23/09/2019, 11.32
EMIRATI ARABI UNITI - INDIA
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Emirati, le autorità riconoscono in via ufficiale 17 chiese e un tempio indù

La cerimonia è avvenuta nel fine settimana all’insegna dello slogan “Una chiamata all’armonia”. In vigore un nuovo regolamento che garantisce pari dignità a tutte le fedi, nel rispetto delle leggi locali. Leader musulmano: camminare in una direzione di “unità”. Per la comunità indiana locale è un segno ulteriore del clima di tolleranza e dialogo.  

Abu Dhabi (AsiaNews) - Dagli Emirati Arabi Uniti arriva un altro, importante segnale di tolleranza e di apertura verso le religioni non musulmane: nel fine settimana, infatti, le autorità hanno concesso il riconoscimento ufficiale a un tempio indù e 17 luoghi di culto cristiani, fra i quali vi sono anche alcune chiese costruite decine di anni fa. La cerimonia dal carattere “storico”, riferiscono i partecipanti, si è tenuta lo scorso 21 settembre presso l’Emirates Palace ad Abu Dhabi. 

All’insegna dello slogan “Una chiamata all’armonia”, il Dipartimento per lo sviluppo comunitario (Dcd) di Abu Dhabi ha deciso di riunire tutte le istituzioni religiose riconosciute nell’emirato sotto un un’unica licenza. Un modo, spiegano gli ideatori, per garantire alle autorità un sostegno e risposte migliori ai rappresentanti delle diverse fedi in caso di necessità. 

Per la comunità indiana, spiega ad AsiaNews un membro della St Joseph's Konkani Community (Sjkc) ad Abu Dhabi, è un momento di festa e un segno ulteriore del clima di tolleranza e di dialogo che caratterizzano gli Emirati. Ne sono conferma “le celebrazioni che si sono tenute il 7 settembre per la natività di Maria” precedute da “una novena con messe e funzioni solenni”. Inoltre “molti indiani che hanno vissuto, lavorato e prosperato a livello economico negli Emirati per decenni” hanno voluto tornare nel Paese del Golfo a febbraio “per assistere alla messa di papa Francesco”, a conferma del forte legame rimasto con il Paese che un tempo li ha accolti.

Durante la cerimonia Mugheer al-Khaili, presidente del Dcd, ha ricordato che “per decenni i nostri leader hanno accolto persone di tutte le fedi”, facendo degli Eau un “luogo per tutti” in un contesto in cui gran parte della popolazione (e della forza lavoro) è formata da migranti. Oggi, dunque, Abu Dhabi si conferma sempre più “un modello di tolleranza e di coesistenza” pacifica. L’obiettivo, prosegue il leader musulmano, è quello di andare sempre più in una direzione di “unità” e di “promuovere l’inclusione per tutti quanti hanno contribuito allo sviluppo del Paese” e per questo “tutti i luoghi di culto saranno ora operativi sono un unico ente ombrello”.

Le parole dell’alto funzionario sono una conferma ulteriore di quanto avvenuto negli ultimi mesi negli Emirati, che a febbraio hanno accolto per la prima volta un Papa in una nazione del Golfo. Un evento epocale, che nei giorni scorsi è stato rilanciato da una delle principali emittenti locali in un documentario. Alla visita del pontefice si uniscono altri eventi di primo piano per la comunità cristiana, fra i quali la riapertura del sito più antico, che come ha sottolineato il vicario d’Arabia conta sulla presenza e il ruolo dei laici per continuare la propria missione. 

Il Dipartimento per lo sviluppo comunitario sottolinea che le nuove norme e la policy permetteranno ai fedeli di tutte le religioni la libera pratica del culto, in accordo alle leggi degli Emirati e senza lederne i costumi e le tradizioni di un contesto a maggioranza islamica. Un segnale ulteriore nella direzione del “rispetto della diversità” di valori delle varie comunità, conclude al-Khaili, il quale ricorda che la maggior parte dei luoghi di culto sono stati costruiti su terreni regalati negli anni dai vari emiri e governanti. 

Uno di questi esempi è la cattedrale di san Giuseppe, il luogo di culto più antico e risalente al 1965. Molti altri istituti ed edifici hanno oltre 40 anni di storia alle spalle. La chiesa anglicana di sant’Andrea sorta prima dell’unità degli Emirati e casa per migliaia di cristiani in 50 anni o la chiesa ortodossa di san Giorgio, quella evangelica o copta ortodossa.

Certo, non mancano aspetti “controversi” come il coinvolgimento di Abu Dhabi nella sanguinosa guerra in Yemen o lo scontro (in sostegno ai sauditi) con il Qatar. E vi sono pure casi di repressione interna della dissidenza, come mostra la condanna a 10 anni di carcere al dissidente Ahmed Mansoor. Tuttavia, gli Emirati restano una “isola felice” in una realtà contraddistinta da diffusa intolleranza o persecuzione, basti pensare all’Arabia Saudita in cui non sono ammessi altri culti fatta eccezione per l’islam sunnita e wahhabita. (NC)

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