02/03/2023, 11.43
LANTERNE ROSSE
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La Cina vuole la sua Chat Gpt, la nuova frontiera dell’intelligenza artificiale

Pechino vieta l’uso della chat sviluppata dalla compagnia Usa OpenAi, capace di far dialogare l’uomo con un sistema d’intelligenza artificiale. Baidu pronta a lanciare la sua versione; Alibaba sta sviluppando la propria. Il problema della censura e del controllo dell’opinione pubblica in Cina. Taiwan vuole offrire una propria alternativa “democratica” alle comunità di lingua cinese.

Pechino (AsiaNews) – La Cina vuole la sua versione di Chat Gpt, la chatbot basata sull’intelligenza artificiale generativa sviluppata dalla compagnia hi-tech Usa OpenAI. Rispondendo all’ordine delle autorità statali responsabili della censura, il motore cinese di ricerca internet Baidu lancerà a marzo il suo modello: Ernie Bot.

Una chatbot è una chat capace di generare risposte di tipo umano a domande complesse: permette di interagire con un sistema di intelligenza artificiale, soprattutto per l’elaborazione di testi.

Oltre a Baidu, anche l’altro gigante tecnologico cinese Alibaba sta elaborando la sua chatbot. Analisti osservano che il Partito comunista cinese vuole bloccare la diffusione nel Paese di strumenti di intelligenza artificiale che non possono essere controllati dalla censura e che sfuggono al regime statale di gestione dell’opinione pubblica. In sostanza, la leadership di Pechino teme che i contenuti di strumenti come Chat Gpt arrivino sui social media, diffondendo “disinformazione” e favorendo gli interessi di una potenza straniera (gli Stati Uniti).

Dopo l’immediato giro di vite del governo, Chat Gpt può essere usato in Cina solo eludendo il “Grande Firewall” che regola la censura internet interna. Secondo Nikkei Asia, le autorità hanno intimato a Tencent e ad Ant Group di non installare la chatbot Usa nelle loro piattaforme – la prima gestisce il noto sito di messaggistica WeChat; la seconda è il braccio finanziario di Alibaba.

Critici degli sforzi di Pechino sostengono che il focus sulla censura porterà allo sviluppo di uno strumento deformato, lontano dagli standard occidentali. Finora la Cina era considerata all’avanguardia sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale: il lancio di Chat Gpt ha cambiato lo scenario. Malgrado il colpo, secondo l’Australian Strategic Policy Institute gli istituti di ricerca cinesi sono ancora in vantaggio negli studi in 37 delle 44 tecnologie più avanzate al mondo.

Un problema per la chatbot cinese sarà quello del reclutamento di personale competente nel settore. Le compagnie di stanza in Cina starebbero cercando di riportare a casa i tecnici di origine cinese che lavorano per OpenAI e altre aziende tecnologiche all’estero. Molti di loro avevano lasciato il proprio Paese allettati da stipendi più alti.

In una sorta di guerra informativa anche Taiwan si è detta pronta a creare la propria chatbot: nell’ottica di Taipei dovrà offrire servizi che si contrappongano ai sistemi di intelligenza artificiale prodotti dalla Cina.

In poco più di due mesi dal lancio, Chat Gpt ha guadagnato 100 milioni di utenti nel mondo: dialoga in inglese, mentre i modelli di Pechino comunicheranno in cinese semplificato. L’obiettivo di Taiwan è di offrire alle comunità di lingua cinese una chatbot “democratica” alternativa a quella “censurata” della Cina.

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