04/11/2021, 11.41
SIRIA
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Maristi di Aleppo: la ‘bomba della povertà’ peggio della guerra

L’80% dei siriani vive sotto la soglia di povertà e il 60% sperimenta condizioni di insicurezza alimentare. Gli ordigni “più sopportabili della povertà attuale”. Nabil Antaki: migliaia di giovani hanno lasciato il Paese e quanti tornano vedono solo “volti tristi”. Le molte iniziative di solidarietà dell’ente cristiano. 

Aleppo (AsiaNews) - In Siria è esplosa “la bomba della povertà”: almeno l’80% della popolazione vive “al di sotto della soglia di povertà” e circa il 60% sperimenta condizioni di “insicurezza alimentare”. È quanto scrive il dottor Nabil Antaki, dei Maristi blu, nella 42ma Lettera da Aleppo diffusa in questi giorni a oltre 10 anni dall’inizio della guerra in Siria, nazione “amata e martoriata” come ricordato a più riprese dallo stesso papa Francesco. A dispetto delle sofferenze patite nel periodo più buio e violento del conflitto, prosegue l’attivista e medico cristiano, gli abitanti di quella che un tempo era la capitale economica e commerciale del Paese “ripetono in coro: vivevamo meglio negli anni della guerra” e le bombe erano “più sopportabili della povertà” attuale.

La guerra ha distrutto il Paese, le sue infrastrutture, il patrimonio archeologico, scuole, fabbriche e ospedali, ucciso 400mila persone, causato cinque milioni di rifugiati e otto milioni di sfollati interni, spingendone un milione sulle rotte migratorie verso l’Europa e l’Occidente. “Ora che i combattimenti da due anni sono quasi finiti e la situazione militare congelata - scrive Antaki - è la condizione economica a essere catastrofica”. I prezzi dei beni essenziali sono aumentanti, come gli affitti e il costo della vita. Pane, zucchero, riso sono “razionati”, mentre gli stipendi “non sono stati adeguati” provocando “maggiore povertà” e le famiglie “contano sugli aiuti” per sopravvivere. 

Gli abitanti di Aleppo ricordano bene il periodo più buio del conflitto, le bombole di gas piene di esplosivo lanciate dai ribelli dal settore orientale, con molte vittime civili. E il freddo per la mancanza di gasolio, le serate al buio per l’assenza di corrente, il blocco dell’acqua e le attese davanti ai pozzi, l’isolamento della città. La situazione attuale, sottolinea il medico cristiano, è il “risultato di diverse cause” fra le quali “la distruzione delle infrastrutture, la crisi finanziaria in Libano dove molti siriani hanno perso il loro capitale e le sanzioni inique imposte dall’Europa e dagli Stati Uniti”. A questo si aggiunge la pandemia di Covid-19, con i morti e le misure preventive “che hanno rallentato un’attività economica già moribonda”. 

Oggi molti siriani dicono di rimpiangere la decisione di essere rimasti in patria quando era possibile migrare e sognano di stabilirsi altrove. Solo ad agosto, prosegue, “17mila giovani di Aleppo hanno lasciato il Paese” per fuggire all’estero, soprattutto in Egitto. Questo porta alla mancanza di manodopera qualificata, tanto che le piccole imprese corrono il rischio di non aprire più. Altre nazioni “approfittano dei nostri medici, ingegneri, artigiani”; alla domanda su come trovano Aleppo, chi ritorna risponde: “Abbiamo visto volti tristi!“. Difatti “le persone sono tristi, le loro facce lo sono, anche la loro mente e il loro cuore ancora di più. E come può essere altrimenti - afferma Antaki - vivendo da 10 anni fra bombe militari e la bomba della povertà”. 

In questa situazione drammatica, i Maristi blu proseguono con le loro attività di caritativa a beneficio delle fasce più deboli. Dal progetto “pane condiviso”, che porta 12 signore a cucinare un piatto caldo quotidiano (con frutta e pane) ogni giorno, che poi i 25 volontari distribuiscono con il sorriso e l’ascolto a oltre 200 anziani soli e senza famiglia. Ha preso il via la terza parte del programma di formazione professionale, cui si uniscono micro-progetti di piccola impresa e le iniziative per favorire la scolarizzazione dei più piccoli: “Impariamo a crescere” e “Voglio imparare” per bambini dai tre ai sei anni di famiglie indigenti. “Siamo consapevoli - conclude - che quello che facciamo è una goccia nell’oceano dei bisogni […] ma cerchiamo di rendere i volti dei nostri connazionali un po’ meno tristi, anche se non è facile!”. 

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