13/08/2010, 00.00
INDIA
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Missionaria della Carità: Come Madre Teresa amiamo Cristo nei Suoi poveri

di Nirmala Carvalho
Suor Anita Rose MC, che opera nell’Uttar Pradesh, racconta ad AsiaNews la sua vocazione e la sua missione per i più poveri fra i poveri. Ricordando Madre Teresa a 100 anni dalla nascita della Beata: “Lei vuole che tutte le sue figlie aspirino alla santità”.
Kanpur (AsiaNews) – In occasione del primo centenario della nascita di Madre Teresa di Calcutta, che si festeggerà il prossimo 26 agosto, AsiaNews continua a raccogliere testimonianze sulla vita della Beata e sulla sua testimonianza di amore e carità per i più poveri fra i poveri.
 
Suor Anita Rose ha 49 anni, ed è entrata nelle Missionarie della Carità nel 1990. Ha vissuto con Madre Teresa per due anni, e questa vicinanza le ha ispirato una “chiamata nella chiamata”, quella ad amare il prossimo senza riserve. Al momento lavora nella casa per i bambini di Shishu Bhawan a Kanpur, in Uttar Pradesh.
 
Come è strutturata la vostra giornata?
 
Ci alziamo alle 4 e 30 del mattino, e alle 5 ci troviamo in cappella per la meditazione e la messa. Subito dopo facciamo colazione e sbrighiamo le faccende domestiche, compresa la pulizia dei nostri vestiti. Alle 8 usciamo di casa e iniziamo il nostro apostolato.
 
Ma come fa ad essere così felice, nonostante un programma quotidiano estenuante?
 
Il mio Sposo, Gesù Cristo, mi ama. E questo mi dà la forza e la grazia per amarlo attraverso i poveri. Madre Teresa diceva sempre: “Desidero e voglio essere santa, tramite le benedizioni di Dio”. Noi, sue figlie, manteniamo lo spirito dell’ordine: la chiamata alla santità attraverso il servizio per i più poveri fra i poveri.
 
Che lavoro svolgono le Missionarie della Carità nell’Uttar Pradesh?
 
Qui abbiamo 20 case. Prima di arrivare a Kanpur ero a Lucknow. Lo Shishu Banwan è un centro di adozione: al momento ospitiamo 26 bambini in attesa di nuovi genitori. Abbiamo classi di cucito per le ragazze e per le giovani donne, e un dispensario mobile con cui aiutare gli abitanti dei villaggi dell’interno.
 
E questi come vivono?
 
Sono molto poveri e aspettano ogni volta con ansia il nostro arrivo. Cercano non soltanto le medicine e gli aiuti che possiamo dare, ma desiderano anche quello che noi portiamo a un livello più profondo: la speranza e la dignità per ogni persona umana. Noi non siamo predicatrici, ma con le nostre vite e la nostra testimonianza comprendiamo la loro dignità e condividiamo i loro sentimenti. Li consoliamo, e ovviamente ci prendiamo cura delle loro malattie. A quelli più poveri diamo cibo e vestiti; cerchiamo anche di aiutare i loro figli mandandoli a scuola e dando loro libri, divise ecc. Loro non se lo possono permettere: sono lavoratori di giornata, molto poveri.
 
Come è giunta alla sua vocazione?
 
Neanche nei miei sogni più arditi avrei mai pensato di poter diventare Missionaria della Carità. Ma ognuno di noi ha una sua chiamata, nel corso della vita, e io sono stata chiamata ad amare Dio e a fare qualcosa per l’umanità. È stata una chiamata all’interno della chiamata, un richiamo interiore molto profondo ad amare attraverso l’opera per i Suoi poveri. E anche se all’inizio i miei genitori erano riluttanti a mandarmi, Dio lo ha reso possibile.
 
Lei ha vissuto con la Beata Teresa a Calcutta dal 1993 al 1995. Come era la Madre?
 
Prima di unirmi alla congregazione, avevo sentito dire che la Madre era una Santa vivente. E, dopo aver vissuto con lei per due anni, mi sono resa conto che era proprio così. La sua semplicità, umiltà, la sua fede nella divina Provvidenza la caratterizzavano, così come la sua concentrazione su Dio. La Madre aveva promesso di dare dei santi alla Chiesa: voleva che tutte le sue figlie divenissero sante, nonostante la nostra pochezza e i fallimenti umani. Cerchiamo tutti i giorni di accontentare il nostro Sposo e renderLo felice. Ma questa non è una missione a senso unico: Lui ci ama intensamente, e io posso sentire dentro di me il Suo amore.
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