30/04/2018, 14.31
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Card. Yeom: la Dichiarazione di Panmunjom è speranza per una pace duratura

Il dialogo, “primo passo per stabilire una comunità di pace”. Le famiglie separate, una “ferita” della guerra. Gli aiuti umanitari non sono solo beni materiali, ma “condividere amore e speranza”. La preghiera per la Chiesa nordcoreana.

Seoul (AsiaNews) – In un’intervista con Catholic Pyeonghwa Broadcasting (Cpbc), il cardinal Andrew Yeom Soo-jung, arcivescovo di Seoul e amministratore apostolico di Pyongyang, ha lodato l’esito positivo del summit intercoreano e chiesto che si continui a pregare per i dialoghi e la pace fra la Corea del Nord e del Sud. L’intervista radio è andata in onda questa mattina. Il 23 aprile, il cardinal Yeom aveva celebrato una messa per la pace e la riconciliazione nella cattedrale Myeongdon, pregando per il successo del summit intercoreano.

Di seguito la traduzione italiana dell’intervista.

 

Diversi accordi sono stati fatti durante il summit intercoreano. Quale pensa che sia stato il risultato più significativo della Dichiarazione di Panmunjom?

Credo che il risultato più significativo del summit sia il dialogo fra la Corea del Nord e del Sud. Dialogare è il primo passo per stabilire una comunità di pace. In questo senso, il dialogo che è avvenuto durante il summit ha dato a tutti noi una grande speranza per la pace.

Ci sono degli accordi per gli aiuti umanitari nella Dichiarazione di Panmunjom. Cosa pensa di questa parte?

Penso che sia estremamente importante trovare soluzioni per i problemi umanitari. Lodo in particolare la decisione di organizzare la riunione delle famiglie separate, che sarebbe un’opportunità per guarire le ferite della separazione. Vi erano circa 130mila familiari divisi all’inizio, ma molti sono venuti a mancare e ad oggi sono ancora vive circa 57mila persone. Visto che la maggioranza di questi hanno fra i 70 e i 90 anni, spero che la riunione non sarà un’occasione unica, ma un accordo continuo fra Corea del Nord e del Sud.

E per quanto riguarda gli aiuti umanitari al Nord?

Gli aiuti umanitari sono più del semplice portare beni essenziali; è incontrare le persone, condividere amore e speranza, ed essere uniti come una cosa sola. L’arcidiocesi di Seoul ha messo in atto diversi progetti di sostegno al Nord. Dovremmo mettere il massimo impegno a continuare il nostro sostegno e la nostra condivisione, sia in qualità che quantità.

Per stabilire la pace nella penisola coreana, quali sono i preparativi che la Chiesa cattolica dovrebbe avviare?

Come sempre, dovremmo iniziare con la preghiera. Per 23 anni, l’arcidiocesi di Seoul ha celebrato la santa messa ogni martedì, alle 7 del pomeriggio, nella cattedrale Myeongdong, per pregare per la pace nella penisola coreana. Abbiamo anche lanciato il movimento di preghiera “Ricorda le parrocchie del Nord”, per commemorare le 57 parrocchie e circa 5.200 cattolici in Corea del Nord. Attraverso le preghiere, mettiamo Dio al centro delle nostre vite. Attraverso le preghiere, diventiamo fratelli e sorelle. Chiedo a tutti voi di continuare a pregare per la Corea del Nord poiché il Signore alla fine ascolterà le nostre preghiere.

Come amministratore apostolico di Pyongyang, l’ostilità fra Corea del Nord e del Sud deve essere stata dolorosa per lei. Come ha vissuto questi anni?

L’anno scorso abbiamo celebrato il 90mo anniversario della diocesi di Pyongyang. Anche se sono l’amministratore di Pyongyang, non vi ho mai messo piede. Recito il rosario tutti i giorni, e chiedo che la grazia di Dio sia concessa alla Chiesa nordcoreana. Credo che il fuoco dello Spirito Santo sia ancora acceso in Corea del Nord. Forse, esso brucia ancora più ardentemente in simili situazioni di difficoltà. Prego, anch’io ardentemente, che un giorno potrò incontrare i cattolici nordcoreani per parlare con loro e celebrare assieme la messa.

Cosa significa pace per lei?

La pace è un dono di Dio. La pace si realizza attraverso l’amore fraterno. La pace non è qualcosa che si può vivere in solitudine, ma qualcosa da condividere. La pace della penisola coreana diventa ancora più significativa nel momento in cui possiamo contribuire al benessere e alla prosperità dei Paesi vicini e del mondo.

In conclusione, a riguardo della pace nella penisola coreana, c’è qualcosa che vuole dire ai fedeli cattolici?

Il summit è davvero un importante primo passo verso una pace autentica, ma abbiamo ancora una lunga strada di fronte a noi. Sebbene non dobbiamo farci prendere dalla disperazione, non bisogna neanche cadere nella compiacenza. Chiedo a tutti di unire i nostri cuori e continuare a pregare per la pace nel nostro Paese.

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