15/09/2015, 00.00
ISRAELE
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L'incendio alla chiesa di Tabgha “non è terrorismo”: Israele nega il risarcimento

Per l’autorità fiscale israeliana il rogo per mani di estremisti ebraici non rientra nei casi di violenze “a sfondo confessionale”. Secondo la legge sono da risarcire solo i danni provocati “dal conflitto arabo-israeliano”. I vertici della Chiesa di Terra Santa lanciano un appello al presidente per ottenere giustizia.

Gerusalemme (AsiaNews) - Il rogo del giugno scorso alla chiesa della moltiplicazione dei pani e dei pesci, a Tabgha, sul Mare di Galilea, non rientra nei casi di “violenze a sfondo confessionale” e per questo non saranno rimborsati i danni causati alla struttura. È quanto hanno stabilito, con una decisione a sorpresa diffusa nei giorni scorsi, i vertici degli uffici amministrativi dell’autorità fiscale israeliana che hanno rispedito al mittente l’appello presentato dalla Chiesa cattolica. L’attacco al santuario per mano di estremisti ebraici (fra questi vi sarebbe anche Meir Ettinger, sospettato di essere coinvolto nell’attentato al villaggio di Douma) non sarebbe riconducibile ad un attentato terroristico, perchè secondo i canoni delle autorità, non rientra nei casi di danni provocati dal “conflitto arabo-israeliano”. 

Sui muri del luogo di culto cristiano erano anche apparse scritte in ebraico antico, che esortano a cacciare da Israele quanti venerano gli dei pagani. Si tratterebbe di frasi estrapolate da una preghiera che gli ebrei praticanti recitano tre volte al giorno e che chiede a Dio l’annientamento di idoli e pagani. Il sito di Tabgha era già stato oggetto di un attacco nell’aprile del 2014, alla vigilia del viaggio apostolico di papa Francesco in Terra Santa.

Secondo la legge israeliana, il governo è tenuto a risarcire le vittime degli attacchi terroristi e per danni alle proprietà derivanti dalla guerra. All’indomani dell’attacco alla chiesa di Tabgha, sia il premier israeliano Benjamin Netanyahu che il ministro della Difesa Moshe Ya’alon avevano parlato di “atto di terrorismo”. 

Nei giorni scorsi gli uffici amministrativi incaricati di stanziare i fondi destinati ai risarcimenti hanno rifiutato la richiesta di risarcimento presentata dai cattolici. I responsabili sostengono infatti che non vi sarebbe matrice terrorista dietro l’assalto, il rogo e le scritte ingiuriose apparse sui muri. 

In una lettera indirizzata ai vertici della Chiesa in Terra Santa Amir Cohen, alto funzionario dell’autorità fiscale di Israele, dichiara: “Non sono convinto che all’origine del danno vi sia un ‘atto di violenza’ come definito nella normativa fiscale sulla proprietà”, ovvero un “gesto […] che trae origine dal conflitto arabo-israeliano”. 

In queste ore la Chiesa di Terra Santa ha lanciato un appello al presidente israeliano Reuven Rivlin - che ha visitato la chiesa della moltiplicazione prima di incontrare papa Francesco in Vaticano - per chiedere giustizia. Il capo di Stato ha assicurato il proprio intervento a tutela dei diritti dei cristiani. 

Ad opera di estremisti ebrei o coloni, nel recente passato sono stati colpiti diversi obbiettivi, fra cui la chiesa vicino al Cenacolo, la basilica di Nazareth, altri luoghi di culto cattolici e greco-ortodossi. Nel mirino vi sono anche moschee e luoghi di culto musulmani - secondo la logica del cosiddetto “price tag”. Il “prezzo da pagare” è un motto utilizzato dagli estremisti israeliani, che minacciano cristiani e musulmani per aver “sottratto loro la terra”. Un tempo il fenomeno era diffuso solo nelle aree al confine con la Cisgiordania e a Gerusalemme, ma oggi si è esteso in gran parte del territorio.

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