23/06/2010, 00.00
GIAPPONE
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La “globalizzazione” di un missionario nel sud del Giappone

di Pino Cazzaniga
Padre Claudio Gazzardi (PIME) ha festeggiato 60 anni di sacerdozio dedicati a una inculturazione concreta, fatta di studio, comprensione e incontro con le persone. Le scuole materne e la partita di calcio del mattino.

Tokyo (AsiaNews) - E’ un modello di inculturazione e di globalizzazione il missionario italiano Claudio Gazzardi (85 anni) che, pochi giorni fa, domenica 13 giugno, in una modesta chiesa cattolica nella periferia della città di Imari, nel sud del Giappone, ha presieduto la celebrazione di una messa in occasione del 60mo anniversario della sua ordinazione sacerdotale.

Tra i numerosi presenti al rito e al pranzo che ne è seguito, solo due i compatrioti del festeggiato: il rappresentante della direzione romana del suo istituto (il PIME) e il superiore locale, che, pur partecipando alla letizia comune, hanno tenuto un comportamento riservato, quasi per non distrarre l’attenzione dai protagonisti dell’avvenimento: il festeggiato, indissolubilmente unito ai partecipanti, tutti giapponesi.

Un diamante singolare

“Auguri per il diamante”. Così uno degli oratori ha iniziato il discorso di circostanza. Il giapponese non è uno schizzinoso purista: se nel suo vocabolario non trova un termine per esprimere un concetto occidentale, translittera la pronuncia di quello inglese, spesso delimitandone il  significato. E così “dayamondo” è diventato sinonimo di celebrazione di un sessantennio glorioso.

E difatti il vocabolo “dayamondo” è ricorso, quasi ritornello, nei discorsi e nelle conversazioni di quella giornata. Nel contesto della società giapponese  la vita del missionario Gazzardi, o meglio i suoi sessant’anni di sacerdozio missionario  possono definirsi un “diamante”;  un diamante che si è gradualmente formato attraverso l’interazione di due culture, quella dalla quale è provenuto e quella nella quale ha vissuto.

Quando, verso la metà degli anni ’50,  padre Claudio è partito per il Giappone, la parola  “globalizzazione” era poco conosciuta. Ora è sulla bocca di tutti anche se il suo autentico significato spesso non è rettamente percepito. Non tanto i mezzi di comunicazione, quanto l’incontro di persone di diverse culture creano la società globale.

Per oltre mezzo secolo il missionario Gazzardi è diventato soggetto attivo di comunicazione interculturale. Le durezze che ha dovuto affrontare per essere fedele, anno dopo anno, all’ispirazione iniziale gli hanno permesso di diventare positivamente duro e splendente come un diamante, appunto.

Da Milano a Tokyo

Per diventare quello che è diventato Claudio , che tendenzialmente non è un uomo di studio, ha dovuto affrontare suo malgrado un profondo processo di “inculturazione”, altra parola non ricorrente nel suo linguaggio .

 “Il lasciare la patria per andar a vivere in un ambiente culturale ignoto esige zelo e coraggio non comune”, ha osservato un ammiratore del vecchio missionario. E difatti per lui questo processo, cominciato presto, non è stato né facile né breve:  il desiderio di farsi sacerdote, che gli è nato nel cuore all’età di 12 anni, sembrava irrealizzabile, perchè la famiglia contadina di un paese della Lombardia dove è cresciuto, viveva al limite della povertà.

Il seminario per i giovanetti poveri creato dal Cottolengo di Torino risolse il problema. E qui cominciò il processo di inculturazione con lo studio del latino, che allora doveva essere affrontato senza sconti di fatica. Ma il processo assunse una svolta rivoluzionaria quando decise di entrare in un istituto missionario per realizzare l’ideale non in Italia, ma in continente non europeo.

A poco a poco ha capito che l’inculturazione a livello “globale” non era una scelta di eruditi ma la dimensione normale del missionario, che non può non essere uomo di dialogo. Era necessario un secondo sviluppo culturale  che gli è stato offerto a Milano, allora sede centrale del Pontificio istituto missioni estere (PIME). Ma nel 1954 lo attendeva un ulteriore shock culturale, tragico diremmo, quando l’istituto missionario lo spedì non in una foresta tra i primitivi dell’Africa o in qualche paese dell’America Latina, culturalmente affine all’Europa, ma a Tokyo, la metropoli della cultura giapponese. Di punto in bianco si trovò cieco, sordo e muto.

Dalla babilonia della capitale al deserto dell’isola del sud.

Dopo due anni di studio quotidiano, gli occhi e le orecchie gli si sono aperte e la lingua gli si è sciolta, almeno un poco, ma il processo della formazione del diamante era tutt’altro che terminato.

Come circoscrizione missionaria a Gazzardi è stata assegnata la regione di Saga, una delle più piccole prefetture del Giappone, a oltre mille chilometri da Tokyo nella grande isola del sud (Kyushu). Se la capitale gli era sembrata una babilonia per la difficoltà linguistica, la zona di Saga gli deve essere apparsa come un deserto per l’assenza di consistenti riferimenti cristiani e occidentali.

Fortunatamente il missionario principiante si è accorto di avere in sè qualcosa che poteva comunicare e, che in fondo era atteso. La fede, si dirà. Certamente, ma il missionario sa che questo dono viene dall’Alto; se la considera come cosa sua, finisce per perderla. Ciò di cui si è accorto e che la cultura che l’aveva forgiato in Italia poteva essere un efficace strumento di comunicazione nel contesto del dialogo a livello globale. All’immagine del missionario maestro  subentrava  quella del missionario uomo di dialogo.

Le scuole materne oasi di dialogo culturale

“Nell’asilo durante l’anno si svolgono parecchi avvenimenti ai quali il  nostro direttore, anche ora all’età di 85 anni, partecipa sempre energicamente e volentieri. Con meraviglia molto volte mi sono chiesta dove si trova la sorgente di tale energia. In questo atteggiamento io e le altre maestre intravediamo la vita del sacerdote che segue ogni giorno i severi precetti religiosi”, così si espressa la signora Sakaki Matsuo, da anni responsabile didattica dell’asilo cattolico della città di Imari.

Leggendo il testo del discorso ne abbiamo ammirato, assieme all’alta qualità dello stile, la nobiltà dei sentimenti. Scriviamo questo per rendere noto ai lettori il luogo privilegiato dove per decenni si è svolto il dialogo interculturale di Gazzardi e dei missionari del PIME che hanno lavorato in questa prefettura poco nota.

L’immagine che in Italia e, in genere, in Occidente ci si fa del Giappone è quella di una nazione fortemente secolarizzata. Non è così: nelle province è ancora diffuso il senso religioso .

Verso la metà degli anni ’50 un veterano missionario della Cina, divenuto superiore del gruppo di Saga, ha programmato di costruire delle chiesette nelle sette principali città della prefettura. Gazzardi, nel cui Dna l’avversione istintiva agli studi teorici è compensata  da notevoli tendenze  manageriali, ne  è diventato il braccio destro.

Il “metodo cinese” non ha funzionato: le chiesette, a parte per il servizio domenicale ai piccoli greggi  cristiani, non sono un centro di attrazione. Lo sono invece le “scuole materne”  che il manager missionario, assieme ad altri confratelli, ha avuto cura di costruire in ogni residenza. Per sei giorni della settimana dalle otto del mattino al tardo pomeriggio questi asili sono oasi piene di vita: vi sono passati migliaia di bambini e con essi due generazioni di giovani madri. Il cuore di queste istituzioni è costituito dal gruppo delle maestre raccolte attorno alla “shunin sensei”,  la responsabile didattica. Ma il direttore è sempre il “shimpusama”, il prete cattolico, del quale le maestre ascoltano le indicazioni spirituali.

La Chiesa cattolica “giapponese” in quanto tale è poco conosciuta nelle province; lo è invece molto la Chiesa universale: le mamme vi mandano volentieri i loro bambini e bambine perchè il direttore è un shinpusama.

 La partita di calcio mattutina

“Il shimpusama è una persona zelante: tutto quello che fa lo fa seriamente: la preghiera, il pallone, il lavoro”,  così ha detto padre Sakurai . La menzione del  “pallone” accanto alla “preghiera e al lavoro” in una frase pronunciata durante l’omelia della messa per il 60mo di un’ordinazione sacerdotale, poteva sorprendere . Ma dal discorso pronunciato durante il banchetto dalla direttrice didattica si è capito che quell’ accostamento delineava assai bene l’identità del direttore dell’asilo di Imari.

“Tutti sanno - disse la Matsuo - che il padre ogni mattina partecipa a una partita di calcio con i bambini: quella partita è parte del programma quotidiano dell’asilo. Egli vi partecipa come allenatore e giocatore famoso”.

Gazzardi sapendo che tra i giovani del Giappone la popolarità di questo sport non è inferiore a quello del baseball o del “sumo”, ha fatto anche della partita di calcio un luogo di dialogo interculturale dove i dialoganti sono bambini della scuola materna.

La perla preziosa

Ma il luogo dove il missionario italiano  ha potuto svolgere con particolare efficacia un dialogo culturale è stato il sacerdote giapponese Naoki Sakurai.  Figlio di un docente di letteratura inglese, cattolico, Naoki era un infante quando Gazzardi ha assunto la responsabilità della chiesa di Saga; ora, a 51 anni,  gli è stata affidata la parrocchia della cattedrale di Fukuka, la metropoli del Kyushu.

Per le esigenze di una particolare formazione teologica, Sakurai da giovane sacerdote è vissuto per alcuni anni a Roma e in Canada. E così, grazie ai rapporti mai interrotti con il suo vecchio parroco di Saga, in lui si è realizzato un ben riuscito incontro, veicolato dalla fede, tra la cultura giapponese e quella europea.

L’invito rivoltogli a tener l’omelia in occasione del 60mo di sacerdozio del suo educatore era ovvio.

“La vita povera e modesta del padre (Gazzardi) - ha detto - è stata come un diamante lucente non per ricchezza materiale ma per l’amore di Dio che ha trasmesso a molte persone nella difficile società del moderno Giappone”.

Il tema principale di tutto il discorso, pur avendo sullo sfondo la persona del festeggiato, è stato il rapporto tra Dio e la società giapponese. Lo ha illustrato con un aneddoto. “L’anno scorso - ha raccontato - durante una vacanza  in Italia sono andato assieme a padre Gazzardi in Svizzera, dove in un museo abbiamo visto un video che trattava dell’inizio dell’universo e della vita. Usciti dal museo, padre Claudio mi ha detto: ‘Perchè non riconoscono Dio? Dio che ha salvato Mosè e il suo popolo dall’Egitto. Dio che ha creato il mondo?”. Sakurai ha commentato. “Se non si riconosce questo , l’uomo non dà importanza alla vita e al mondo e cosi molti  rovinano e la vita e il mondo”.

Chi è vissuto per decenni in Giappone non può non ammirare le alte qualità della cultura giapponese, ma anche si accorge di una diffusa atmosfera di mestizia che troppo frequentemente conduce a gesti tragici.

“Trasmettendoci la realtà di Dio - ha concluso Sakurai - padre Gazzardi ci ha insegnato come vivere la vita nella gioia. Solo con le cose e il denaro non si rende felice l’uomo. Tutti conosciamo il senso di humour del padre (Gazzardi). Una persona non può esprimere humour se nella sua vita non c’è gioia. Il dare importanza a Dio, come ha fatto il padre, produce felicità”.

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