08/03/2023, 10.23
LIBANO
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Beirut, patriarca maronita: serve un presidente ‘libero e indipendente da affiliazioni’

di Fady Noun

La battaglia per l’elezione del nuovo capo dello Stato entra in una nuova fase. Il tandem sciita rilancia la candidatura di Frangié. Dietro le quinte i grandi attori regionali e internazionali si muovono per trovare una candidatura comune. Da Bkerké contatti con le varie fazioni cristiane per cercare di trovare un nome comune. Attesa per una nuova convocazione della Camera. 

Beirut (AsiaNews) - La lunga battaglia per l’elezione di un nuovo presidente della Repubblica libanese, la cui carica è vacante dal novembre scorso, è entrata in questi giorni in una nuova fase, caratterizzata da un doppio annuncio. Il sostegno esplicito del tandem sciita Amal-Hezbollah alla candidatura dell’ex ministro Sleiman Frangié (57 anni), vicino alla Siria e con legami personali col presidente Bashar al-Assad, e la decisione del patriarca maronita Beshara Raï di puntare su un nome “slegato da ogni affiliazione”. Una posizione che lo porta a respingere la candidatura di Frangié, verso la quale vi è anche l’ostilità aperta delle due principali formazioni cristiane, le Forze libanesi e il Movimento patriottico libero. 

Tuttavia, nonostante il sostegno a Frangié che rivendica la propria imparzialità di fronte a un irrigidimento del fronte cristiano - caratterizzato da dichiarazioni dure nei suoi confronti - il fronte filo-iraniano ha lasciato aperta la porta a una candidatura di compromesso. Un’apertura che lascia margini di manovra nonostante la minaccia di “divorzio” paventata da Sami Gemayel, capo di Kataëb, e che alimenta la speranza di vedere eletto un presidente entro l’estate. 

“L’elezione di un presidente si scontra, purtroppo, con un disaccordo sulla sua appartenenza” tanto alla “moumanaa” (Hezbollah e movimenti satelliti), quanto alla “fazione sovranista” composta di partiti e deputati ostili al blocco filo-Teheran e alla sua milizia, ha sottolineato il porporato. “L’unica soluzione - ha aggiunto - è quindi di uscire da questo schema ed eleggere un capo dello Stato libero da ogni legame, affiliazione, campo o asse di alleanze”. La presa di posizione del patriarca maronita (e l’allentamento verbale di Hezbollah) dovrebbero rilanciare un processo elettorale completamente bloccato da più di quattro mesi e aprirlo, dirottandolo, su “una terza via”. 

Infatti, dalla scadenza del mandato di Michel Aoun il 31 ottobre 2022 i deputati, profondamente divisi al loro interno, non riescono a nominare un successore e nessun campo gode di una chiara maggioranza alla Camera per imporre un proprio candidato. A complicare il quadro la posizione, a volte contraddittoria, di un “ventre morbido” parlamentare formato da deputati sunniti i quali viaggiano in ordine sparso dopo il ritiro di Saad Hariri dalla politica, e di un gruppo multi-confessionale di una quindicina di deputati legati alla rivolta dell’ottobre 2019. Geagea, capo delle Forze libanesi, ha usato anche l’arma del boicottaggio minacciando di impedire il raggiungimento del quorum di 86 voti su 128 deputati che rende valida l’elezione di Frangié, se il partito sciita è in grado di garantire i 65 voti necessari per la vittoria al secondo turno, come prevede la Costituzione. 

Attori regionali e internazionali

La battaglia presidenziale è caratterizzata anche da una componente regionale e internazionale. Sono almeno quattro i Paesi, i cui rappresentanti si sono incontrati il 6 febbraio scorso a Parigi, che hanno voce in capitolo su questa scadenza: Stati Uniti e Francia sulla sponda occidentale, mentre a est vi sono l’Iran e l’Arabia Saudita. Oltretutto, alcuni diplomatici bene informati inseriscono nella partita anche Egitto e Qatar.

In effetti, è significativo che il giorno dopo le dichiarazioni del patriarca maronita, il rappresentante di uno di questi “grandi elettori”, l’ambasciatore saudita Walid Boukhari, abbia iniziato proprio da Bkerké un nuovo tour di colloqui con personalità coinvolte nelle elezioni presidenziali. Egli si è dichiarato “vicino alle posizioni” del porporato, evitando però di fare nominativi o ingerenze nelle candidature. L’ambasciatrice di Francia, Anne Grillo, si è unita ieri a questo nuovo “valzer diplomatico” facendo visita al presidente della Camera.

Va infine notato che, nell’ambito dei tentativi messi in campo per rompere l’immobilismo, il capo della Chiesa maronita ha incaricato mons. Antoine Bou Najm, arcivescovo maronita di Antélias, di chiedere a personalità cristiane interessate di stilare una lista di candidati presidenziali approvati. La speranza è di far emergere nomi comuni a queste liste. Tra le personalità che potrebbero beneficiare di una base di consenso comune in questa nuova forma di consultazione vi sono fra gli altri gli ex ministri Roger Dib e Ziyad Baroud. Infine, sul piano legislativo il presidente della Camera attende l’esito di queste nuove consultazioni per convocare una nuova seduta della Camera finalizzata alle operazioni di voto. 

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