15/05/2020, 14.59
CINA
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Coronavirus: il 13,8% dei giovani cinesi è senza lavoro

Ad aprile i disoccupati sono stati il 6% della forza lavoro nazionale. China Labour Bulletin: aumenta l’insoddisfazione, ma il timore di contagio frena gli scioperi. Il settore dei servizi non riesce ad assorbire la manodopera in eccesso dalle industrie.

Pechino (AsiaNews) – Ad aprile la disoccupazione giovanile in Cina ha toccato il 13,8%, con un incremento dello 0,5% rispetto al mese precedente. È quanto riporta oggi l’Ufficio nazionale di statistica. Per gli 8,7 milioni di studenti universitari prossimi alla laurea sarà difficile trovare un impiego che risponda alle loro aspettative; un terzo rischia di rimanere senza occupazione.

Il tasso di disoccupazione dei cinesi tra i 16 e i 24 anni è più del doppio della media nazionale, che è del 6%, in crescita rispetto al 5,9% registrato a marzo. Il numero dei disoccupati si era impennato a febbraio per effetto della crisi pandemica, arrivando al 6,2%.

Le cifre reali sono sicuramente superiori. I dati ufficiali in Cina tengono conto solo della forza lavoro nelle aree urbane (circa 430 milioni di persone); non sono conteggiati 300 milioni di lavoratori migranti, provenienti soprattutto dalle aree rurali. Per la maggior parte degli osservatori, essi sono i più colpiti dalla contrazione economica del Paese.

Da gennaio a febbraio, l’economia cinese ha prodotto 3,54 milioni di nuovi posti di lavoro, un milione in meno rispetto a quelli generati nello stesso periodo dello scorso anno. Si tratta soprattutto di posizioni part-time o a giornata, che offrono poche prospettive per il futuro e nessuna protezione sociale.

Secondo uno studio del China Labour Bulletin (Clb) di Hong Kong, basato su informazioni di stampa e sul monitoraggio dei social media cinesi, in Cina sta montando l’insoddisfazione popolare per la situazione lavorativa. Al momento, il malcontento non si è tradotto in azioni concrete. Gli scioperi nei primi quattro mesi del 2020 sono stati 142, in netto calo rispetto ai 483 dello scorso anno.

Per il Clb, il timore di contagio frena le iniziative di protesta dei lavoratori. Servizi e trasporti sono i settori che hanno visto il maggior numero di scioperi. Durante la crisi pandemica, le aziende manifatturiere hanno avuto meno problemi. I licenziamenti di massa nel comparto non sono stati molti; i datori di lavoro hanno preferito mettere i dipendenti in aspettativa non retribuita o corrispondere loro un salario base senza la possibilità di fare straordinari.

Nel passato le aziende del terziario, le più dinamiche prima della pandemia, riuscivano ad assorbire buona parte dei lavoratori licenziati dalle industrie. Tale trasferimento di manodopera da un settore all’altro risulta impossibile alle condizioni attuali. L’Ufficio di statistica calcola che ad aprile la produzione nel ramo dei servizi è scesa del 4,5% su base annua; nei primi quattro mesi dell’anno il calo è stato del 9,9%.

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