30/06/2022, 08.50
RUSSIA-CINA
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La neutralità filorussa di Pechino

di Vladimir Rozanskij

I cinesi continuano a comprare petrolio russo a prezzi scontati, finanziando la guerra di Putin contro l’Ucraina. Ci sono dubbi però che la Cina sfiderà le sanzioni secondarie di Europa e Usa, i suoi principali partner commerciali. Esperta russa: da riunione Brics solo “retorica”.

Mosca (AsiaNews) – Dopo quattro mesi di guerra della Russia in Ucraina, la Cina ha superato la Germania come principale compratore di prodotti energetici dalle compagnie russe. A maggio Cina e India hanno acquistato 2,4 milioni di barili di petrolio grezzo al giorno, vale a dire la metà di tutte le esportazioni di greggio via mare dalla Russia. La vendita ai due colossi asiatici ha permesso a Mosca di compensare in parte i vuoti lasciati dall’Europa, che era fino a ieri il principale mercato di esportazione energetica della Russia.

In questo modo Pechino è diventato anche il principale sponsor economico della guerra russa, grazie al suo insaziabile appetito di petrolio russo a buon mercato. Ora il Cremlino si aspetta una ulteriore compensazione nella fornitura di chip avanzati e semiconduttori. La Cina ha infatti potuto diversificare le proprie riserve, e anche l’India ha guadagnato con la riesportazione di prodotti petroliferi raffinati, a partire dalla benzina e dal diesel. Finora gli amici asiatici di Mosca hanno evitato le sanzioni secondarie, anche se il presidente Usa Biden ha sanzionato nei giorni scorsi cinque ditte cinesi.

Il divieto della Ue all’acquisto di petrolio russo rimane infatti per ora soltanto parziale, ma entro la fine dell’anno si attendono ulteriori irrigidimenti delle misure. Nel recente incontro virtuale dei leader Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), Xi Jinping ha condannato le sanzioni occidentali, definite “armamenti” dell’economia mondiale, e il gruppo si è proposto come alternativa al G7 che si è riunito negli stessi giorni in Germania.

Al summit dei Paesi Brics, il presidente russo Putin ha annunciato con orgoglio che “verranno elaborati efficaci meccanismi alternativi per le operazioni finanziarie internazionali”, e quindi “si pone la questione della creazione di una riserva valutaria internazionale sulla base delle valute Brics”. Era questo, in effetti, il principale obiettivo russo nella “operazione speciale”.

Fino a che punto la Russia possa effettivamente contare sui mercati e sui partner “non occidentali”, a partire proprio dalla Cina e dall’India, è la grande questione da valutare nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Maria Šagina, collaboratrice dell’Istituto internazionale per le ricerche strategiche, spiega che si continua a sentire “che Russia e Cina hanno formato un’alleanza senza confini, e in effetti Xi ha più volte ribadito il sostegno alla cooperazione bilaterale con Mosca”.

L’esperta sottolinea però che le parole dei cinesi “spesso si distaccano molto dai fatti”. Lo si è visto già nel 2014 con l’annessione della Crimea, quando la Cina ha fatto grandi promesse, ma solo per guadagnare dall’isolamento della Russia. Lo stesso avviene ora con i prezzi ribassati del petrolio; tutt’altra cosa si verificherà con l’allargamento delle sanzioni secondarie.

L’embargo europeo al petrolio russo entrerà in vigore soltanto il 5 dicembre, e questi mesi sono quindi l’occasione per Pechino e Dehli di ottenere i massimi vantaggi; sarà difficile per la Cina conservare a lungo una posizione neutrale e allo stesso tempo di solidarietà con la Russia, che si attende ben altro sostegno dall’Asia, soprattutto nel campo finanziario e delle tecnologie. “Il settore privato cinese è estremamente guardingo e cerca di evitare ogni rischio”, conferma la Šagina, “e dipende molto dal dollaro Usa, per cui cercherà di tenersi il più possibile alla larga dalle compagnie russe sotto sanzioni”.

Nel 2014 la Export-Import Bank of China e la Banca cinese per lo sviluppo avevano partecipato al finanziamento di alcuni progetti russi, come quello con Novatek per la produzione di gas naturale. La collaborazione non si è sviluppata però in altri campi. Šagina spiega che quello dei Brics è stato in larga parte un “summit retorico”, come del resto in parte anche l’incontro del G7: i reali equilibri verranno dimostrati nel tempo.

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