14/10/2015, 00.00
SIRIA - STATI UNITI - RUSSIA
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Crisi siriana, nuovi colloqui fra Russia e Stati Uniti. L’Isis lancia il jihad contro tutti e due

Terzo incontro fra Washington e Mosca, per scongiurare incidenti fra le due aviazioni dopo l’incontro ravvicinato nei cieli. Uniti nella lotta allo Stato islamico, restano distanti sul futuro del Paese. Gruppi ribelli siriani vendono alle milizie jihadiste armi e mezzi forniti dagli americani.

Damasco (AsiaNews) - Rappresentanti di Mosca e Washington si sono incontrati anche oggi per un nuovo round (il terzo) di colloqui, volti a scongiurare possibili incidenti fra le aviazioni di Stati Uniti e Russia impegnate nei raid aerei in Siria contro obiettivi dello Stato islamico (SI, ex Isis). Intanto le forze governative siriane hanno sferrato altri attacchi contro le postazioni dei ribelli attorno alla capitale Damasco. Combattimenti sono in corso anche nella città settentrionale di Aleppo, dove le milizie jihadiste stanno avanzando a discapito degli altri gruppi ribelli. 

Al centro dell’incontro le modalità di intervento in Siria dei due eserciti, uniti nella lotta contro lo Stato islamico ma divisi sul sostegno al presidente Bashar al Assad e sulle relazioni con i gruppi ribelli che si oppongono a Damasco, fra cui anche il Fronte di al Nustra (affiliato ad al Qaeda). Il 10 ottobre scorso i caccia di Mosca e Washington si sono trovati a pochi chilometri di distanza sui cieli siriani, arrivando al contatto visivo. 

Dal 30 settembre scorso la Russia ha avviato operazioni militari sul territorio contro obiettivi jihadisti, a sostegno del presidente siriano Assad. Una scelta criticata da Washington, sebbene finora si sia rivelata determinante per arrestare l’avanzata delle milizie dello Stato islamico, come confermano fonti sul territorio. 

Il ministro della Difesa americano Ash Carter sottolinea che pur “continuando a restare distanti” le posizioni di Mosca e Washington sulla Siria, l’obiettivo dei colloqui è quello di trovare una via comune per garantire la sicurezza dei piloti dei caccia impegnati nei bombardamenti. Episodi come quello avvenuto nei giorni scorsi sono “pericolosi” e potrebbero sfociare in incidenti che finirebbero per determinare una escalation fra i due fronti. 

L’intervento militare di Mosca ha aumentato la posta in gioco sul conflitto siriano, che ha causato dal marzo del 2011 a oggi oltre 245mila morti e milioni di sfollati. La Russia afferma che i suoi raid hanno come obiettivo le milizie dello SI, che si rivela sempre più come il gruppo più agguerrito e pericoloso sul terreno, avendo conquistato ampie porzioni di Siria e Iraq nell’ultimo anno. Per Washington, invece, il Cremlino intende anche colpire la fazione “moderata” ribelle - sostenuta dall’Occidente - che cerca da tempo di rovesciare Assad, appoggiato dai russi. 

Nelle ultime ore l’aviazione di Mosca ha bombardato almeno 40 “obiettivi sensibili dei terroristi” in Siria, colpendo nelle province di Aleppo (nord), Idleb (nord-ovest), Lattakia (nord-ovest) e Deir al Zor (est). In risposta, i vertici di Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico, ndr] hanno lanciato il jihad contro Russia e Stati Uniti, rilanciando in rete messaggi di guerra contro il governo di Mosca. Abu Mohamed al-Adnani, portavoce dello SI, lancia un appello “ai musulmani di tutto il mondo, perché lancino il jihad contro i russi e gli americani”, i quali starebbero conducendo “una guerra crociata contro i musulmani”. In precedenza anche il leader di al Nusra, in lotta con Daesh per il predominio sul terreno siriano, aveva esortato i mujaheddin del Caucaso a combattere e uccidere i russi, per vendicare gli attacchi aerei. 

Intanto gli Stati Uniti continuano a inviare armi e rifornimenti ai gruppi arabi siriani in lotta contro lo SI (e il presidente Assad), a dispetto delle notizie circolate nei giorni scorsi secondo cui i ribelli vendono parte di queste armi ai qaedisti di al Nusra. A fine settembre, riferisce il Guardian, gruppi ribelli avrebbero consegnato sei veicoli e munizioni a un (sospetto) intermediario di al Nusra, in cambio di un passaggio sicuro nelle zone controllate dai jihadisti. Per Washington questo sarebbe solo l’ultimo di una serie di fallimenti nella strategia di lotta contro lo SI in Siria e Iraq.

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