14/01/2017, 13.20
VATICANO - PALESTINA - ISRAELE
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Papa Francesco incontra Abu Mazen. Inaugurata l’Ambasciata palestinese presso la Santa Sede

Durato oltre 20 minuti, l'incontro si è svolto un un clima cordiale e disteso. Per Abbas il pontefice “ama il popolo palestinese e ama la pace”. Egli auspica che altre nazioni, come la Santa Sede, riconoscano la Palestina come “Stato indipendente”. La preoccupazione per i Luoghi Santi. Domani a Parigi la conferenza di pace sul Medio oriente. Abbas critica Trump per le sue dichiarazioni su Gerusalemme. 

 

Città del Vaticano (AsiaNews) - Papa Francesco “ama il popolo palestinese e ama la pace”. Così il presidente palestinese Abu Mazen ha salutato il pontefice, al termine dell’udienza privata che si è tenuta questa mattina in Vaticano. Un incontro iniziato alle 10.12 e che è durato poco più di 20 minuti in un clima cordiale e disteso, come riportano alcune fonti. “La Santa Sede - ha sottolineato Mahmoud Abbas nell’incontro con la stampa - ha riconosciuto la Palestina come Stato indipendente e spero che altri Paesi seguano l’esempio del Vaticano, riconoscendo lo Stato palestinese”.

A conferma del clima di cordialità l’abbraccio di papa Francesco ad Abu Mazen e il caloroso saluto iniziale: “È un piacere riceverla” ha detto il pontefice. Pronta la risposta del leader palestinese: “Anche io sono contento di essere qui”. Ad accompagnare Abbas una delegazione di circa 15 persone, fra cui un uomo che ha regalato al papa una maglia da calcio con i colori della Palestina e ha detto di essere sposato con una donna argentina. 

Al momento dei saluti finali, Abu Mazen ha donato al Pontefice una pietra proveniente dal Golgota, una icona raffigurante il volto di Gesù, una icona raffigurante la Sacra famiglia, un documentario sulla ristrutturazione della basilica della Natività e un libro sulle relazioni tra Santa Sede e Palestina.  Papa Francesco ha ricambiato con la medaglia dell’anno giubilare, insieme a copie in arabo della “Amoris laetitia” e della “Laudato sii”.

Concluso l’incontro, che si inserisce nel solco dell’Accordo globale tra Santa Sede e Stato di Palestina del giugno 2015, Abbas si è trasferito in via di Porta Angelica, a due passi dal colonnato di San Pietro, dove ha inaugurato l’ambasciata palestinese presso la Santa Sede. 

Nei giorni scorsi, in occasione del discorso al corpo diplomatico, papa Francesco aveva rinnovato l’appello della Santa Sede “affinché riprenda il dialogo fra Israeliani e Palestinesi perché si giunga ad una soluzione stabile e duratura”. Una soluzione, ha aggiunto il pontefice, che “garantisca la pacifica coesistenza di due Stati all’interno di confini internazionalmente riconosciuti”. Per il papa, intervenuto diverse volte sulla questione israelo-palestinese, “nessun conflitto può diventare un’abitudine dalla quale sembra quasi che non ci si riesca a separare”. “Israeliani e palestinesi - ha aggiunto - hanno bisogno di pace. Tutto il Medio Oriente ha urgente bisogno di pace!”. 

Nel comunicato della Sala stampa vaticana, si afferma anche che nell'incontro "non si è mancato di ricordare l’importanza della salvaguardia del carattere sacro dei Luoghi Santi per i credenti di tutti e tre le religioni abramitiche. Particolare attenzione è stata infine dedicata agli altri conflitti che affliggono la Regione".

Sulla questione relativa allo status di Gerusalemme si è rinnovato in questi giorni lo scontro fra Israele e Palestina. Ad aumentare la tensione, l’annuncio del presidente Usa Donald Trump - che entrerà in carica il prossimo 20 gennaio - il quale intende trasferire l’ambasciata statunitense da Tel Aviv alla città Santa. 

Israele rivendica il controllo dell’intera Gerusalemme, inclusa la parte Est, come sua capitale de facto “completa e unita” dello Stato. Di contro, i palestinesi nella prospettiva dei due Stati rivendicano il controllo di una parte della città [al-Quds, la “Santa”] come capitale del futuro Stato arabo di Palestina.

In questo contesto, la maggior parte dei Paesi membri delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali non riconoscono l’annessione di Gerusalemme Est e non considerano Gerusalemme la capitale dello Stato. Inoltre, la gran parte delle ambasciate straniere sorgono nella città costiera di Tel Aviv. 

Ieri il presidente palestinese Abu Mazen, alla vigilia del viaggio in Europa che lo ha portato oggi a Roma a incontrare il papa e domani a Parigi, per la conferenza di pace internazionale sul Medio oriente, è intervenuto sulla questione dell’ambasciata Usa. Se il presidente Trump sposterà la rappresentanza diplomatica in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme, i palestinesi potrebbero fare “marcia indietro sul riconoscimento” di Israele. 

“Ho scritto una lettera al presidente (eletto) Trump - ha sottolineato Mahmoud Abbas in un’intervista a Le Figaro - chiedendogli di non farlo. Questa mossa non solo priverebbe gli Stati Uniti di tutta la legittimazione nel tentativo di ricoprire un ruolo nella risoluzione del conflitto, ma distruggerebbe anche la soluzione dei due Stati”. 

La mossa annunciata a sorpresa da Trump, che si dice pronto a trasferire l’ambasciata Usa in Israele a Gerusalemme, è considerata un vero e proprio affronto per la leadership palestinese, che la considera una mossa “unilaterale e distruttiva”. Di contro, essa trova ampio consenso in seno al governo israeliano, il quale di recente ha pure rafforzato la politica di espansione nei territori palestinesi. 

Il presidente palestinese Abu Mazen avverte che in caso di trasferimento della rappresentanza diplomatica si apriranno “diverse opzioni” in risposta, che verranno “discusse con le altre nazioni arabe”. Fra queste vi è anche la minaccia di cancellare il riconoscimento dello Stato di Israele, uno dei pochi punti ancora in vigore dell’accordo di Oslo del 1993. Tuttavia, ha concluso il leader palestinese, “spero di non arrivare a questo punto” e l’incontro di domani a Parigi “potrebbe essere l’ultima occasione per mettere in pratica” la soluzione dei due Stati. 

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