23/12/2022, 12.03
TURCHIA
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Nel 2022 oltre 85mila piccole imprese e attività commerciali turche hanno chiuso

I dati ufficiali della Confederazione dei commercianti e degli artigiani turchi (Tesk) confermano la crisi. Lo scorso anno avevano abbassato le saracinesche circa 81mila attività. Un crollo iniziato con la pandemia di Covid, destinato a continuare. A gravare l’aumento dell’inflazione arrivata all’85%, con conseguenze sul costo degli affitti (+70%). Erdogan alza il salario minimo per il 2023. 

Istanbul (AsiaNews) - Nei primi 11 mesi dell’anno almeno 85.785 artigiani e negozianti hanno cessato l’attività, come emerge dalle statistiche ufficiali della Confederazione dei commercianti e degli artigiani turchi (Tesk), che confermano la situazione di crisi attraversata dal Paese. Solo nel mese di novembre hanno chiuso 8.951 imprese. Numeri in continua crescita come emerge da un confronto con il 2021, che già aveva fatto suonare più di un campanello di allarme quando ad abbassare le saracinesche erano state 81.159 attività. 

Commentando i dati Bekir Başevirgen, esponente del principale partito di opposizione (Chp, repubblicano), ha parlato di un “aumento del 20%” delle persone che hanno chiuso. “La devastazione - aggiunge - che i commercianti hanno iniziato a sperimentare con lo scoppio della pandemia [di Covid-19] continua” e non si intravedono segnali che facciano presagire nel futuro prossimo una inversione di tendenza. 

Fra i fattori di criticità, il parlamentare punta il dito contro l’elevata inflazione che grava sulle piccole imprese. “Da dicembre, i negozianti - avverte - hanno dovuto fronteggiare un aumento del costo degli affitti del 70%, poiché a differenza degli alloggi [il governo] non ha posto un tetto agli aumenti delle locazioni dei luoghi di lavoro”. “Artigiani e commercianti - conclude - non sono in grado di guadagnare importi sufficienti” e si vedono costretti a usare il denaro incassato quasi esclusivamente “per il pagamento degli affitti”. 

Intanto il presidente Recep Tayyip Erdogan, nel tentativo di placare il malcontento diffuso per le difficoltà economiche e mantenere il consenso in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno, ha annunciato un aumento del 55% del salario minimo per il 2023. La base dei compensi sarà fissata a una quota di poco superiore alle 8,500 lire (circa 460 euro), con una crescita del 55% rispetto a luglio e del 100% se rapportato a gennaio 2022. 

Su base annua l’inflazione è salita oltre quota 85% nei mesi scorsi, ma nell’ultimo periodo sembra aver invertito la rotta attenuandosi, seppure di poco. Erdogan spiega di aver preso la decisione dietro iniziativa governativa, visto che sindacati e datori di lavoro e imprese non riuscivano a trovare un accordo. Questi ultimi non hanno poi nascosto i timori di un aumento ulteriore del costo del lavoro che andrà di pari passo con la crescita del salario minimo, finendo per incidere sulla produttività.

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