27/03/2014, 00.00
VIETNAM
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Hanoi, carcere e multa per l’eroe che lotta contro gli espropri forzati

Già condannato a cinque anni di prigione, Peter Doan Van Vuon dovrà pagare una multa di oltre mille dollari. Il leader della “famiglia coraggio” aveva intentato una causa per danni “materiali e morali” e chiesto un risarcimento di 1,4 milioni di dollari. I giudici non hanno accolto la tesi difensiva.

Hanoi (AsiaNews) - Il tribunale di appello ha respinto la causa per risarcimento danni "materiali e morali" intentata da Peter Doan Van Vuon, imprenditore ittico e leader della "famiglia coraggio", protagonista della lotta contro gli espropri forzati attuati dal governo vietnamita. La sentenza, emessa ieri dalla Corte di Appello di Hai Phong, nel nord del Vietnam, conferma la condanna ai cinque anni di carcere e impone il pagamento di una multa di 23 milioni di dong (poco più di mille dollari). Gli avvocati dell'uomo avevano avanzato una richiesta di 30 miliardi di dong (1,4 milioni di dollari), ma i giudici hanno rigettato la domanda ritenendola priva di fondamento. 

La vicenda che ha per protagonista Doan Van Vuon e la famiglia è emblematica degli abusi commessi dalle autorità centrali e locali vietnamite, in particolare in materia di terreni e beni in una nazione - retta da un governo comunista - in cui la proprietà è appannaggio dello Stato. Benché il 70% delle cause e delle petizioni riguardi proprio dispute sulle terre, i diritti dei singoli non sono protetti né riconosciuti. 

In particolare, il caso della "famiglia coraggio" è stato seguito con attenzione nel Paese asiatico, con appelli e iniziative volte a ottenere la scarcerazione che hanno oltrepassato i confini nazionali. Raggiunta da Radio Free Asia (Rfa), la moglie Nguyen Thi Thuong - che non ha potuto essere presente in tribunale - ha detto di essere "consapevole" che "sarebbe finita in questo modo". Durante l'udienza Vu Van Luan, vice-presidente dell'Associazione imprenditori del pesce di Tien Lang, ha tentato di illustrare i regolamenti in materia di terre e confische e sostenuto l'illegittimità del sequestro ai danni di Doan Van Vuon. Tuttavia i giudici hanno emesso una sentenza di natura "politica", aggiunge l'uomo, "ignorando qualsiasi nostra tesi" a sostegno della difesa.  

La vicenda che vede protagonista la famiglia di Doan Vuon è solo l'ultimo episodio di una lunga serie di scontri fra autorità e cittadini, fra governo e Chiesa cattolica, per il possesso di terreni e la proprietà di edifici o attività commerciali. In questo caso la diatriba ruota attorno ai 40 ettari di terra che Peter ha ottenuto nel 1993 dietro concessione governativa; nel corso degli anni, grazie al suo lavoro, ha trasformato paludi e acquitrini in un'azienda ittica. Nel 2009, quando cominciavano ad arrivare i primi guadagni, le autorità in modo del tutto arbitrario hanno deciso di rivendicare i diritti sulla zona; dopo una lunga battaglia, il 24 novembre 2011 l'amministrazione ha emanato un ultimatum, in cui imponeva alla famiglia di abbandonare terre e attività. 

Invece di subire l'abuso, Peter e i familiari hanno deciso di reagire: il 5 gennaio 2012 un gruppo di militari si è avvicinato all'area per applicare il decreto di esproprio. I soldati sono stati "accolti" da una selva di colpi: proiettili e bombe a mano che non intendevano uccidere, ma impedire l'accesso all'interno della residenza. Lo scontro non ha fatto registrare morti o feriti; a distanza di qualche giorno, le forze dell'ordine hanno compiuto una nuova irruzione, arrestando i membri della famiglia ora a processo per "omicidio". La loro strenua difesa ha raccolto la solidarietà di cattolici e non, stupiti dalla determinazione dei Doan Vuon nel difendere il proprio lavoro. In passato anche il presidente della Commissione episcopale di "Giustizia e Pace" della Chiesa vietnamita, mons. Paul Nguyen Thai Hop e il vescovo di Hai Phong mons. Joseph Vu Van Thien hanno lanciato una petizione in cui chiedevano il proscioglimento completo degli imputati. 

 

 

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