03/04/2018, 12.59
ISRAELE - PALESTINA
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Attivisti israeliani: la ‘vergogna’ di Israele a Gaza

Il numero dei morti per la manifestazione del 30 marzo è salito a 17. Israele respinge le accuse e la richiesta di un’indagine indipendente. Dura critica delle Ong: il governo israeliano accusa Hamas e i palestinesi di essere violenti per nascondere le sue responsabilità nella crisi umanitaria. 

Gerusalemme (AsiaNews) – “Il governo israeliano vuole farci credere che tutta la situazione a Gaza sia colpa dei palestinesi”. È l’accusa di Hagit Ofran, dell’ong israeliana Peace Now, una delle voci che in questi giorni si scagliano contro le autorità israeliane, responsabili di aver agito in maniera “illegale” contro i manifestanti palestinesi. In un editoriale, il leader di Bet’selem parla della “vergogna” di Israele.

Lo scorso 30 marzo, la manifestazione per la “Marcia del ritorno” – serie di proteste e sit-in con tende lungo il confine fra Israele e la Striscia che dureranno fino al 15 maggio – si è trasformata nella tragedia più sanguinosa sin dalla guerra del 2014. Le forze armate israeliane, che avevano preannunciato reazioni dure, hanno aperto il fuoco e lanciato gas lacrimogeni attraverso droni sui manifestanti, ferendo almeno 750 persone e uccidendone 16, fra cui un ragazzo di 16 anni. Un'altra persona è morta ieri per le complicazioni. Palestinesi ed attivisti israeliani accusano l’esercito israeliano di aver aperto il fuoco anche su quanti erano lontani dalla recinzione o in fuga. Da parte sua, Israele afferma che i dimostranti erano militanti di Hamas che si erano avvicinati alla recinzione con intenzioni violente, respinge la richiesta dell’Onu e dell’Unione Europa di aprire un’indagine indipendente sui fatti, e ribadisce l’intenzione di aprire il fuoco su chiunque minacci il confine.

“Se la manifestazione a Gaza fosse stata pacifica – continua Ofran ad AsiaNews – allora le persone, specialmente in Israele, avrebbero potuto udire il loro grido e pensare che Israele ha delle responsabilità per la situazione a Gaza. Per questo, il governo ha iniziato in anticipo a ‘prepararci’ per la ‘violenta minaccia’ della protesta. E l’Idf [esercito israeliano, ndr] ha eseguito l’ordine… in questo modo le autorità si sono assicurate che i palestinesi rimanessero violenti e una minaccia per Israele, così che nessuno in Israele pensi che siamo colpevoli della crisi umanitaria a Gaza”.

Contattata da AsiaNews, anche Physicians for Human Right – Israel si unisce al coro delle critiche, sostenendo che “Israele ha sbagliato a trattare la manifestazione vicino al confine di Gaza come un’operazione militare,” e che il governo “non può giustificare che una protesta legittima” si sia conclusa con morti e feriti. “Bloccare Gaza per più di un decennio, facendola precipitare in una crisi umanitaria, e poi rifiutare alla popolazione il diritto di protestare è inaccettabile. Gaza ha bisogno di soluzioni, non di altra violenza, e Israele ha di nuovo fallito nel fornire qualsiasi soluzione”.

Dura anche l’accusa dell’ong B’Tselem, che ha definito da subito “illegale” l’ordine di sparare sui palestinesi. Hagai El-Ad, direttore esecutivo, ieri ha pubblicato un editoriale sul quotidiano israeliano Ynet, in cui accusa la leadership israeliana di commettere crimini di guerra di cui non si ritiene responsabile. “Il portavoce dell’Idf ha battuto se stesso, vantandosi in un tweet (poi cancellato): ‘Niente è accaduto senza controllo; tutto è stato accurato e misurato, e noi sappiamo dove ogni pallottola è caduta’. Sembra che i nostri proiettili intelligenti – che hanno colpito centinaia di palestinesi – fossero capaci di determinare con precisione chirurgica che tutti loro rappresentassero un pericolo mortale e non ci fosse altra possibilità d’azione. Anche quelli a lunga distanza. O quelli colpiti alla schiena. O quelli colpiti mentre si stavano allontanando dai soldati”. E conclude: “Che fortuna che [i palestinesi] siano da incolpare per tutto – loro che uccidono sé stessi da soli. Dopo tutto, se – il cielo non voglia – fosse colpa nostra, cosa potremmo fare della nostra vergogna?”.

Al presente, la situazione lungo il confine della Striscia è calma. Alcune migliaia di palestinesi sono rimasti nei campi di tende, mentre centinaia hanno continuato a manifestare nei due giorni successivi alla protesta, ma a maggior distanza dal confine.

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