24/06/2022, 11.04
MYANMAR
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Kengtung, la diocesi a due preti: non fate politica. P. Dominic: "Difendo giustizia e verità"

Ammonimento dell'amministratore apostolico a p. Htwe e p. Ate che si sono schierati apertamente contro i generali. In una video-testimonianza pubblicata da AsiaNews raccontavano che erano stati costretti a fuggire con gli esuli in Thailandia. "Continueremo a stare accanto alla nostra gente". Intanto il cardinale Bo "supplica" la giunta di non eseguire le condanne capitali contro gli oppositori: "Sarebbe un nuovo abisso".  

Kengtung (AsiaNews) – Sta facendo discutere nella comunità cattolica in Myanmar il provvedimento con cui la diocesi di Kengtung ha emesso un divieto per due sacerdoti di “attiva partecipazione in politica e di pubblicazione di interventi suoi social media contro il sistema di potere in carica e i leader ecclesiali”. La lettera - firmata dall’amministratore diocesano p. Peter Anwe - è indirizzata a p. Dominic Wun Kyaw Htwe e p. Clement Angelo Ate, due sacerdoti che proprio per essersi schierati apertamente contro la giunta militare da alcuni mesi vivono tra le comunità di esuli oltre la frontiera in Thailandia.

La diocesi di Kengtung si trova nello Stato Shan, uno dei più duramente colpiti dalla guerra civile in Myanmar, alimentata dalla repressione seguita al colpo di Stato del 1 febbraio 2021, con cui i generali hanno spazzato via il governo democraticamente eletto e incarcerato Aung San Suu Kyi. Proprio in questi giorni l’Assistance Association for Political Prisoners ha diffuso la notizia che le violenze dell’esercito birmano avrebbero ormai portato a superare la tragica soglia dei 2000 morti. Di p. Dominic Htwe AsiaNews aveva pubblicato nell’aprile scorso questo drammatico appello alla comunità internazionale in cui diceva: “Per favore, non limitatevi alle parole, le azioni concrete valgono di più”.

Nella sua lettera l’amministratore diocesano p. Anwe contesta ai due sacerdoti della diocesi di Kengtung di essere stati ripetutamente presenti dall’anno scorso “in movimenti di protesta”. “La vostra attiva partecipazione in politica e i vostri post sui social network – aggiunge – non solo destano grande perplessità, ma anche l’opinione pubblica e la vostra stessa comunità cristiana è divisa”. Di qui la lettera di divieto indicata come un “ultimo avviso”, aggiungendo che la diocesi di Kengtung “non si assumerà alcuna responsabilità nel caso d’ora in poi non doveste sentirvi vincolati ad aderire a questo ammonimento”.

La risposta di p. Dominic Htwe non si è fatta attendere: “Non sono sorpreso né impaurito – ha scritto in un post su Facebook -. Questa eventualità l’avevo prevista fin dall'inizio della rivoluzione. Potete buttarmi fuori subito.  Lasciate che la vostra coscienza sia sicura. Io sono orgoglioso di essere lontano da una società dominata dalla paura e che persegue la ricchezza finanziaria piuttosto che la giustizia e la verità”.

“Ho un amore molto grande per la mia religione – continua il sacerdote -. Ma in un momento in cui è così chiara distinzione tra giusto e sbagliato, anche le catene diventano sottili. Quest’avvertimento rafforzerà la mia determinazione a lottare di più. Se la vostra coscienza è cieca, prego che sia purificata. La giustizia deve prevalere”.

Anche p. Clement Angelo Ate - contattato dall’agenzia Licas – ha confermato che “continuerà a lottare e a stare accanto alla nostra gente che soffre e farò tutto quanto potrò per loro”.

Nel frattempo da Yangon il cardinale Charles Bo ha preso posizione contro le sentenze capitali che la giunta militare ha annunciato di voler eseguire contro alcuni attivisti. “Come cardinale del Myanmar – ha detto in una conferenza internazionale il 20 giugno - li supplico dal profondo del mio cuore di non uccidere queste persone e faccio appello al mondo ad agire. Se il regime dovesse andare avanti su questa strada si tratterebbe di un nuovo abisso per questa già brutale, barbara, inumana giunta criminale”.

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