17/10/2022, 08.54
EURASIA
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Il Kazakistan propone una ‘Onu eurasiatica’

di Vladimir Rozanskij

Dovrebbe essere ennesima alternativa alle istituzioni multilaterali controllate dall’Occidente. Per la Russia si tratta di un valido strumento per la propria autonomia da Usa ed Europa. La possibile esclusione di Mosca dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu potrebbe segnare la fine dell’equilibrio post-Seconda guerra mondiale.

Mosca (AsiaNews) – I Paesi asiatici preparano il contrappeso al “miliardo d’oro” degli occidentali dominanti, come è stato proclamato con dichiarazioni altisonanti al summit dei giorni scorsi ad Astana della Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia (Cica), che vuole trasformarsi in un’organizzazione internazionale simile all’Onu. L’incontro in Kazakistan aveva un solenne valore giubilare, essendo il 30° dei leader della Cica, e ha espresso la concezione di una nuova unità geopolitica, che vuole completare o addirittura fare concorrenza alla formula del G20.

Il tono delle dichiarazioni era ulteriormente rafforzato dalle ambizioni del padrone di casa, il presidente Kasym-Žomart Tokaev, impegnato nella prova elettorale che il prossimo 20 novembre dovrebbe proiettarlo come figura di riferimento della “nuova Asia” tra la Russia guerrafondaia di Putin e la Cina neoconfuciana di Xi Jinping. Il leader kazako ha precisato che “non stiamo creando una nuova istituzione, ma segniamo il passaggio alla nuova fase di uno sviluppo istituzionale”. L’Asia prende coscienza delle accresciute responsabilità nello scacchiere internazionale, ed è stata creata anche l’apposita fondazione della Cica, a cui contribuiranno tutti i Paesi membri per finanziare nuovi progetti in tutte le necessarie direzioni di sviluppo economico, culturale e politico.

La Cica è un’eredità del “presidente eterno” Nursultan Nazarbaev, fondatore di molte iniziative di cooperazione eurasiatica, che nel 1992 voleva favorire l’apertura di nuovi canali di dialogo e realizzazione di progetti nel campo della sicurezza in tutta l’Asia. Ne fanno parte ufficialmente ben 29 Stati, compreso il Kuwait che ha da poco aggiunto la sua adesione. Altri otto Paesi e cinque organizzazioni internazionali partecipano come osservatori, compresa la Commissione economica eurasiatica, il Turkmenistan e la Bielorussia, e in qualche modo si connette con essa anche la Csto, la “Nato eurasiatica” a guida russa.

Il presidente russo Putin ha invitato i Paesi della Cica a sviluppare gli scambi commerciali sulla base delle valute nazionali, considerando i suoi problemi con le sanzioni occidentali, esprimendo il desiderio di contrapporsi al “miliardo d’oro”, e indicando la situazione dell’Afghanistan come una delle priorità nel campo della sicurezza asiatica. La Russia cerca di proporsi come garante di tutta l’Asia centrale, il campo di confronto con il colosso cinese. Secondo Putin “bisogna collaborare alla rinascita economica del Paese afghano”, costringendo gli Usa a compensare i danni inferti a Kabul, e scongelando le risorse afghane bloccate “illegalmente” per colpe statunitensi.

A proposito dell’Afghanistan, il presidente uzbeko Mirziyoyev, uno dei più interessati alla pacificazione della regione, ha osservato che il problema afghano sta ormai scivolando in secondo piano nelle urgenze della comunità internazionale. Egli ha proposto di formare un tavolo internazionale di trattative per sistemare tutte le questioni legate ai cambiamenti dell’ultimo anno della politica dei talebani.

La polemica antioccidentale è stata ripresa dal più fedele alleato di Mosca, il presidente bielorusso Lukašenko, secondo cui “l’Occidente collettivo cerca continuamente di destabilizzare la situazione nello spazio post-sovietico, e alimenta i focolai della terza guerra mondiale”. Il turco Erdogan ha cercato invece di sostenere la sua linea di “grande pacificatore”, invitando a “fermare il bagno di sangue in Ucraina”, perché “vediamo le conseguenze della crisi ucraina a livello regionale e globale, e una pace giusta può essere raggiunta solo attraverso la diplomazia”.

Come ha osservato il direttore delle strategie etno-nazionali di San Pietroburgo, Aleksandr Kobrinskij, “il Kazakistan si sta proponendo sempre più come uno spazio di mediazione internazionale, in una fase in cui appare chiaro a tutti che l’Onu sta ormai esaurendo le sue potenzialità, e forse va verso la sua scomparsa”. La possibile esclusione della Russia dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu potrebbe in effetti segnare la fine dell’equilibrio diplomatico che ha retto dalla fine della Seconda guerra mondiale, e gli scenari futuri sono tutti ancora da scrivere.

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