24/11/2021, 12.00
TURCHIA
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Crolla la lira turca, sale l’inflazione: cittadini in piazza contro Erdogan

La moneta continua la corsa al ribasso con un ulteriore calo del 15%. Da inizio anno ha perso il 42% del valore. Il presidente insiste sui tagli dei tassi e le esportazioni per “vincere la guerra di indipendenza economica”. Ma sul fronte interno pesa l’aumento del costo della vita. Manifestazioni a Istanbul, Ankara e altre città. 

Istanbul (AsiaNews) - La lira turca continua nella sua corsa al ribasso, con un ulteriore calo del 15% registrato ieri dopo che il presidente Recep Tayyip Erdogan ha confermato di voler proseguire nella politica del taglio degli interessi e promesso di “vincere la guerra di indipendenza economica”. In realtà da più fronti si levano critiche dure per le politiche del governo, mentre i cittadini iniziano a scendere in piazza da Istanbul ad Ankara, passando per altre città minori, contrariati dall’aumento dei prezzi e dal crollo del potere di acquisto dei salari. 

La situazione attuale è lo specchio di una crisi iniziata negli anni scorsi e che ha segnato la fine del miracolo economico per il sultano Erdogan, che si è visto costretto a ripiegare su una politica a colpi di nazionalismo e islam per cercare di mantenere il consenso. A questo si aggiunge l’impatto negativo della pandemia di Covid-19 che solo nei primi mesi dell’anno in corso ha mandato in bancarotta decine di migliaia di imprese e attività commerciali. 

Da inizio anno la valuta nazionale ha perso il 42% del valore, solo nell’ultima settimana ha registrato un calo del 22%: la peggior performance per una moneta a livello globale, toccando quota 13,45 rispetto al dollaro prima di chiudere a 12,7. Il presidente insiste con la politica dei tagli dei tassi nel tentativo di alimentare le esportazioni, favorire gli investimenti dall’estero e spingere sull’occupazione, mentre il tasso di inflazione ha raggiunto quasi il 20%. 

Il leader turco non ha nemmeno risparmiato attacchi a quanti criticano la politica economica impressa dal governo e dall’Akp (Partito di giustizia e sviluppo). Una politica che ha fatto schizzare però ai massimi l’inflazione (mai così alta negli ultimi tre anni), fino ad un valore quattro volte superiore a quello fissato in via ufficiale dalla Banca centrale. Erdogan vuole mantenere e rafforzare l’espansione monetaria, puntando su investimenti ed export per spingere sulla crescita e acquisire una posizione di forza in vista delle elezioni presidenziali e parlamentari del 2023. 

In questi mesi il sultano non ha esitato a cacciare chiunque abbia cercato di mettere un freno a una rotta che - nel lungo periodo - rischia di affossare la nazione, compresi sei alti funzionari “dissidenti” e tre fra governatori e vice della Banca centrale. Tra questi troviamo uno dei più feroci critici del presidente: Semih Tumen, ex vice dell’istituzione, ha parlato di “esperimento irrazionale” ai danni della lira turca che “non ha alcuna possibilità di successo” e per questo “va immediatamente abbandonato” ripiegando verso scelte conservative che tutelino la moneta e “la prosperità del popolo turco”. 

Del resto, se si guarda solo al Pil e alle esportazioni la scelta sembra avere successo con prodotti più competitivi all’estero e un volume in uscita che potrebbe per la prima volta superare i 200 miliardi di dollari complessivi. E la crescita economica per il 2021 sarebbe inferiore solo all’India fra le nazioni del G20 con un deciso +9%. L’altra faccia della medaglia è però costituita da disuguaglianze economiche e sociali mai così marcate da oltre 10 anni a questa parte, prezzi di case e beni di prima necessità (compresi gli alimenti) alle stelle e fiducia dei consumatori ai minimi. E, come sempre, a rimetterci di più saranno le classi più disagiate, seguite da una fascia media che rischia di impoverirsi sempre più e per questo torna a farsi sentire per le strade. 

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