23/07/2007, 00.00
INDIA
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Commissione nazionale sosterrà l’eguaglianza dei Dalit cristiani e islamici con gli indù

Lo dice Buta, presidente della Commissione, per le Scheduled Caste durante un incontro con rappresentanti di 16 milioni di Dalit cristiani. Oggi la legge riconosce i benefici a indù, buddisti e Sikh ma esclude gli Intoccabili di altre fedi, anche se sono cittadini indiani.

New Delhi (AsiaNews) – Chi appartiene alle Scheduled Caste ha diritto ai corrispondenti diritti senza che importi quale sia la sua religione e senza che questi vantaggi possano essere ristretti ai soli indù. E’ quanto ha affermato ieri Buta Singh, presidente della Commissione nazionale per le Scheduled Caste (Cnsc), durante un incontro con rappresentanti di autorevoli gruppi cristiani.

L’attuale legge limita i diritti di Scheduled Caste ai Dalit di religione indù, buddista o Sikh, mentre li esclude per i Dalit convertiti cristiani o islamici. La Commissione nazionale per le minoranze religiose e linguistiche (Ncrlm) da tempo ha affermato che tutti i Dalit subiscono identiche discriminazioni sociali, senza che rilevi la loro fede. Per cui ha indicato di modificare la legge del 1950 che esclude dai privilegi gli Intoccabili cristiani e islamici.

Intanto la questione è stata sollevata anche avanti alla Suprema Corte indiana che ha chiesto al governo di pronunciarsi. Ora il governo ha chiesto il parere della Cnsc. Buta ha promesso ieri che la Commissione preparerà la sua relazione in tempi rapidi. Ma chiederà anche al governo di elevare la quota percentuale necessaria perché a un gruppo sia riconosciuto lo status di Scheduled Caste o Scheduled Tribes, dall’attuale 15% e 7,5% al differente e maggiore dato percentuale risultante dal censimento nazionale. Cosa che potrebbe far finire gruppi come i Dalit cristiani nella categoria di Other Backward Caste.

John Dayal, presidente dell’All India Catholic Union, ha presentato a Buta un memorandum, a nome di 16 milioni di Dalit cristiani, chiedendogli di sostenere le richieste della Ncrlm, dando atto che continuano a subire la discriminazione sociale anche dopo la conversione e che rimangono in una frequente situazione di povertà. “la laicità affermato nella Costituzione – dice – significa la volontà dello Stato di dare uguale rispetto a ogni religione e di tenere lo Stato alla stessa distanza da ogni religione”. Ma in pratica esistono “discriminazioni” a favore della religione indù, che in questo caso comprende anche buddisti e Sikh. I privilegi della legge del 1950 per le caste inferiori indù sono stati estesi nel 1956 ai Sikh e nel 1990 ai buddisti, ma Dalit cristiani e islamici ne sono ancora esclusi, seppure “sono nativi indiani, appartenenti alla popolazione indigena”. E’ una vera “ingiustizia storica”, che va infine eliminata.

 

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