20/08/2013, 00.00
GIAPPONE - VATICANO
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La Chiesa giapponese pronta a festeggiare Ukon Takayama, “samurai di Cristo”

La Conferenza episcopale nipponica ha presentato a Roma i documenti necessari per aprire la causa di beatificazione del signore feudale che ha sfidato l’impero mantenendo la fede cattolica. Il suo esempio e il suo insegnamento hanno spianato la strada all’evangelizzazione del Giappone: “Ha vissuto come un vero santo”.

Osaka (AsiaNews) - La Chiesa giapponese ha concluso e presentato a Roma la postulazione per la beatificazione di Takayama Ukon, il signore feudale convertitosi al cattolicesimo nel XVI secolo che ha spianato la strada per l'evangelizzazione del Sol Levante. La Conferenza episcopale nipponica ha presentato alla Congregazione per le Cause dei Santi un faldone di 400 pagine che contiene i documenti necessari per la causa. I vescovi sperano di poter celebrare il nuovo beato nel 2015, quando ricorrerà il 400esimo anniversario della sua morte.

Ukon Takayama nasce nella Prefettura di Osaka nel 1552 dalla famiglia di Takayama Tomoteru, signore del castello di Sawa. Quando compie 12 anni, il padre si converte - prendendo il nome di Dario - e fa battezzare il figlio con il nome di Giusto. Padre e figlio sono entrambi daimyo di nomina imperiale, signori feudali che hanno il diritto e il permesso della Corte di assoldare un esercito privato e persino di servirsi dei samurai. Lo stesso Giusto, prima della conversione, pratica il bushido, la "via della spada" che rappresenta il codice di condotta dei guerrieri giapponesi.

Grazie al loro impegno politico, i Takayama arrivano a dominare la regione Takatsuki. Siamo alla fine del XVI secolo - intorno al 1580 - e il Giappone è guidato da Toyotomi Hideyoshi anche noto come il "secondo unificatore della patria". Durante il regno dei due daimyo molti abitanti dell'area si convertono al cristianesimo. Almeno fino al 1587, quando Hideyoshi si lascia convincere da alcuni consiglieri e mette al bando la "religione dell'Occidente". Subito dopo questo editto sono moltissimi i signori feudali che abiurano la fede cattolica. Giusto e suo padre decidono invece di rimettere terreni e onori nelle mani dell'imperatore.

Giusto Takayama vive grazie al sostegno dei molti amici nobili: tuttavia, quando il cristianesimo viene bandito del tutto nel 1614, l'ex daimyo sceglie la via dell'esilio e guida altri 300 cristiani fino a Manila, dove il gruppo arriva il 21 dicembre accolto dai gesuiti spagnoli e dai cattolici locali. Un gruppo di questi propone agli esuli di chiedere il sostegno della Spagna per rovesciare il governo giapponese, ma Giusto rifiuta. Morirà 40 giorni dopo il suo arrivo nelle Filippine, il 4 febbraio 1615: viene sepolto nel Paese con gli onori militari e il rito cattolico. Oggi una sua statua domina la Plaza Dilao (v. foto).

Non è la prima volta che la Chiesa giapponese cerca di ottenere la sua beatificazione. Il primo tentativo è del XVII secolo ad opera del clero di Manila: purtroppo, a causa della politica isolazionista dello shogunato Tokugawa - che impediva agli stranieri di entrare in Giappone - non si riuscirono a mettere insieme i documenti necessari all'indagine canonica. Il secondo risale al 1965, quando diversi errori di forma nella preparazione della causa ne decretarono la bocciatura.

Secondo p. Hiroaki Kawamura, che oggi guida la Commissione diocesana che ha inviato i testi a Roma, "all'epoca fallimmo perché non eravamo in grado di mettere insieme i pezzi e pubblicizzare al meglio la vita di Takayama. Ora abbiamo fatto tutto come si deve". Lo scorso ottobre mons. Leone Jun Ikenaga, arcivescovo di Osaka e presidente della Conferenza episcopale giapponese, ha consegnato a Benedetto XVI una lettera per chiedere l'approvazione della causa: il Vaticano ha risposto che "sarà presa in speciale considerazione".

Anche perché il domyo sarebbe il primo individuo singolo a ricevere gli onori degli altari nella storia del cattolicesimo giapponese: dal Sol Levante vengono infatti 42 santi e 393 beati, ma sono tutti martiri del periodo Edo (1603-1867) e sono tutti festeggiati in gruppo. Secondo p. Kawamura "Takayama non ha mai neanche pensato di barattare la sua fede con le ricchezze terrene e non si è mai fatto convincere a farlo. Ha vissuto la vita di un santo e continua con il suo esempio a incoraggiare tantissime persone, anche oggi".

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