27/05/2021, 11.57
HONG KONG-CINA
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Lee Cheuk-yan: Amare la patria è amare il popolo, non il Partito

di Lee Cheuk-yan

L’ex parlamentare democratico, sindacalista e fra i principali sostenitori della veglia in ricordo degli uccisi di Tiananmen, difende il suo “patriottismo”, a confronto con la ricerca di “patrioti” da parte del governo cinese, che esprimano anzitutto sudditanza verso il Partito comunista cinese. Lee Cheuk-yan è stato condannato per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata il 1° ottobre 2019, violando le regole anti-Covid. Il testo completo della sua parola davanti al giudice.

Hong Kong (AsiaNews) - Amare la patria è amare il popolo, non il Partito; “se amare la patria significasse amare il Partito, la vita sarebbe più facile”. Secondo Lee Cheuk-yan è questo il vero “patriottismo”, a confronto con la ricerca di “patrioti” da parte del governo cinese, che esprimano anzitutto sudditanza verso il Partito comunista cinese. Lee Cheuk-yan ha espresso queste idee lo scorso 24 maggio, in un appello per la mitigazione della sua condanna. Ex parlamentare del movimento democratico, sindacalista e fra i principali sostenitori della veglia in ricordo degli uccisi di Tiananmen, Lee è stato condannato per una manifestazione non autorizzata avvenuta il 1° ottobre 2019. A suo tempo, la manifestazione era stata proibita per “motivi sanitari” legati al Covid, ma la condanna di Lee rientra nel progetto varato con la legge sulla sicurezza nazionale di cancellare o ridurre al minimo l’influenza del movimento democratico. Insieme a Lee – che si è già riconosciuto colpevole – vi sono altre 9 personalità democratiche, fra cui il magnate Jimmy Lai e l’ex presidente del Partito democratico Albert Ho. Ecco la dichiarazione di Lee davanti al giudice Amanda Woodcock.

 

Vostro Onore,

comprendo che Lei dica che le condanne e le sentenze sono basate su considerazioni legali e non politiche. Eppure, vorrei che Vostro onore comprenda l’ideologia politica che sta dietro questo caso e la manifestazione pacifica del primo ottobre 2021.

Sono stato ammesso nella facoltà di ingegneria civile dell’università di Hong Kong nel 1975. Come molti studenti del tempo, ho subito l’influenza del movimento studentesco che sosteneva lo “imparare dalla Cina e avere cura della società”, per riflettere sulle mie responsabilità verso la società e il Paese. La domanda “Dove va la Cina?” ha ispirato la mia costante riflessione e rimane importante ancora oggi. Tutto ciò ha piantato il seme della mia responsabilità verso il futuro della Cina nei seguenti 40 anni.

Dopo la laurea, partecipando al movimento sindacale e a quello democratico, ho partecipato anche nella lotta per i diritti umani in Cina, perché ho sempre creduto che la risposta alla domanda “dove va la Cina?” risiede nelle riforme democratiche. Il movimento pro-democrazia del 1989 è stato un punto cruciale per la mia vita. [Sono passato dal] pieno sostegno al movimento cinese pro-democrazia di Hong Kong, alla partecipazione e lavoro prima e dopo la fondazione dell’Alleanza di Hong Kong [a sostegno dei movimenti democratici e patriottici della Cina], donando una parte delle donazioni ricevute dall’Alleanza agli studenti, ai lavoratori e agli intellettuali in piazza Tiananmen il 30 maggio 1989. La notte del 4 giugno, ho lasciato piazza Tiananamen, quando ho sentito che l’esercito stava arrivando per sparare e disperdere la folla. Per tutta la notte, dall’hotel ho sentito colpi di fucile. Ore prima dell’alba, ho visto i carri armati entrare nella piazza e tricicli in corsa vicino all’hotel sulla Chang’an Avenue, che trasportavano corpi [di uccisi] e persone ferite. Arrestato il 5 giugno, ho sperimentato i tre giorni più paurosi della mia vita. Grazie a un’operazione di salvataggio da opera di alcuni di Hong Kong, ho avuto la possibilità di ritornare a Hong Kong l’8 giugno.

Sono passato dai vertici delle speranze democratiche per la Cina, al fondo della disperazione. Credo che questo sia stato un sentimento comune fra molti cinesi e molti di Hong Kong, a quel tempo. Eppure non ci siamo dati per vinti. Ci siamo ripresi dal fondo e abbiamo continuato la nostra lotta per la democrazia e la libertà in Cina.

Da allora, ogni primo ottobre, alla Festa nazionale, potevamo solo emettere un lamento di disperazione, “Non c’è una Festa nazionale, c’è solo un dolore nazionale”. Il 1° ottobre 2019, siamo scesi nelle strade come sempre per domandare giustizia per il 4 giugno e per costruire la democrazia.

Vostro Onore, ho dato 40 anni della mia vita lavorando per le riforme democratiche in Cina. Il mio è un amore non corrisposto. Il mio patriottismo è segnato da tale gravità. Per citare uno scrittore che è stato sfregiato, Bai Hua, questo letterato una volta si è lamentato dicendo: “Tu ami la tua madrepatria, ma la madrepatria ama te?”. In questi giorni, l’essere “patrioti” è divenuto un tema molto caldo qui in città. Il governo cinese continua a esigere “patrioti che governino Hong Kong”, ma chi è il vero patriota? Se amare la nazione significa amare il partito, la vita sarebbe più facile. Basta seguire il Partito e la sua politica: “Mettila in atto se capisci; mettila in atto se non capisci; si comprende profondamente attraverso la messa in atto”. Se uno ascolta il Partito, tutto diventa facile.

Ma io ho scelto di vivere nella verità. Io insisto nel mio pensare e dunque sono. Il mio amore per la patria è il mio amore per il popolo. La funzione di una nazione è proteggere la libertà e la dignità del suo popolo, non controllarne i pensieri e i comportamenti.

Vostro Onore, questa è la strada della democrazia che io ho scelto. Questa è la mia intenzione originaria e il mio impegno che stanno dietro ai molti anni che io ho dedicato alle manifestazioni nelle strade. 

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