotel, casinò, appartamenti, ristoranti e centri massaggi: i cinesi controllano quasi il 90% delle imprese locali.

“L’unico caso di infezione – dichiara p. Tulino – è stato accertato in una regione dove la comunità cinese è molto numerosa. Nei due giorni successivi alla comunicazione del governo, in tutto il Paese si è diffusa la paura. Ovunque erano visibili persone che indossavano mascherine protettive; agli angoli delle strade vi erano venditori ambulanti che le distribuivano: è stata una vera e propria psicosi”. In un secondo momento, il ministero della Salute ha cominciato a diffondere materiale informativo sul virus, spiegandone ai cittadini la natura ed i metodi di trasmissione”.

“Uno degli aspetti che più hanno tranquillizzato la popolazione è il fatto che il clima umido di questo periodo (la temperatura è quasi sempre superiore ai 25°) ostacola la diffusione della malattia. Il governo è intervenuto più volte per fugare i timori, e non ha ritenuto necessario chiudere i confini del Paese ai visitatori provenienti dalla Cina. Chiudere le frontiere a loro, potrebbe significare il collasso per l’economia”, prosegue il missionario. “Al momento – conclude – la situazione è tornata alla normalità. Non si avverte più l’isteria dei primi giorni dell’emergenza. Ora la gente si sposta senza indossare mascherine. Da parte della popolazione locale, non ho notato neppure risentimento o discriminazione verso i cinesi, che altrove sono invece ritenuti colpevoli per l’epidemia. Anche nei momenti più tesi, nessuno ha rinunciato a frequentarne negozi o ristoranti.

A seguito della conferma della prima infezione, l’ente dell'aviazione cambogiana ha annunciato che tutti i voli da e per Wuhan sarebbero stati cancellati, in accordo con un divieto imposto da Pechino al traffico aereo nel capoluogo dell’Hubei. Parte dell’opinione pubblica chiede tuttavia la sospensione di tutti i voli in arrivo dalla Cina, citando paure per la sostanziale diffusione del virus in tutte le regioni del gigante asiatico. Dall’inizio dell’epidemia, afferma il governo, circa 3mila turisti cinesi sono entrati nel Paese. I critici del regime sostengono che il potenziale impatto del virus sia nascosto dalla autorità per motivi politici.

Il 30 gennaio, il primo ministro cambogiano Hun Sen ha minimizzato i timori di un'epidemia in Cambogia. “Non è necessario fermare i voli dalla Cina perché ciò ucciderebbe la nostra economia e distruggerebbe i legami con la Cina”, ha dichiarato il premier durante una conferenza. In carica dal dicembre 1984, Hun Sen ha aggiunto che i cambogiani dovrebbero astenersi dal discriminare i cinesi. “Non ho in programma – ha proseguito – di evacuare i nostri diplomatici. Lì terremo lì per aiutare a risolvere i problemi sul campo”. Il primo ministro si è dichiarato deluso per il ritorno in Cambogia di giovani che studiavano in Cina, suggerendo che Pechino “potrebbe non rilasciare più borse di studio” ai cambogiani.

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