06/09/2016, 11.19
SIRIA
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Aleppo, nuova avanzata dei governativi. La città si prepara alla battaglia finale

di Pierre Balanian

Le forze regolari siriane, con l’aiuto degli alleati, proseguono l’avanzata nella zona sud della città. Neutralizzati tunnel usati dai gruppi estremisti islamici per il passaggio di uomini e armi. Fallito il cessato il fuoco si continua a combattere. Washington usa curdi e turchi a tutela dei propri interessi, in attesa del prossimo presidente. Mentre i russi vogliono massimizzare i successi militari.

 

Aleppo (AsiaNews) - Le Forze regolari siriane continuano l’avanzata, col sostegno degli alleati, nella parte sud di Aleppo, dove hanno già riconquistato Talat Al Makale’e, Bardat, Zeyut e Al Mashrifa. Dall’area sono fuggiti i combattenti del cosiddetto “Esercito di Al Fath”, il cui nome deriva dalle invasioni Omayyede, che risalgono alla prima era delle espansioni islamiche. Il tutto mentre l’esercito di Damasco ha neutralizzato ieri una serie di tunnel sotterranei scavati dai combattenti islamici e usati per il passaggio di armi, munizioni e uomini dal villaggio di Madaya in direzione della pianura di Zabani e dell’hinterland damasceno.

Nel frattempo la tv di Stato siriana riferiva che la bandiera nazionale tornava a sventolare sopra i tetti dei palazzi dell’Accademia militare a sud di Aleppo, in seguito a feroci combattimenti con l’Esercito di Al Fath (alias, il gruppo terroristico di al Nusra). I miliziani venivano accerchiati per la seconda volta dall’inizio dell’estate nella parte sud, tagliati fuori da ogni via di accesso alla Turchia da dove provengono aiuto logistico, armi, munizioni e mercenari di ogni nazionalità.

La vittoria delle truppe governative ad Aleppo ha rimescolato le carte in mano agli attori della guerra in Siria, soprattutto quelle in mano al presidente Barack Obama che si era diretto al G20 sicuro delle conquiste dell’alleato turco nel nord del Paese. L’incontro fra Obama e l’omologo russo Vladimir Putin, definito dal primo “costruttivo e fruttuoso”, non ha portato al cessate il fuoco, né all’accettazione americana di convogliare aiuti umanitari di Mosca ad Aleppo. In conferenza stampa i due fronti hanno dichiarato - non senza abilità diplomatica - di “non essere entrati nei dettagli”, delegati ai rispettivi ministri degli Esteri John Kerry e Sergei Lavrov.

Intanto, secondo informazioni riferite ad AsiaNews da fonti curde siriane a Beirut sembrano falliti i tentativi dei sauditi di ingraziarsi le simpatie dei curdi di Hassaké, con l’obiettivo di farli combattere contro il regime siriano in cambio di denaro e armi. I curdi, delusi dagli americani, avevano inviato una delegazione alla base militare russa di Humeyin, nei pressi di Tartus, sul litorale siriano, per discutere di eventuali accordi di alleanza. Al centro delle trattative le zone di Hassaké, controllate all’80% dai curdi, come riferiscono alcuni residenti armeni della città contattati da AsiaNews.

Le fonti curde di Beirut riferiscono della strategia americana di tenere in sospeso i curdi siriani, con i quali si intrecciano alcuni interessi comuni; fra questi l’idea di sostituire in Siria i turchi con i curdi, da usare nella lotta contro la Russia nel caso di un “cambio di posizione” da parte di Ankara. E la possibilità di creare una zona autonoma curda nel nord della Siria, come primo passo verso la spartizione della Siria. Un progetto osteggiato dai turchi che, per abortire l’ipotesi du un “Kurdistan siriano”, sono entrati militarmente in territorio siriano da soli.

Una mossa, quest’ultima, rifiutata in passato dal presidente Erdogan come confermato dallo stesso Obama che, in un’intervista alla rivista statunitense Atlantic, ha criticato a più riprese l’alleato turco per questo rifiuto. Erdogan, infatti, ha sempre respinto la richiesta americana di invadere da solo la Siria, pretendendo al contrario una azione congiunta con gli alleati della Nato.

La Russia, che ha cercato di trarre vantaggio dalla delusione turca in seguito al fallito golpe facendo pressione sugli Usa e attirando Ankara nell’Eurasia, sa benissimo che l’uscita della Turchia dalla Nato necessita di un personaggio storico carismatico e coraggio. Elementi che non si possono certo trovare in Erdogan, anche se egli vorrebbe apparire tale pur senza esserlo. La prospettata alleanza fra Iran, Turchia, Azerbaijan e Russia annunciata subito dopo il golpe non è mai andata oltre le buone intenzioni di facciata.

Appare probabile all’orizzonte un accordo sulla Siria prima dell’Eid al-Adha, la festa del Sacrificio, in programma il 12 settembre prossimo. Questo lascia poche speranze di una vittoria della Siria nella madre di tutte le battaglie, ad Aleppo. Del resto l’attuale fase di smarrimento della leadership americana non porterà ad alcun cambiamento sostanziale. Gli strateghi mediorientali concordano nel ritenere che la palla passerà alla prossima amministrazione Usa dopo le presidenziali di novembre; e tutto fa prevedere che sarà più bellicosa e aggressiva di quella di Obama.

Quello che è chiaro, invece, è che i russi desiderano registrano il maggior numero di vittorie prima dell’arrivo del nuovo inquilino della Casa Bianca, che i sauditi sperano possa essere Hillary Clinton, la quale dovrebbe impegnare l’esercito in modo più massiccio nei conflitti della regione. In attesa delle presidenziali, quello che è certo è che Washington si prepara a rimanere presente sul piano militare nel nord della Siria per un lungo periodo. Peraltro nella zona vi sono già due basi aeree: la prima a Rumeylan e la seconda ad Ain Al Arab.

La Turchia si gioca il tutto per tutto con l’ultima carta che le è rimasta in mano: l’invasione terrestre voluta da tempo dai suoi alleati, una scelta obbligata per allontanare gli Usa dai curdi. Mosca, intanto, ha aperto le porte ai volontari russi desiderosi di combattere in Siria per la gloria del Paese e sono già mille i neo-guerriglieri arrivati a Tartus. Secondo fonti bene informate, molti di questi hanno combattuto a fianco dei siriani nella battaglia terrestre di questi giorni al sud di Aleppo. Dopo aver accerchiato i combattenti pro turchi nel sud della metropoli, Damasco ora è pronta ad arrivare fino a Ramussah.

 

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