28/04/2021, 13.15
MYANMAR
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Governo di unità nazionale: nessun dialogo con la giunta se non libera prima i prigionieri politici

di Francis Khoo Thwe

Il governo in esilio cerca il riconoscimento dell’Asean e quello internazionale. Esso ha detto che potrebbe pagare gli stipendi degli impiegati statali che partecipano al movimento di disobbedienza civile. Sempre più scontri e uccisi a Mandalay e contro le etnie Karen, Chin e Kachin. I giovani fuggono da città e villagi e si arruolano nei gruppi armati etnici. Ad oggi la giunta ha ucciso 755 persone e condannato a morte 79. I prigionieri sono saliti a 3448.

Yangon (AsiaNews) – Il governo di unità nazionale (Nug), sorto dopo il colpo di Stato militare, ha messo in chiaro che esso non inizierà alcun dialogo con la giunta se prima essa non libera tutti i prigionieri politici, prima fra tutti Aung San Suu Kyi. Il Nug è nato in questo mese, composto da politici regolarmente eletti dalla popolazione, ma dimessi dalla giunta militare, insieme a rappresentanti delle minoranze etniche. Esso cerca con insistenza il riconoscimento internazionale.

Lo scorso weekend, nel tentativo di affrontare la crisi birmana, l’Asean (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) aveva concordato su alcune linee, fra cui la fine delle violenze e l’inizio di un dialogo fra le parti. Ma nelle cinque non aveva inserito la liberazione dei prigionieri politici, in maggioranza parlamentari e ministri del governo democratico, oltre ad attivisti e membri del partito di Aung San Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia (Ndl). In una dichiarazione pubblica, il premier del Nug, Mahn Winn Khaing Thann, ha sottolineato che “prima che si inizi un dialogo costruttivo, ci deve essere un rilascio incondizionato dei prigionieri politici, compresi il presidente U Win Myint e la consigliera di Stato, Signora Aung San Suu Kyi”.

Ieri, anche la giunta militare ha rigettato di fatto le proposte dell’Asean, affermando che fermerà le violenze, solo dopo che il Paese “tornerà alla stabilità”.

Da parte sua la popolazione non smette di manifestare. Quest’oggi a Mandalay, una protesta contro il colpo di Stato con migliaia di persone è stata dissolta con una carica delle forze di sicurezza (foto 1 e 2). Non vi sono stati morti. Ma intanto vi sono scontri e uccisi fra le truppe dell’esercito e quelle dei gruppi etnici. Si registrano tensioni con i Karen, al confine con la Thailandia; carri armati nella città di Hakka (Stato Chin), dove la popolazione resiste da giorni; uccisioni nello Stato Kachin, dove le truppe del Kia (l’esercito etnico dei Kachin) ha assaltato e conquistato alcune basi militari. Quest’oggi a Hpakant vi è stata un’ennesima manifestazione contro la dittatura militare (foto 3 e 4).

Una guerra civile sembra sempre più vicina. Dopo essere stati presi di mira e uccisi dai cecchini in città e villaggi, i giovani sono fuggiti e si stanno arruolando e addestrando nei gruppi armati etnici. Intanto crescono le vittime e i prigionieri. Secondo l’Associazione per l’assistenza ai prigionieri politici, dall’inizio del colpo di Stato ad oggi la giunta ha ucciso 755 persone e condannato a morte 79. I prigionieri sono saliti a 3448.

Il Nug ha criticato l’Asean per aver accolto all’incontro di Jakarta il gen. Min Aung Hlaing, al suo primo viaggio all’estero. Essi vedono in questa accoglienza un tacito avallo al colpo di Stato e un non riconoscimento delle elezioni del novembre scorso, vinte in modo strabiliante dalla NdL.

Quasi a voler rivendicare la sua posizione quale governo della nazione, il Nug ha dichiarato che sta studiando il modo di pagare i salari di tutti gli impiegati statali che stanno partecipando al movimento di disobbedienza civile. A causa di ciò essi non solo non ricevono alcuna paga, ma vengono bersagliati con violenze, umiliazioni e prigionia dai soldati della giunta.

Il Nug ha fatto capire che esso domanderà agli Stati Uniti di sbloccare per loro circa 1 miliardo di dollari che Washington ha congelato subito dopo il colpo di Stato. Il fondo appartiene alla banca centrale del Myanmar ed è depositato nella banca della Federal Reserve di New York.

Almeno il 50% degli impiegati statali – oltre 200mila – stanno partecipando alla disobbedienza civile, che sta piegando l’economia in mano alla giunta, con disfunzioni e assenze negli uffici governativi.

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