21/05/2009, 00.00
TAIWAN - CINA
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Ma Ying-jeou: Niente pace finché Pechino non toglie i missili contro Taiwan

Nel primo anniversario della sua elezione, il presidente taiwanese reputa non attuale qualsiasi discorso di pace e si concentra sulla cooperazione economica. La sua politica è molto criticata da chi teme una dipendenza economica di fatto dalla Cina.

Taipei (AsiaNews/Agenzie) – Non ci sarà un accordo di pace tra Taiwan e la Cina finché Pechino “non toglierà o smantellerà gli oltre 1.000 missili puntati sull’isola”. Il presidente taiwanese Ma Ying-jeou ieri, in occasione dell’anniversario della sua elezione nel 2008, ha chiarito che per ora e nei prossimi anni ritiene più importante incrementare la cooperazione economica e in altri settori come quello giudiziario.

Ma ha detto che non esclude “di poter affrontare tale questione [della pace] se sarò rieletto [nel 2012]”, ma che non la ritiene urgente “ora che le tensioni attraverso lo Stretto [di Taiwan] sono diminuite”. Ritiene che tale questione sarà piuttosto risolta dalle prossime generazioni. Ha aggiunto che intende ora dedicarsi alle questioni economiche, anche per la grave crisi che colpisce Taiwan, e ha sottolineato come sia migliorata la situazione “in un anno” con la sua presidenza.

Ma ha riallacciato rapporti diretti con Pechino in settori economici e commerciali, dopo che ogni relazione era stata interrotta con il suo predecessore, l’ultranazionalista democratico Chen Shuibian. Oltre 87mila turisti cinesi sono stati a Taiwan dal luglio 2008.

Tuttavia l’opposizione del Partito democratico progressista lo accusa di svendere l’indipendenza dell’isola per qualche vantaggio economico e lo scorso 17 maggio decine di migliaia di persone sono scese in piazza contestando la sua politica. Le indagini d’opinione mostrano che la popolarità di Ma è in continuo calo, con meno del 30% di consensi rispetto al 58% dei voti che ha avuto nelle elezioni.

Analisti ritengono che egli potrebbe però riconquistare popolarità se favorirà una ripresa economica: in questo senso è vista la sua volontà a consentire alle ditte cinesi di investire nelle industrie e nei servizi in Taiwan. La settimana scorsa il premier taiwanese Liu Chaoshiun ha dichiarato al Financial Times che, nonostante il favore verso il settore privato, il governo intende procedere con cautela, anche a causa delle forti opposizioni politiche.

Nel 2008 l’economia taiwanese è cresciuto solo dello 0,12%, ha avuto una diminuzione dell’8,3% nel quarto trimestre 2008; per il 2009 si prevede una contrazione del 2,97%, ben lontana dalla crescita del 6% promessa da Ma durante la campagna elettorale. Nei primi 4 mesi del 2009 l’export è diminuito del 36% rispetto allo stesso periodo del 2008 e la disoccupazione ha superato il 5% ed è in aumento, rispetto al 3% promesso durante le elezioni. La borsa di Taipei ha perso il 30% dall’elezione di Ma, anche se questo mese è in ripresa.

Esperti osservano che uno sviluppo economico troppo collegato alla Cina “potrebbe costringere a dovere soggiacere alla Cina, se un giorno ritirasse le sue risorse economiche”. La politica di Ma è invece vista con favore dagli Stati Uniti, perché diminuisce le tensioni nello Stretto.

Secondo un rapporto del Dipartimento Usa per la Difesa, pubblicato in marzo, lo scorso settembre Pechino ha portato a 1.150 i missili puntati sull’isola, rispetto ai 790 del 2005.

 

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