14/04/2011, 00.00
PAKISTAN
Invia ad un amico

Giornalista musulmano: contro l’estremismo, scuola pubblica sul modello di istituti cristiani

Aoun Sahi, editorialista di The News International, sottolinea che educazione significa “garantire pari opportunità” nell’accesso a scuole di qualità. La deriva islamica del Paese è “penetrata a fondo”, per questo politica e società civile “devono lavorare per una riforma” dell’istruzione. E l’alleanza con i cristiani “potrebbe compiere dei prodigi”.
Lahore (AsiaNews) – Educare significa garantire “pari opportunità” a tutti i bambini di accedere “a scuole pubbliche di qualità”, attraverso la collaborazione fra politica e società civile. Oggi, invece, una “visione distorta del Pakistan quale fortezza dell’islam è penetrata a fondo nelle menti dei cittadini, in particolare i giovani, e serviranno decenni di sforzi seri per ritornare sulla giusta strada”. È quanto afferma ad AsiaNews il giornalista musulmano Aoun Sahi, editorialista di The News International e selezionato per il prestigioso Daniel Pearl/Alfred Friendly Press Fellow nel 2010, collaboratore del Wall Street Journal e un passato come corrispondente speciale da Lahore per il Washington Post, LA Times e il Telegraph UK.
 
Profondo conoscitore della realtà economica e culturale del Paese, egli invita politica e società civile a “lavorare per una riforma dell’istruzione, che garantisca a tutti i bambini un ambiente adatto all’apprendimento, insegnanti competenti e un curriculum di alta qualità”. E per raggiungere l’obiettivo, il giornalista musulmano ricorda “il contributo encomiabile” della minoranza cristiana al sistema educativo. “Ciò di cui abbiamo bisogno – sottolinea – è trarre beneficio dall’esperienza accumulata dalla minoranza cristiana. Un’alleanza nel nome dell’istruzione tra la maggioranza musulmana e la minoranza cristiana potrebbe compiere dei prodigi.
Ecco, di seguito, l’intervista rilasciata da Aoun Sahi ad AsiaNews:
 
Ali Jinnah ha sancito pari diritti, libertà religiosa e istruzione gratuita. Perché le direttive del fondatore del Pakistan sono ancora oggi inapplicate?
Sebbene Muhammad Ali Jinnah, durante la prima conferenza sull’Educazione nel 1947, avesse posto l’accento sul bisogno di riforme concrete nel sistema scolastico del Paese, la situazione resta incerta e critica. Con la sua morte, dopo soli 13 mesi di presidenza, la nazione ha smarrito anche la direzione da lui indicata. L’approvazione delle Objectives Resolution del 1949 – abbandonata la linea europea, il Paese fonda le sue basi sull’islam, ndr – da parte del potere legislativo è stato il primo colpo alla visione laica e progressista di Jinnah. La risoluzione ha inserito una oscura idea di identità islamica e di senso dello Stato, rafforzando le lobby fondamentaliste.
 
L’era draconiana del generale Zia ul-Haq (1977-88) è stata la peggiore sia per il sistema educativo che per la libertà religiosa. Ha consegnato il ministero dell’Istruzione nelle mani di uno dei partiti più estremisti del Paese, che ha promosso una sistematica distorsione degli eventi storici e dei libri di testo. È stata sancita la persecuzione delle minoranze e promulgate leggi fatte da uomini, contro donne e minoranze, facendole passare per pronunciamenti di Dio. Le leggi sulla blasfemia sono state le peggiori e il jihad (la guerra santa, ndr) afghano contro l’Unione Sovietica ha rinvigorito l’influenza ideologica e stravolto completamente la struttura della società. L’ultimo chiodo nella bara del Pakistan di Jinnah, ora nelle mani dei militari e dei mullah, i leader religiosi. Oggi una visione distorta del Pakistan quale fortezza dell’islam è penetrata a fondo nelle menti dei cittadini, in particolare i giovani, e serviranno decenni di sforzi seri per ritornare sulla giusta strada.
 
Che ruolo rivestono le madrassa – le scuole coraniche – nell’istruzione del Paese? Sono potenziali centri di reclutamento del terrorismo?
Le madrassa sono molto importanti ma, al contempo, le più trascurate. Sebbene siano solo il 7% delle scuole primarie del Paese, la loro influenza è amplificata dalle insufficienze della scuola pubblica e dalla religiosità congenita della maggioranza della popolazione. Ad oggi vi sono oltre 13mila madrassa, che ospitano fino a 1,5 milioni di studenti. Ed è sorprendente notare che circa il 75% di queste appartengono alla dottrina Deobandi, di cui sono seguaci tanto i talebani afghani, che quelli pakistani. Tuttavia, è interessante notare che solo il 25/30% della popolazione è seguace di questo tipo di dottrina. L’opera di proselitismo ha portato l’islam Deobandi in ogni angolo della nazione, inneggiando al jihad contro quanti sono non-islamici. 
 
Il 30% degli studenti versa in condizioni di “estrema” povertà educativa, 25 milioni hanno il diritto allo studio negato. Quali sono le soluzioni che politica e società civili devono offrire?
La caduta del sistema educativo pakistano è diventato una costante, che i governi civili e militari non sono riusciti a risolvere. Nonostante siano state proposte 10 diverse riforme dell’istruzione dal 1947, il Pakistan ha fallito clamorosamente l’obiettivo. In realtà, l’educazione delle masse non è una priorità dello Stato. Se lo Stato desse maggiore importanza all’istruzione, potrebbe trovare i fondi da stanziare. Al contempo, si sarebbe potuto premunire, spendendo meglio i fondi dedicati all’istruzione.
 
Educazione significa pari opportunità per tutti i bambini di accedere a scuole di qualità, [politica e società civile] devono viaggiare mano nella mano, perché il sistema educativo possa funzionare. Se non si punta sulla qualità, anche se le possibilità di accesso sono buone i bambini non resteranno a lungo nelle aule. L’abbandono massiccio e la mancata conclusione dei curricula studenteschi sono legati a questo elemento. Anche la qualità è un altro fattore di primaria importanza per i genitori, che decidono di non mandare i loro figli a scuola. Genitori e figli ritengono che pur trascorrendo 8-10 anni a scuola, non se ne caverà nulla di buono. Nelle aree rurali, anche l’accesso all’istruzione per le ragazze è un dettaglio non trascurabile. Questo dovrebbe diventare una priorità da risolvere: garantire un basso livello di istruzione per tutti non è affatto la soluzione del problema, ma di fatto parte di esso. Politica e società civile devono lavorare per una riforma dell’istruzione, che garantisca a tutti i bambini un ambiente adatto all’apprendimento, insegnanti competenti e un curriculum di alta qualità.
 
Le scuole private sopperiscono parzialmente alle carenze del settore pubblico; tuttavia, al 51% dei pakistani è negato l’accesso all’istruzione. Cosa si può fare per modificare la situazione?
Pare che il Pakistan stia precipitando nel gorgo dell’analfabetismo e la sua conseguenza più nefasta potrebbe essere un sostegno crescente ai gruppi estremisti, oltre a povertà e frammentazione sociale. È vero che il settore privato è cresciuto negli ultimi 10 anni ma, escludendo le scuole di eccellenza, le private a basso costo offrono una qualità scadente e da esse è formato l’80% del settore. Manca una regolamentazione e il governo dovrebbe incentivare la crescita dell'istruzione di livello.
 
Una recente inchiesta mostra che il Pakistan è il secondo Paese al mondo per abbandono scolastico. Uno su dieci al mondo che non va a scuola, si trova infatti in Pakistan. I politici affermano che la mancanza di risorse di base è il primo motivo dell’incapacità dello Stato nell’educare i suoi bambini. È sorprendente che il bilancio per l’educazione sia ristretto, in un Paese che spende sette volte di più nelle armi piuttosto che nell’istruzione. In realtà non sono i soldi il problema, perché 26 nazioni più povere della nostra riescono a mandare più figli a scuola. Il dato di fatto è che manca la volontà politica e l’impegno per modificare la situazione. Si potrebbe ribaltare la tendenza in pochi anni, se ci fosse sufficiente volontà politica e questo si è visto in Paesi con problemi maggiori, come India e Brasile.
 
Infatti, il livello di istruzione è inferiore rispetto a India e Bangladesh. Ma chi ha interesse a mantenere il Paese nell’ignoranza e cosa possono fare, assieme, cristiani e musulmani?
L’egoismo della nostra elite politica e militare è la ragione principale dello status quo. Finora hanno avuto tutto l’interesse a impedire la formazione di una “classe media istruita”, che potesse sfidare il monopolio che detengono nel Paese. La situazione attuale non tocca minimamente la loro vita, perché i figli vanno nelle scuole private di primo livello e nelle università all’estero. Per questo a loro non interessa quanto sia fallimentare il sistema.
 
Oggi in Pakistan il sistema educativo al costo più basso e di qualità migliore nel settore privato è quello offerto dalla Chiesa. Queste istituzioni funzionano da decenni, molto prima della fondazione della nazione. I contributi al sistema educativo della minoranza cristiana sono encomiabili e tutti lo ammettono. Per questo ciò di cui abbiamo bisogno è trarre beneficio dall’esperienza accumulata dalla minoranza cristiana. Un’alleanza nel nome dell’istruzione tra la maggioranza musulmana e la minoranza cristiana potrebbe compiere dei prodigi.
 
Una inchiesta mostra che l’85% della popolazione vuole un’istruzione migliore. Cosa si può fare per raggiungere l’obiettivo?
Al governo manca sia una visione di fondo che una direzione da percorrere, è confuso e impegnato su molti altri fronti come la guerra al terrore, che considera più importante della scuola. Devono capire che il solo modo per combattere l’estremismo nella società è diffondere l’educazione fra le masse.
 
Tuttavia, il governo è più interessato all’esercito e l’Occidente ad aiuti economici e vendita di armi. Quali sono le responsabilità della comunità internazionale?
L’educazione non riveste un interesse primario per l’esecutivo, e la leadership militare che guida il Paese guarda più al “settore della difesa” dal quale deriva il suo potere. Sfortunatamente, gli aiuti maggiori dall’Occidente e in particolare dagli Stati Uniti sono arrivati sotto forma di equipaggiamenti militari, che hanno reso ancora più forte le gerarchie dell’esercito. Il risultato è che oltre il 50% del periodo trascorso dal raggiungimento dell’indipendenza del Pakistan, lo abbiamo trascorso sotto dittature militari che non avevano alcun interesse a istruire la nazione.
 
La comunità internazionale non si è mai posta con forza di fronte a questi dittatori, invitandoli a educare le masse. Al contrario, durante la guerra dei sovietici in Afghanistan negli anni ’80 ha dato miliardi di dollari all’allora dittatore Zia, che ha usato i soldi per rafforzare i gruppi fondamentalisti legati al jihad e le madrassa nel Paese. Inoltre la comunità internazionale non ha analizzato il ruolo giocato da Paesi come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iraq e Iran nel propagandare l’estremismo in Pakistan in nome dell’islam.
 
Il sistema educativo può definirsi il problema più grave che il Pakistan deve affrontare e risolvere?
È sull’orlo dell’abisso e questa potrebbe essere l’ultima possibilità sia per il governo, che per la società civile di reagire; altrimenti l’ignoranza (intesa come estremismo) crescerà sempre più nella nostra società. Questo potrebbe condurre a un maggior potere dei fondamentalisti che operano per stabilire un governo ti tipo talebano. Per questo, proprio oggi dovremmo ritenere l’educazione prioritaria su tutto il resto. Ne va della sopravvivenza della nazione.(DS)
TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Educazione in Pakistan: le cifre dell’emergenza (scheda)
14/04/2011
Paul Bhatti: una “mafia” impedisce stabilità e migliore educazione
14/04/2011
Arcivescovo di Lahore: ripensare i programmi scolastici, all’insegna della parità di diritti
14/04/2011
L’educazione, più dell’economia, fermerà la “talebanizzazione” del Pakistan
14/04/2011
Sindh: il governo celebra le scuole missionarie
18/09/2021 09:57


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”