15/11/2022, 12.18
INDIA
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Corte Suprema di New Delhi si piega ai nazionalisti indù sulle conversioni

di Nirmala Carvalho

Accogliendo una petizione presentata da un avvocato del Bjp i giudici hanno sostenuto che quelle "forzate" minano la libertà religiosa e hanno chiesto al governo centrale che azioni intenda adottare per fermarle. Da tempo i nazionalisti indù premono perché le leggi anti-conversioni vengano adottate anche a livello nazionale. Il vescovo di Lucknow ad AsiaNews: "Le norme esistenti sono già sufficienti. Così invece si incoraggiano odio e violenza".

New Delhi (AsiaNews) - Sulle cosiddette conversioni forzate la Corte Suprema dell’India si piega alla retorica dei nazionalisti indù. Definendo la questione “molto seria”, i giudici hanno chiesto al governo federale di indicare “quali ulteriori misure possono essere prese dall’Unione” per arginare il fenomeno.

Il pronunciamento è avvenuto durante l’esame di una petizione presentata dall’avvocato Ashwini Kumar Upadhyay, che è allo stesso tempo un leader del Bjp. La Corte ha chiesto al governo Modi di presentare ufficialmente la propria posizione rimandando la questione a un’ulteriore udienza fissata per il 28 novembre. Attualmente sono 10 (su 36) gli Stati o territori indiani in cui sono in vigore le cosiddette leggi anti-conversioni. La posizione espressa dalla Corte sembrerebbe suggerire l’adozione di una normativa federale, tema su cui da tempo premono i nazionalisti indù.

“La conversione - hanno sostenuto i giudici - è legale secondo la Costituzione, ma non la conversione forzata”. L'adesione a una confessione religiosa in seguito a benefici economici o frodi sarebbe "una questione molto seria che può in ultima analisi influenzare la sicurezza della nazione e la libertà di religione e di coscienza dei cittadini". L’avvocato Tushar Mehta, che rappresenta l'Unione indiana nel dibattimento, ha sostenuto che nelle aree tribali il fenomeno sarebbe “dilagante”. A quel punto la Corte ha chiesto quali provvedimenti New Delhi intende prendere. 

Parlando ad AsiaNews, mons. Gerald Mathias, vescovo di Lucknow nello Stato dell'Uttar Pradesh (uno degli ultimi ad aver adottato le leggi anti-conversione ndr), ha commentato: “Questa dichiarazione della Corte Suprema è molto esagerata. Il governo o l’avvocato Upadhyaya dovrebbero fornire fatti e cifre per dimostrare che le conversioni forzate dilaghino nel Paese. La maggior parte delle accuse si sono rivelate infondate. Le disposizioni esistenti nella Costituzione sono sufficienti a contrastare qualsiasi aberrazione. Non c'è assolutamente bisogno di una nuova legislazione. Le leggi dei singoli Stati contro le conversioni hanno solo incoraggiato i fondamentalisti a provocare odio e violenza”.

P. Anand Mathew - coordinatore di Sajha Sanskriti Manch, un’alleanza di attivisti sociali che ha sede a Varanasi - aggiunge ad AsiaNews: “Dal 1967, quando la legge anti-conversioni è stata adottata per la prima volta in Orissa, provvedimenti simili sono stati emanati in altri tanti altri Stati. Nell’Uttar Pradesh, dove questa legge è entrata in vigore il 27 settembre 2020, abbiamo avuto molti problemi. Ogni anno si verificano circa 200 casi di violenza contro i cristiani. Ci sono state carcerazioni, ma nessuno è stato condannato in via definitiva. Tutti sono stati assolti. Si tratta quindi di un mito creato sulle conversioni forzate, ed è molto spiacevole che la Corte Suprema, la massima istituzione del Paese, siano stati vittime di questo pregiudizio”.

“Nessuna persona di buon senso può pensare a una conversione forzata – continua p. Mathew -. Qui in Uttar Pradesh ci sono stati molti casi di abitanti di villaggi molto poveri, come lavatori e calzolai, accusati di aver pagato somme di denaro a capi villaggio delle caste superiori per attirarli verso il cristianesimo. Accuse senza senso. Occorre sfidare queste falsità: nell'ultimo mese abbiamo avuto incontri con il direttore generale aggiunto della polizia e altre personalità per dire che questo tipo di storie deve essere fermato. Anche la maggior parte dei media, sia quelli cartacei sia quelli elettronici, stanno creando e diffondendo queste storie fittizie. Abbiamo detto che dovrebbero esserci dei controlli. Che portino le prove, le banconote o gli assegni che gli sono stati dati e che la polizia arresti le persone che hanno preso i soldi e quelle che li hanno dati. Diciamo alle persone: la vostra religione indù è così a buon mercato che potete venderla per 30.000 o 50.000 rupie (meno di 600 euro ndr) o con liquori e promesse di lavoro? Sono infelici storie fittizie che dovrebbero essere messe in discussione”.

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