23/09/2022, 08.55
RUSSIA
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Crimini in aumento: il patriottismo russo ‘dei pugni e dei coltelli’

di Vladimir Rozanskij

Un effetto collaterale della guerra in Ucraina. Liti sul conflitto hanno portato a diversi omicidi. Colpita soprattutto la Russia del sud. Esperto: Il rischio è che si degeneri in forme diffuse di “pogrom” contro i non allineati.

Mosca (AsiaNews) – Crescono le tensioni criminali nella Russia della grande mobilitazione, dove dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina i cittadini sono divisi tra rancori, esaltazioni e paure. Ora si teme sempre il più il crescente conflitto sociale tra chi non intende “morire per Putin” e chi invece è disposto a uccidere per difendere la Patria.

Negli ultimi mesi nella Russia del sud si sono verificati almeno tre assassini per discussioni di strada circa la guerra in Ucraina. In ognuno di questi casi, gli inquirenti hanno negato che questa fosse la causa del crimine, o semplicemente tacciono sui motivi. Un’inchiesta di Kavkaz.Realii ha cercato di fare luce su questi eventi, e di commentare il loro effetto sulle relazioni sociali.

La notte del 20 giugno, nel villaggio di Bolshaja Martinovka (regione di Rostov), alcuni abitanti del luogo hanno picchiato a morte il biker 49enne Viktor Goldobin. Secondo la versione ufficiale, due uomini di 18 e 28 anni hanno discusso con lui al biliardo, venendo alle mani per poi scomparire, lasciandolo morto.

La vicenda è stata classificata come “lite di strada improvvisa”. Un video su Instagram mostra però che uno degli assalitori urlava: “Ti piace l’Ucraina?”, mentre sua moglie lo incitava “fai fuori quello st…o !”. Il video è girato in rete alcuni giorni, poi è stato rimosso, e il suo autore ha chiuso l’account. Un conoscente di Goldobin racconta che egli interveniva apertamente contro la politica di Putin, e dopo l’invasione dell’Ucraina aveva detto agli amici che “la triste e marcia ebbrezza dei capi ha condotto la Russia al fascismo”.

Un assassinio simile ha avuto luogo sul lungofiume di Rostov-sul-Don, la notte del 15 agosto, quando il 33enne capitano dell’esercito russo, originario della provincia d Mosca, ha sparato con la sua Makarov al 51enne Roman Govasari, che trasportava materiali per guadagnare qualche extra.

Secondo la pubblicazione locale 161.ru, dai primi interrogatori della polizia risulta che tra i due era sorta un’accesa discussione sull’Ucraina, ma ufficialmente non sono stati rilasciati commenti dalla questura e dall’esercito, e l’ufficiale è stato tenuto due mesi in cella d’isolamento. Il figlio della vittima, Roman jr, ha rilasciato varie interviste, affermando di non credere alla versione della discussione sull’Ucraina, perché il padre gli raccomandava sempre di evitare di parlare di questioni politiche.

Il 25 agosto a Gelendzhik è finita in tragedia una diatriba tra un turista 32enne di Belgorod e un abitante del luogo. Sembrava una classica lite tra ubriachi, ma il giorno dopo è apparso un video su Telegram, diffuso subito dopo l’arresto del sospettato di omicidio Nikolaj Pavlov, dove egli racconta che il defunto era un ucraino, e aveva “promesso di tagliare la testa a mia mamma”.

Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso il momento dell’assassinio, che riprende quattro uomini, uno dei quali sta in ginocchio davanti agli altri; uno di loro lo colpisce improvvisamente alla gola con un coltello, poi ritrovato dagli inquirenti. Secondo alcuni testimoni, la discussione era durata almeno un’ora e mezzo, e riguardava la guerra in Ucraina, ma la questura regionale di Krasnodar l’ha catalogata come “conflitto per questioni personali”.

Le tensioni interne alla società russa hanno raggiunto livelli esasperati per la guerra ucraina, come conferma il dottore in scienze politiche Mikhail Savva, direttore del gruppo di analisi “Sova”: “È cambiata la propaganda ufficiale, che non è più soltanto di massa, ma anche senza alternative possibili, perché l’espressione di pareri diversi è proibita dalla legge e deve essere punita, quindi chi osa sostenerli diventa un reietto per l’intera società”. Se non arriva lo Stato a prendere provvedimenti, si trova quindi qualcuno pronto a fare giustizia con le mani o le armi a disposizione. Il rischio è che si degeneri in forme diffuse di “pogrom” contro i non allineati.

Il professor Savva indica anche come concausa la presenza sempre più numerosa di persone che tornano dai combattimenti con il sistema nervoso a pezzi, assetati di scontri con nemici e traditori. Molti infine sono consumati per la rabbia da complessi di colpa sovrapposti, contro l’Occidente e le sanzioni, o contro la dirigenza del Paese e l’esercito, per non aver potuto fare niente per impedire il disastro, e sentono l’esigenza di passare all’azione in qualche modo.

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