24/04/2015, 00.00
PAKISTAN
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Pakistan: l’uccisione di Lo Porto e Weinstein è “un fallimento dell’intelligence”

di Silent Thinker
Lo afferma ad AsiaNews un cristiano, brigadiere dell’esercito pakistano in pensione. Ieri l’annuncio della morte del cooperante italiano e del medico statunitense, uccisi per errore in un raid Usa. La Human Rights Commission of Pakistan (Hrcp): “Condanniamo ogni bombardamento, perché nulla è certo sulle vittime, e persone innocenti possono diventare bersagli”.

Islamabad (AsiaNews) – “Nello scambio di informazioni avvenuto prima del raid, l’esercito pakistano avrebbe dovuto fermare gli americani. Quanto accaduto è chiaramente un fallimento dell’intelligence e un errore della leadership Usa”. Lo afferma ad AsiaNews il brigadiere Samson Simon Sharaf, cristiano e ufficiale in pensione dell’esercito pakistano, in merito alla morte del cooperante italiano Giovanni Lo Porto (nella foto a destra) e del medico statunitense Warren Weinstein in un raid Usa.

La Casa bianca ieri ha confermato la morte dei due cittadini stranieri, uccisi per errore in un raid da droni Usa lo scorso gennaio. I due erano stati rapiti nel 2012 da al-Qaeda nella regione tra Pakistan e Afghanistan. I leader pakistani hanno condannato l’attacco.

Sempre ieri il presidente Obama ha offerto le sue condoglianze alle famiglie di Weinstein e di Lo Porto. Insieme a loro è morto anche Ahmed Farouq, cittadino americano tra i leader di al-Qaeda.

I.A. Rehman, segretario generale della Human Rights Commission of Pakistan (Hrcp), ha dichiarato: “È una vicenda terribile. Siamo terribilmente addolorati per l’uccisione di due cittadini stranieri che erano stati sequestrati in una regione vulnerabile. Purtroppo simili incidenti accadono spesso, non c’è alcuna garanzia che non capiterà di nuovo. Abbiamo dato troppe cose per scontate. L’Hrcp condanna ogni bombardamento, perché nulla è certo sulle vittime, e persone innocenti possono diventare bersagli”.

Secondo il rapporto annuale della Hrcp, intitolato State of Human Rights in Pakistan 2014, gli attacchi di droni hanno ucciso almeno 114 persone in Pakistan lo scorso anno. Poiché giornalisti e attivisti per i diritti umani non possono accedere ad alcune zone della regione Federally Administered Tribal Area (Fata), è stato difficile determinare quante vittime dei raid fossero militanti e quante fossero civili.

Come partner riluttante nella guerra al terrore degli Stati Uniti, da tempo il Pakistan ha esortato Obama a porre fine ai raid di droni, dal momento che l’esercito nazionale sta combattendo contro i talebani (Tehreek-e-Taliban) e altri gruppi militanti nel North Waziristan, in un’offensiva iniziata lo scorso giugno. L’irrequieta regione settentrionale è governata dal Pakistan Tehreek-e-Insaf, il Movimento pakistano per la giustizia (Pti), che da tempo ripete che gli attacchi dei droni stanno fomentando l’estremismo nel Paese.

Il partito islamico Jamiat Ulema-e-Islam (Jui) ha definito il raid una violazione dei diritti umani. La formazione ha fatto parte della jirga (assemblea tradizionale che prende decisioni in base ai precetti dell’islam) di pace  quando il governo aveva cercato di intraprendere colloqui di pace con i talebani, prima dell’offensiva militare.

Muhammad Asim Makhdoom, segretario all’Informazione del partito, ha detto: “Lo Stato americano, non i rapitori, è responsabile per questa tragedia. Le famiglie dei mughawi [rapiti] dovrebbero chiedere una condanna per il creatore del programma dei droni”.

“Il tasso di danni collaterali provocati dai droni – ha aggiunto – è del 99 per cento. L’attuale instabilità in Pakistan è causata dall’intelligence straniera. Le popolazioni tribali che vivono nelle aree al confine sono pronte a perdonare le morti causate dai raid, se il programma si fermerà oggi”.

“Ci sono attentati suicidi nelle maggiori città del Paese. Quindi le nostre metropoli saranno i prossimi obiettivi?”.

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