09/08/2011, 00.00
SIRIA
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L’appello del Papa e i timori dei cristiani in Siria

di JPG
L’incubo che in Siria si ripeta una situazione simile a quella irachena spiega perché molti leader cristiani sembrano appoggiare il regime del presidente Assad. L’appello di Benedetto XVI al dialogo e alla rinuncia alla violenza da entrambe le parti non è stato riportato dai media siriani.
Damasco (AsiaNews) – L’appello pronunciato il 7 agosto da Benedetto XVI perché cessi la violenza in Siria, e si giunga a un dialogo (07/08/2011 Papa: Appello per la riconciliazione e la pace in Siria e Libia), molto equilibrato, sembra differenziarsi dalle prese di posizioni di molti capi cristiani del Paese. L’articolo del nostro corrispondente da Damasco spiega le ragioni di questa apparente diversità di toni.

"Non abbiamo paura dell'islam, abbiamo paura che subentri il caos come in Iraq": l'ha detto al Radiogiornale della Radio vaticana, nel primo pomeriggio della domenica, Gregorios III, Patriarca della Chiesa Greco-melkita cattolica e presidente dell'Assemblea della gerarchia cattolica in Siria. Il patriarca, dalla sua residenza estiva di Ain-Traz, in Libano, e non dalla sede ufficiale del Patriarcato in Damasco, commentava l'appello formulato in Castel Gandolfo qualche minuto prima da papa Benedetto XVI, appello conosciuto dai lettori di AsiaNews, ma totalmente ignorato dai media siriani, com'era stato già il caso per l'appello precedente del pontefice, il 15 maggio scorso. Parimenti, una settimana prima, cioè dopo la sanguinosa operazione dell'esercito siriano nella città di Hama, lo stesso patriarca aveva espresso, per il programma tedesco della Radio vaticana, il suo cordoglio per "i morti di entrambe le parti, da parte dei dimostranti e da parte dell'esercito".

Il patriarca probabilmente non avrebbe parlato così per i media siriani, perché il riferimento ad un eventuale futuro caos implica l'ipotesi di un "dopo Assad", ed il cordoglio per i morti tra i dimostranti non sarebbe ammissibile laddove quei dimostranti sono considerati come "terroristi". Finora, infatti, tutti i capi delle Chiese cristiane in Siria hanno fatto blocco per appoggiare il presidente Assad, con dichiarazioni e scritti.
Gregorios III ha pure scritto lettere a diversi capi di Stato europei ed americani per chiedere loro di non aiutare la contestazione (queste lettere sono praticamente aperte, essendo pubblicate nel website del Patriarcato greco-melkita cattolico in arabo, inglese e francese).

Il Patriarca siro-ortodosso, Ignazio Zakka I, si è ugualmente dichiarato a favore del presidente. Il patriarca greco-ortodosso di Antiochia (anche lui con sede a Damasco), Ignazio IV, è rimasto silenzioso, ma ha lasciato parlare suoi vescovi ausiliari; uno dei quali, dopo aver presieduto ad una "preghiera ecumenica" per la pace civile in Siria, che si è conclusa in un meeting politico a favore del presidente, ha pure espulso dalla cattedrale patriarcale l'ambasciatore americano in Siria, Robert Ford, colpevole, secondo il Presule, di aver manifestato la sua solidarietà con gli assediati di Hama.

Alla televisione siriana, sono frequenti gli interventi fervorosi di presuli e sacerdoti, ortodossi e cattolici, a favore del presidente. I presuli più frequentemente sentiti in questo senso sono entrambi di Aleppo: il metropolita greco-melkita cattolico Jean-Clément Jeanbart ed il metropolita siro-ortodosso Gregorios Yuhanna Ibrahim.

Qualche settimana fa, uno dei sacerdoti più rispettati di Damasco, don Elias Zehlaoui, greco-melkita cattolico, ha indirizzato una lettera aperta al ministro francese degli Esteri, Alain Juppé, per protestare contro le dichiarazioni del capo del Quai d'Orsay sulla perdita della legittimità del Presidente siriano. Da parte sua, il Sinodo nazionale evangelico della Siria e del Libano, coordinatore delle principali (e poco numerose) comunità protestanti in Siria, ha pubblicato a Damasco un comunicato per condannare gli "atti terroristi" perpetrati contro l'esercito e le forze di sicurezza. Alcuni presuli, però, sono prudentemente rimasti silenziosi, specialmente il Vicario apostolico latino di Aleppo, il vescovo Giuseppe Nazzaro, francescano italiano.

Il timore espresso da Gregorios III è quello di tutti i cristiani siriani: hanno paura di un cambiamento di regime che significherebbe perdere la sicurezza goduta dalla loro minoranza da decenni in Siria, Paese, come ha riconosciuto ripetutamente il Nunzio apostolico a Damasco, l’arcivescovo Mario Zenari, "esemplare dal punto di vista dell'armonia tra le varie confessioni religiose, per il rispetto mutuo tra la maggioranza musulmana e la minoranza cristiana". E' una realtà che ognuno può costatare nel Paese.

Ci sono pure, da quando è diventato capo di Stato dieci anni fa, rapporti personali di grande cordialità tra il presidente siriano e diversi capi cristiani, specialmente Gregorios III. E' frequente che, quando un capo di Stato o di governo europeo si trova in visita ufficiale in Siria, il presidente siriano, fuori programma, lo porti alla cattedrale greco-melkita cattolica di Damasco per visitarla; l'ultimo è stato il capo socialista del governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, l'anno scorso.

Da qualche anno, per volontà del presidente, è in vigore uno "Statuto personale" per le Chiese cattoliche (greco-melkita, sira, armena, maronita, caldea e latina) che sostituisce il vecchio statuto personale per tutti i cristiani del Paese, in vigore dai tempi del mandato francese prima dell'indipendenza della Siria. Il testo di quel documento ufficiale è costituito principalmente da estratti testuali del "Codice dei canoni delle chiese orientali" promulgato dal beato Giovanni Paolo II nel 1990. C'è stato un tentativo di sostituirlo, in parte, per quel che riguarda il matrimonio e ciò in conformità con la legge islamica; ma è bastata una richiesta comune al Presidente da parte dei tre patriarchi (greco-ortodosso, greco-melkita cattolico e siro-ortodosso) per far archiviare l'iniziativa.

Ma, adesso, anche quei presuli finora più vicini al presidente cominciano, in privato, a farsi delle domande, riguardanti lo spargimento di sangue, l'isolamento diplomatico del Paese (l'ambasciatore italiano è stato il primo ad essere richiamato, ma ora sono perfino ambasciatori arabi che lasciano Damasco, come quelli di Qatar e della Arabia Saudita e di altri paesi del Golfo), la crisi socio-economica con un vertiginoso aumento della disoccupazione, la paralisi del settore turistico, ecc.

A livello del semplice cittadino cristiano, con il timore del futuro, c'è anche la sete di informazione vera, indispensabile per prendere decisioni importanti. Tutti sanno che i media del Paese, ed in primo luogo la televisione, non dicono la verità; sanno pure che le "informazioni" disponibili su internet non sono tutte affidabili, con molteplici fonti incontrollabili, una profusione di video che non dimostrano niente ma che sono spesso strumenti di manipolazione (come nella televisione statale), con cifre di manifestanti ovviamente gonfiate, ecc. Anche le informazioni date dalla stampa e le televisioni di altri Paesi sono spesso non affidabili, perché il regime siriano, dal marzo scorso, ha espulso tutti i giornalisti stranieri, e dunque non si può verificare niente. Purtroppo, tutti sanno anche che l'attuale situazione può durare ancora molto tempo, con nuovi episodi di violenza, vittime e sofferenze, prima che, come auspica il Papa nel suo appello, si ristabilisca "la pacifica convivenza e si risponda adeguatamente alle legittime aspirazioni dei cittadini".
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