03/11/2022, 09.20
EGITTO - M. ORIENTE
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Città militarizzate, attivisti arrestati: il ‘clima’ in Egitto per la Cop27

Il summit Onu sull’ambiente in programma dal 6 al 18 novembre. Da giorni Sharm el-Sheikh, teatro dell’evento, è presidiata da polizia e agenti in borghese. Repressa ogni forma di dissenso, fermate almeno 67 persone, anche un indiano che aveva promosso una marcia. Rapporto denuncia “alto rischio” di scarsità di cibo e acqua in Medio oriente. 

Il Cairo (AsiaNews) - La celebre meta turistica di Sharm el-Sheikh “militarizzata” e le forze di sicurezza impegnate in una serie di retate che hanno portato all’arresto di decine di ambientalisti e di attivisti pro-diritti. Fra imponenti misure di sicurezza e repressioni durissime per le voci critiche, l’Egitto si prepara ad ospitare la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop27) in programma tra i resort che affacciano sul mar Rosso dal 6 al 18 novembre prossimi. 

Mohamed Lotfy, Direttore della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecrf), riferisce che almeno 67 persone sono state arrestate al Cairo e in altre città nei giorni scorsi e sono comparse davanti al magistrato per rispondere dell’appello alla protesta previsto per l’11 novembre. Fra i fermati vi è anche un attivista indiano (nella foto), che aveva promosso una marcia di protesta per il clima e l’ambiente con partenza dalla capitale egiziana. Dietro la stretta delle autorità vi è anche l’interesse a reprimere ogni forma di dissenso legata alle manifestazioni anti-governative sponsorizzate dall’attore, imprenditore e attivista in esilio Mohamed Ali. 

Fra le ragioni alla base del fermo l’accusa di aver diffuso notizie false sui social, con riferimento alle manifestazioni di protesta. Fonti locali parlano anche di un aumento dei controlli a campione dei reparti della sicurezza e di agenti in borghese che sequestrano (e controllano) telefoni cellulari e account social. Interpellato sulla questione, il ministero egiziano degli Interni non ha voluto rilasciare commenti e bocche cucite anche fra gli organizzatori della conferenza sul clima Onu. 

In Egitto le proteste pubbliche sono vietate e il dissenso punito con la forza, in seguito al rovesciamento del leader dei Fratelli musulmani ed ex presidente Mohamed Morsi nel 2013, per mano dell’allora comandante dell’esercito - e oggi capo dello Stato - Abdel Fattah al-Sisi, asceso alla presidenza l’anno successivo. La repressione ha travolto vertici e sostenitori della fratellanza, quanto semplici cittadini e attivisti.

La presidenza egiziana della Cop27 ha affermato che le proteste saranno consentite in alcune aree designate di Sharm el-Sheikh durante il vertice, ma gli attivisti hanno espresso preoccupazione per possibili repressioni e violazioni ai diritti. Un timore confermato dalla crescente “militarizzazione” della cittadina turistica che affaccia sul mar Rosso, che oggi sembra più una zona di guerra con posti di blocco, perquisizioni e agenti ovunque che il centro mondiale della discussione sul clima. Dietro l’imponente schieramento il timore che l’evento delle Nazioni Unite dedicato all’ambiente possa essere sfruttato per proteste in chiave interna anti-governativa o di scala globale. 

Sul fronte ambientale, alla vigilia del summit Greenpeace ha diffuso un rapporto in cui si parla di “altro rischio” di scarsità di acqua e di cibo in Medio oriente, a causa delle sempre più frequenti ondate di calore e per i cambiamenti del clima. Intitolato “Living on The Edge”, lo studio si concentra su Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Tunisia ed Emirati Arabi Uniti (Eau) ed evidenzia - come altri nel recente passato - che la regione si riscalda a una velocità doppia della media globale, rendendo le sue forniture alimentari e idriche “estremamente vulnerabili”.

Infine, in questi giorni di vigilia della Cop27 anche l’Unicef ha diffuso un nuovo progetto basato sul cosiddetto “indice di rischio climatico per i bambini (Ccri)” della regione mediorientale e del Nord Africa. Al riguardo, l’Egitto ottiene il punteggio più alto per quanto concerne l’esposizione dei più piccoli agli shock climatici e ambientali, oltre 5,3 milioni subiscono gli effetti delle ondate di calore. Inoltre, secondo le proiezioni entro il 2050 almeno quattro Paesi - Egitto, Gibuti, Yemen e Sudan - avranno con tutta probabilità più di 103 milioni di bambini e 53,5 milioni di adolescenti che saranno più vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici. Il Paese dei faraoni presente un indice di rischio “estremamente elevato”.

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