11/06/2010, 00.00
IRAN
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A un anno dalla rivolta, l’Onda verde non riempirà più le vie di Teheran

Arresti, torture, rastrellamenti, processi sommari ed esecuzioni capitali, hanno indebolito la forza d’impatto del movimento di protesta. Manca un vero leader dei riformisti. E il braccio destro di Ahmadinejad già si prepara alle prossime elezioni presidenziali.

Teheran (AsiaNews) – Il contrasto non potrebbe essere maggiore: un anno fa milioni di iraniani sono scesi in piazza in tutto il Paese, mettendo a rischio la loro vita, per protestare contro i brogli per la rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad. Domani, invece, nel primo anniversario di quelle rivolte che hanno segnato la più grande sfida al sistema teocratico che regge l’Iran da oltre 30 anni, sarà difficile vedere quello stesso fiume in piena tinto di verde, il colore diventato simbolo del movimento democratico.

Mesi di repressione, fatta di arresti, torture, rastrellamenti, processi sommari ed esecuzioni capitali, hanno indebolito la forza d’impatto dell’Onda verde. I suoi leader politici, gli ex candidati Mir Hossein Moussavi e Mehdi Karroubi, hanno invitato a “manifestazioni pacifiche” per questo anniversario. Le cifre, rese note da Amnesty International (AI), rendono l’idea delle dimensioni del giro di vite sul dissenso, che ha lasciato giornalisti, studenti e attivisti politici a languire nelle carceri. Nel suo rapporto “Dalla protesta al carcere - Iran un anno dopo le elezioni”, AI denuncia che avvocati, professori universitari, ex prigionieri politici e membri di minoranze etniche e religiose sono stati anche coinvolti in un’ondata di repressione in espansione. Secondo i gruppi d’opposizione, almeno 80 persone sono morte per strada o nelle carceri durante le proteste dell’estate scorsa; ma il numero reale delle vittime potrebbe essere molto superiore. Almeno sei prigionieri politici sono ora nel braccio della morte delle carceri iraniane, condannati come mohareb (nemici di Dio, ndr)  per il loro ruolo nelle manifestazioni. Solo in questa prima metà del 2010, AI ha già registrato oltre 115 esecuzioni in Iran.

La difficoltà di una leadership “verde”

La repressione costante e crescente del regime sugli oppositori rende anche impossibile la formazione di una vera e propria leadership dell’Onda verde. Karroubi ha ammesso, al sito internet Rah-e Sabz, che il Movimento verde è senza leader e manca di organizzazione: “Se esistesse un leader diverso dalla gente, le autorità lo eliminerebbero immediatamente”. I due “riformisti” Karroubi e Moussavi, hanno provato a proteggersi, sottolineando il loro legame con il leader spirituale della Rivoluzione islamica l’ayatollah Ruhollah Khomeini. Moussavi – che fu primo ministro sotto il Grande Ayatollah negli Anni ’80 – ha ricordato la settimana scorsa al sito Kalemeh di non poter nascondere il suo “attaccamento all’imam” (Khomeini).

Ma la strategia dei riformisti è stata subito smontata dalla Guida Suprema Ali Khamenei, successore di Khomeini, che ha bollato i “verdi” come eretici e messo alla berlina anche il nipote di Khomeini, Hassan Khomeini, per aver sostenuto apertamente l’Onda contro la presidenza Ahmadinejad.

La situazione ha portato al paradosso di leader “riformisti” che giurano continuità con Khomeini, continuità che i falchi del regime non riconoscono e che molti dei loro seguaci nel Movimento non condividono affatto. In un momento di radicalismo crescente – fanno notare gli esperti del Washington Institute for Near East Policy – Moussavi e Karroubi sono pressati dal loro popolo ad abbandonare la fedeltà a un sistema politico rivelatosi sanguinario. La loro figura, però, nota Ali Ansari direttore dell’Istituto di Studi iraniani alla St. Andrews University, rimane ancora importante al fine di costruire potenziali ponti tra i membri dell’elite segretamente scontenti della leadership di Khamenei.

Già si guarda alle prossime elezioni

E mentre si aspetta l’anniversario delle controverse presidenziali, iniziano circolare voci e speculazioni sul prossimo appuntamento elettorale, che qualcuno ipotizza possa addirittura non svolgersi. Le presidenziali sono previste per il 2012, ma già sul web si parla dei possibili candidati.

Secondo il sito web Tabnak, una persona vicina ad Ahmadinejad (probabilmente il capo del suo staff, Esfandiari Rahim Mashaei) sta per lanciare una “vasta campagna” in vista delle 11me presidenziali, comprando giornali filogovernativi e aprendo un ufficio a Qom per rafforzare i legami col potente clero sciita.

Come candidato dei conservatori critici del presidente circola il nome del presidente del Parlamento Alì Larijani, già presentatosi alle elezioni del 2005 in cui si piazzò sesto.

Poco probabile la candidatura del nipote di Khomeini, che non ha mai espresso interesse nello scendere in politica. Avversato dal clero radicale e dalla Guida Suprema, Hassan Khomeini potrebbe essere un nome spendibile dai detrattori del regime in quanto il Consiglio dei guardiani - che screma i potenziali candidati – difficilmente riuscirebbe a escluderlo dalla corsa alla poltrona di presidente.

Come sempre si attende di capire chi vorrà appoggiare Khamenei. Il mese scorso il capo dell’Ufficio giudiziario, Mohammed Jayad Ardeshir Larijiani, ha detto che è “un peccato” che il presidente iraniano non possa servire più di due mandati consecutivi: “Ahmadinejad sta lavorando meglio ora che al primo mandato”. Le parole hanno sollevato sospetti che l’establishment iraniano possa provare a regalare ad Ahmadinejad un altro mandato, cambiando la Costituzione o orchestrando altre misure come un referendum.

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