17/03/2020, 09.56
VATICANO
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Papa: preghiamo per gli anziani che in questi giorni sono soli e hanno paura

Dio desidera che si perdoni “di cuore”. “Quando Dio ci perdona dimentica tutto il male che abbiamo fatto. Qualcuno diceva: ‘È la malattia di Dio’. “Quando noi andremo a confessarci, a ricevere il sacramento della riconciliazione, prima chiediamoci: ‘Io perdono?’. Se io sento che non perdono, non fare finta di chiedere perdono, perché non sarò perdonato”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Preghiamo per gli anziani che in questi giorni sono soli e hanno paura. L’epidemia continua a essere al centro della preghiera mattutina di papa Francesco che dedica ai malati la messa celebrata a Casa santa Marta. “Io – ha detto all’inizio della celebrazione - vorrei che oggi pregassimo per gli anziani che soffrono questo momento in modo speciale, con una solitudine interna [interiore] molto grande e alle volte con tanta paura. Preghiamo il Signore perché sia vicino ai nostri nonni, alle nostre nonne, a tutti gli anziani e dia loro forza. Loro ci hanno dato la saggezza, la vita, la storia. Anche noi siamo vicini a loro con la preghiera”.

All’omelia, prendendo spunto dal passo del Vangelo (Mt 18,21-35) nel quale Gesù parla del perdono, Francesco ha affermato che ciò che Dio desidera è "essere magnanimi", "perdonare, perdonare di cuore".

“Gesù – ha spiegato - viene dal fare una catechesi sull’unità dei fratelli e la finì con una bella parola: ‘Vi assicuro che se due di voi, due o tre, si metteranno d’accordo e chiedono una grazia, sarà loro concessa’. L’unità, l’amicizia, la pace tra i fratelli attira la benevolenza di Dio. E Pietro fa la domanda: ‘Sì, ma alle persone che ci offendono, cosa dobbiamo fare? Se mio fratello commette colpe contro di me, mi offende, quante volte dovrò perdonargli? Sette volte?’. E Gesù rispose con quella parola che vuol dire, nel loro idioma, ‘sempre’: ‘Settanta volte sette’. Sempre si deve perdonare. E non è facile, perdonare. Perché il nostro cuore egoista è sempre attaccato all’odio, alle vendette, ai rancori. Tutti abbiamo visto famiglie distrutte dagli odi familiari che si rimandano da una all’altra generazione. Fratelli che, davanti alla bara di uno dei genitori, non si salutano perché portano avanti rancori vecchi. Sembra che sia più forte l’attaccarsi all’odio che all’amore e questo è proprio il tesoro – diciamo così – del diavolo. Lui si accovaccia sempre tra i nostri rancori, tra i nostri odi e li fa crescere, li mantiene lì per distruggere. Distruggere tutto. E tante volte, per cose piccole, distrugge. E anche si distrugge questo Dio che non è venuto per condannare, ma per perdonare. Questo Dio che è capace di fare festa per un peccatore che si avvicina e dimentica tutto”.

“Quando Dio ci perdona – invece - dimentica tutto il male che abbiamo fatto. Qualcuno diceva: ‘È la malattia di Dio’. Non ha memoria, è capace di perdere la memoria, in questi casi. Dio perde la memoria delle storie brutte di tanti peccatori, dei nostri peccati. Ci perdona e va avanti. Ci chiede soltanto: ‘Fa lo stesso: impara a perdonare’, non portare avanti questa croce non feconda dell’odio, del rancore, del ‘me la pagherai’. Questa parola non è né cristiana né umana. La generosità di Gesù che ci insegna che per entrare in cielo dobbiamo perdonare. Anzi, ci dice: ‘Tu, vai a Messa?’ – ‘Sì’ – ‘Ma se quando vai a Messa ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, riconciliati, prima; non venire da me con l’amore verso di me in una mano e l’odio con il fratello nell’altra’. Coerenza di amore. Perdonare. Perdonare di cuore”.

“C’è gente che vive condannando gente, parlando male della gente, sporcando continuamente i suoi compagni di lavoro, sporcando i vicini, i parenti, perché non perdonano una cosa che gli hanno fatto, o non perdonano una cosa che non gli è piaciuta. Sembra che la ricchezza propria del diavolo sia questa: seminare l’amore al non-perdonare, vivere attaccati al non-perdonare. E il perdono è condizione per entrare in cielo”.

“La parabola che Gesù ci racconta è molto chiara: perdonare. Che il Signore ci insegni questa saggezza del perdono che non è facile. E facciamo una cosa: quando noi andremo a confessarci, a ricevere il sacramento della riconciliazione, prima chiediamoci: ‘Io perdono?’. Se io sento che non perdono, non fare finta di chiedere perdono, perché non sarò perdonato. Chiedere perdono significa perdonare. Sono insieme, ambedue. Non possono separarsi”.

“Che il Signore – ha concluso - ci aiuti a capire questo e ad abbassare la testa, a non essere superbi, a essere magnanimi nel perdono. Almeno a perdonare ‘per interesse’. Come mai? Sì: perdonare, perché se io non perdono, non sarò perdonato. Almeno questo. Ma sempre il perdono”.

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