25/08/2016, 09.05
MONGOLIA
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Enkh-Baatar “sarà un ponte fra la Chiesa e il popolo mongolo”

Il prossimo 28 agosto verrà ordinato il primo sacerdote della Mongolia. Celebreranno il Prefetto apostolico, il Nunzio e il vescovo di Daejeon dove il giovane ha frequentato il seminario. Missionario ad Arvaikheer: “La sua testimonianza aiuterà i giovani mongoli che stanno vivendo un cammino di discernimento vocazionale”. Gioia e soddisfazione della comunità locale: “Se ce l’ha fatta lui, possiamo farcela anche noi”.

Arvaikheer (AsiaNews) – La comunità cattolica della Mongolia “è felice ed orgogliosa del suo primo sacerdote. Joseph Enkh-Baatar ha davanti a sé un grande compito: quello di essere un ponte fra la cultura cattolica e la cultura mongola. Noi gli staremo accanto il più possibile: sono sicuro che sarà in grado di accogliere con la giusta sensibilità le sfide che attendono questa giovane Chiesa”. Lo dice ad AsiaNews p. Giorgio Marengo, missionario della Consolata che dal 2003 vive in Mongolia e dal 2006 ad Arvaikheer: la zona è a 400 chilometri dalla capitale UlaanBaatar, e di fatto rappresenta un avamposto della missione cattolica in Mongolia.

Il prossimo 28 agosto, nella cattedrale dedicata ai santi Pietro e Paolo di UlaanBaatar, verrà celebrata la prima ordinazione di questa comunità. Nata il 10 luglio del 1992 con l’arrivo di tre missionari del Cuore Immacolato di Maria (Cicm), la Chiesa mongola conta poco piu' di 1.000 fedeli. Insieme a loro quasi 25 missionari stranieri e circa 50 religiose.   

L’ordinazione sarà presieduta dal Prefetto apostolico, mons. Wenceslao Padilla (uno dei primi tre missionari a raggiungere il Paese); insieme a lui concelebreranno mons. Lazzaro YouHeung-sik, vescovo di Daejeon (Corea del Sud) e mons. Osvaldo Padilla, Nunzio apostolico in Corea e Mongolia. Alla cerimonia sarà presente anche il Superiore regionale dei Maryknoll, p. Gerard Hammond, che ha aiutato la comunità cattolica coreana a preparare il futuro sacerdote. Joseph ha infatti frequentato il seminario di Daejeon, e sempre qui è stato ordinato diacono.

Dalla missione di Arvaikheer, riprende p. Marengo, “andiamo in 15. In questi giorni stiamo recitando una novena chiedendo per lui l’intercessione di san Paolo apostolo, mentre Enkh è in ritiro spirituale. Il sentimento comune è di gioia ma anche di soddisfazione: molti dei nostri parrocchiani vivono questa ordinazione come l'approfondimento di un cammino di fede, che ha portato a raggiungere una meta importante. E spero che in qualche modo questa festa possa aiutare altri giovani mongoli a seguire il suo esempio”.

Pur avendo una comunità ancora molto piccola, infatti, la Chiesa mongola ha da qualche tempo un “Vocational Team” che segue un gruppo di giovani, uomini e donne: “Le suore e i padri che accompagnano questi ragazzi non vogliono in alcun modo forzare loro la mano. Si tratta di un cammino di discernimento, che deve proseguire nella verità. Certo, l’ordinazione di Enkh stimola questa ricerca. L’importante è presentarla e viverla nel modo più giusto: è una prima assoluta per il Paese, bisogna spiegare bene che quella del sacerdote non è una carriera ma una vocazione”.

Per quanto riguarda la vocazione del nuovo sacerdote, p. Marengo ha una speranza: “Lui conosce bene storia, cultura, religione e tradizione mongola. Questo è un popolo peculiare, orgoglioso e ricco di un'antica tradizione spirituale. Spero che lui possa divenire un ponte fra la Chiesa e i mongoli, che possa aiutarli a capire e possa essere capito da loro. La sensibilità mongola è molto spiccata, fatta di tante sfaccettature che spesso uno straniero non coglie”. 

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