27/06/2017, 10.31
RUSSIA-VATICANO
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Il card. Parolin incontrerà Putin. L’Ostpolitik del terzo millennio

di Stefano Caprio

La nuova stagione del dialogo russo-vaticano aperta dopo l’incontro di Francesco e Kirill a Cuba. La missione di Mosca come “terza Roma” e come baluardo contro i nemici della fede.  I tentativi del papato di avere rapporto con la Russia anche durante il periodo sovietico. La scuola teologica di M. Arranz. La Chiesa cattolica concorda tutte le iniziative pastorali con il Patriarcato. La spina degli uniati e la crisi dell’Ucraina. Gli aiuti umanitari ecumenici ad Aleppo.

Mosca (AsiaNews) - Il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, ha dichiarato alla stampa nei giorni scorsi che presto si incontrerà con lo stesso presidente Putin e i vertici del Patriarcato di Mosca, in una visita ufficiale: “è un incontro preparato a lungo, e ora tutte le condizioni sono state esaudite”, ha affermato il porporato. Dal febbraio 2016, quando s’incontrarono a Cuba il papa Francesco e il patriarca Kirill, si è in effetti aperta una nuova stagione del dialogo russo-vaticano, una specie di Ostpolitik 2.0.

In un convegno a Mosca tra storici russi e vaticani, la scorsa settimana, si è a lungo discusso proprio sul significato della Ostpolitik, termine che indica l’apertura “a Oriente” della politica e del dialogo interconfessionale. Alcuni hanno giustamente ricordato che il termine si riferisce a diverse fasi della politica tedesca, da Bismarck a Willy Brandt, e solo le semplificazioni giornalistiche hanno diffuso una sua applicazione alla diplomazia vaticana.

In realtà, al di là delle disquisizioni pur necessarie, il rapporto tra Roma e Mosca si è sempre costruito sulla base della “apertura a Oriente”, essendo la Russia, nel secondo millennio cristiano, la vera erede di Bisanzio, l’anima orientale della Chiesa universale. Non a caso, a Mosca si era creato alla fine del Medioevo l’ideale della “Terza Roma”, la missione universale di salvezza del mondo dal dominio dell’Anticristo, che oggi è tornato di grande attualità. Dopo i mongoli, i turchi, i polacchi, Napoleone e Hitler, anche oggi la Russia si erge di fronte al degrado morale dell’Occidente e alla minaccia del terrorismo islamista, figure contemporanee dell’assalto del maligno.

Dal canto suo, il papato ha sempre cercato a Oriente un supporto alla propria funzione primaziale, e altrettanto universale; l’unione con Mosca sarebbe il suggello ecclesiologico definitivo, e per questo è sempre stata ricercata con tutti i mezzi. Vari sono stati i tentativi di penetrare la Russia con le missioni dei francescani, dei gesuiti, perfino dei sacerdoti clandestini negli anni staliniani. Molte volte sono stati tentati accordi anche politici e diplomatici; nel ‘400 il papa inviò allo zar una moglie bizantina convertita al cattolicesimo, nel ‘600 si diffusero in Russia le scuole della scolastica latina, sotto Pietro il grande arrivarono in Russia i migliori architetti e artisti, i gesuiti crearono nell’800 i collegi per le fanciulle dell’aristocrazia pietroburghese. Il filosofo Vladimir Solov’ev, all’alba del ‘900, immaginò l’unione dei cristiani sotto la guida del papa di Roma e l’autorità dello zar di Mosca.

Negli anni Sessanta dello scorso secolo, il periodo analizzato a Mosca dal convegno di storici, la Santa Sede si rese protagonista di clamorose iniziative, soprattutto nella persona dell’allora Segretario di Stato Agostino Casaroli, predecessore di Parolin. Il Vaticano fu il primo stato a firmare, sfiorando il paradosso, il trattato di non-proliferazione delle armi nucleari con l’URSS, e si adoperò per facilitare la sottoscrizione sovietica degli Accordi di Helsinki nel 1975 a difesa dei diritti umani, proprio mentre il regime riempiva i lager e i manicomi di dissidenti. Nella discussione che si è tenuta all’Accademia delle Scienze, queste contraddizioni sono state sviscerate nei dettagli, ricordando sia l’eroismo dei martiri e dei testimoni, sia la buona fede dei funzionari che tentavano di trovare delle vie per scavalcare i muri che sembravano impenetrabili.

 

Sono state ricordate le grandi figure di Giovanni XXIII e Paolo VI da una parte, ma anche del metropolita Nikodim (Rotov), il “padre spirituale” dell’attuale patriarca Kirill, e del cardinale polacco Stefan Wyszynski, fautori di grandi aperture alternate a obbligati irrigidimenti. Vi furono in quegli anni missioni audaci e clandestine, come quella dell’intrepido vescovo slovacco Pavol Hnilica, ma anche ufficiali e culturalmente raffinate, come quella del liturgista gesuita Miguel Arranz, che riuscì a creare anche in Russia una “scuola teologica” per la riforma della Chiesa. Chi scrive ha avuto l’onore di riferire sull’attività di p. Arranz, essendone stato a sua volta studente e discepolo; tale partecipazione ha assunto un particolare significato, legato appunto alla nuova fase dei rapporti tra Russia e Vaticano, dopo essere stato costretto nel 2002 a lasciare la Russia per le accuse ai cattolici di ingerenza e proselitismo sul “territorio canonico” ortodosso.

Tra le “condizioni esaudite” cui ha accennato il card. Parolin, vi è certamente la disponibilità dei cattolici russi a concordare pazientemente con il Patriarcato ortodosso ogni iniziativa pastorale, una linea di comportamento a cui si è attenuto con grande dedizione il vescovo italiano a Mosca mons. Paolo Pezzi, anch’egli presente al convegno. Mons. Pezzi, da dieci anni ormai sulla cattedra dell’Arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca, è uno dei quattro vescovi cattolici della Russia: gli altri sono mons. Klemens Pickel a Saratov, nel sud della Russia europea, e i due vescovi siberiani, mons. Josif Werth a Novosibirsk (in carica fin dal 1992) e mons. Cyryl Klimowicz a Irkutsk, che nel 2003 sostituì il vescovo Jerzy Mazur, a sua volta espulso l’anno precedente in seguito alle tensioni con il Patriarcato.

Una questione sempre aperta rimane invece quella relativa alla situazione ucraina, dove i greco-cattolici e gli ortodossi di obbedienza moscovita si trovano spesso al centro delle discussioni e dei conflitti; anche se non ufficialmente, Parolin cercherà di trovare soluzioni che sblocchino anche questo aspetto del dialogo, in cui la prima e la terza Roma cercano nuove vie per la salvezza del mondo. A favorire l’incontro vi è anche la recente missione umanitaria in Siria, in favore della popolazione e in particolare dei cristiani perseguitati: il 23 giugno sono arrivate 20 tonnellate di generi alimentari e medicinali all’aeroporto di Khmeimim, raccolte insieme da cattolici, ortodossi e musulmani, che verranno distribuite alla popolazione di Latakia e Aleppo dai membri del Centro russo per la Riconciliazione. Si spera che questi aiuti, oltre che a fornire conforto ai siriani martoriati dalla guerra, possano rifornire di sempre nuove energie anche gli apostoli del dialogo ecumenico.

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