06/12/2006, 00.00
HONG KONG – CINA – VIETNAM
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Card. Zen: “Pechino prenda esempio dal Vietnam, che si apre alla libertà religiosa”

Rientrato da una visita di 2 giorni ad Ho Chi Minh City, il vescovo di Hong Kong parla ad AsiaNews della grande fede del popolo vietnamita e delle aperture del governo alla Chiesa. Invito alla Cina, affinché sconfessi l’Associazione patriottica e dia piena libertà ai suoi cattolici.

Hong Kong (AsiaNews) – La Chiesa vietnamita “è dinamica e vitale anche grazie alle recenti concessioni del governo, che si muove sempre di più verso una piena libertà religiosa”. Questo “dovrebbe essere un esempio per il governo cinese, che si deve allontanare dall’operato dell’Associazione patriottica e dare piena libertà ai suoi cattolici”.

E’ questo il commento rilasciato ad AsiaNews dal vescovo di Hong Kong, card. Joseph Zen Ze-kiun, al suo ritorno da Ho Chi Minh City, dove ha concelebrato insieme ad altri 3 cardinali asiatici la messa in ricordo del 500esimo anniversario della nascita di San Francesco Saverio, protettore delle missioni.

Su invito dell’arcivescovo di Ho Chi Minh City, il card. Jean-Baptiste Pham Minh Man, sono arrivati nel Paese i vescovi di Hong Kong, Manila e Ranchi: i cardinali Zen, Rosales e Toppo. La visita si è svolta dal 2 al 4 dicembre scorso.

Il card. Zen sottolinea subito che questa visita “è stata davvero molto bella: abbiamo ricevuto un’ottima ospitalità. Ho notato che il governo si sta davvero aprendo verso la libertà religiosa: hanno tolto ogni limite alle ordinazioni sacerdotali ed agli ingressi in seminario. Questo è molto importante, perché proprio questi limiti hanno creato molti problemi alla Chiesa locale: ora vi è molta più libertà, anche sotto questo aspetto. Il governo cinese dovrebbe prendere il Vietnam come esempio”.

Nel corso della visita, “abbiamo sentito la fede fortissima della popolazione: la gerarchia ecclesiastica ha una base forte su cui lavorare, ed appena il governo ha dato un poco di libertà, questa fede è sprigionata all’esterno. Con una guida intelligente come quella del card. Pham Minh Manh, la Chiesa cresce. Oltre alla messa domenicale, abbiamo partecipato ad una serata della gioventù, un momento magnifico. Siamo stati veramente edificati da quello che abbiamo visto: il grande affetto che ci hanno manifestato è stato commovente”.

Un ulteriore esempio di apertura e rispetto è arrivato proprio dalle autorità civili, che “non hanno partecipato alla messa” ma hanno invitato i cardinali per un incontro privato: “Siamo stati in visita alle autorità civili di Ho Chi Minh City, gentilissime con noi”.

Tutto questo “dovrebbe essere preso ad esempio da Pechino. Per quanto riguarda, ad esempio, le ordinazioni dei vescovi, Chiesa e governo vietnamita lavorano di comune accordo. Non conosco la metodologia esatta, ma mi hanno spiegato che non vi è un’unica formula: ogni caso si discute ragionevolmente, insieme. E’ un punto di molto superiore all’attuale situazione cinese”.

Un dialogo simile non avviene fra Pechino e Santa Sede perché, secondo il card. Zen, “vi è una grande differenza con il Vietnam: qui, infatti, non è mai esistita un’Associazione patriottica dei cattolici. Vi è stato un piccolo tentativo di crearne una, tempo fa, ma questo è fallito e la Chiesa è sempre rimasta una. In Cina invece questa esiste ed è uno strumento dell’Ufficio affari religiosi: sono loro che, insieme, decidono la politica religiosa cinese”.

Questo potere “è stato a volte addirittura fortificato grazie all’involontario aiuto di agenti esterni, che in concreto hanno quasi legittimato la posizione del governo ed hanno dato prestigio a questo Liu Bainian [il vice-presidente dell’Ap ndr], che è diventato semi-onnipotente: il governo si fida di lui, ma lui fa tutto l’opposto dell’interesse della Chiesa”.

Il presule sottolinea che “in questo momento è difficile fare marcia indietro, anche perché a me sembra che al momento le autorità supreme della Cina siano troppo occupate da altre cose, fra cui una sorta di lotta per il potere ancora in corso. Non hanno il tempo e tanto meno il coraggio di venire a trattare con la Santa Sede, perché trattare vuol dire fare concessioni, da un parte e dall’altra, e chi non è fermo nella sua posizione o sicuro del suo potere non osa fare concessioni, perché questo è pericoloso. Uno può essere accusato di debolezza, ad esempio, e per questa paura tutto viene sempre rimandato”.

Le persecuzioni subite dai cattolici di Vietnam e Cina  in passato “sono molto simili: una volta erano evidenti i punti forti di un regime e dell’altro. Da una parte, vi erano le visite dei vescovi a Roma, che Ho Chi Minh City ha sempre permesso. Dall’altra, in Cina non hanno mai limitato le ordinazioni sacerdotali, cosa che avveniva regolarmente in Vietnam, anche perché il governo voleva far aumentare il numero dei sacerdoti ufficiali, per fare da controparte a quelli non ufficiali”.

In Cina, però, “molti vescovi e sacerdoti anche ufficiali sono sempre stati fedeli a Roma nel loro cuore: in questo momento, speriamo che costoro prendano più coraggio, per dire al governo che vogliono una vera normalizzazione dei rapporti fra Stato e Chiesa. Finora sono stati molto gentili e pazienti, hanno tollerato questa situazione di compromesso: ora meritano di avere la fiducia del governo ed essere lasciati liberi di fare ciò che vescovi e sacerdoti cattolici devono fare”.

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