24/08/2022, 11.46
VATICANO
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Papa: la guerra è una pazzia che ha lasciato orfani tanti bambini ucraini e russi

Nuovo accorato appello di Francesco all'udienza generale nel giorno in cui cadono i sei mesi dall'inizio del conflitto. Un pensiero anche per Darya Dugina, morta nell'attentato a Mosca, e per le vittime delle altre guerre tra cui i Rohingya “che girano il mondo per l’ingiustizia di essere cacciati via dalla loro terra”. Concludendo il ciclo di catechesi sulla vecchiaia ha parlato della gestazione verso "il nostro destino che è risorgere".

Città del Vaticano (AsiaNews) - A sei mesi dall’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, papa Francesco ha lanciato un nuovo accorato alla pace. “Rinnovo l’invito a implorare dal Signore la pace per l’amato popolo ucraino che, da sei mesi patisce l’orrore della guerra - ha detto il santo padre al termine dell’udienza generale di questa mattina in aula Paolo VI in Vaticano -. Auspico che si intraprendano passi concreti per mettere fine alla guerra e scongiurare il disastro nucleare a Zaporizhzhia”. Il pensiero del pontefice è andato poi ai prigionieri, ai bambini, ai morti, ai rifugiati, ai feriti. “Tanti bambini ucraini e bambini russi sono diventati orfani: non importa la nazionalità, hanno perso il papà o la mamma, siano russi o ucraini”, ha sottolineato Francesco, che ha definito ancora una volta la guerra come “una pazzia da tutte le parti”.

“Non c’è nessuno che in guerra non possa dire no, io non sono pazzo - ha spiegato -. Penso alla povera ragazza volata in aria per una bomba, che era sotto il sedile di una macchina a Mosca”, ha aggiunto facendo riferimento a Darya Dugina, uccisa da un ordigno, fatto esplodere nella macchia di suo padre,  Alexander Dugin, ideologo vicino a Putin. “Gli innocenti pagano la guerra e coloro che guadagnano con la guerra, con il commercio delle armi, sono dei delinquenti che ammazzano l’umanità”, ha denunciato il pontefice.

Francesco ha voluto poi ricordare anche altri Paesi che sono in guerra da tempo: la Siria, lo Yemen, il popolo dei Rohingya, “che girano il mondo per l’ingiustizia di essere cacciati via dalla loro terra”. “Oggi in modo speciale pensiamo ai sei mesi dall’inizio della guerra, pensiamo all’Ucraina e alla Russia - ha ribadito il papa -. Ho consacrato ambedue i Paesi al cuore immacolato di Maria: che Lei, madre, veda questi Pue paesi e ci porti la pace. Abbiamo bisogno di pace”.

Nell’udienza di oggi nell’Aula Paolo VI, papa Francesco ha concluso il lungo ciclo di catechesi sulla Vecchiaia, soffermandosi sul tema: “Le doglie della creazione. La storia della creatura come mistero di gestazione”. “Abbiamo da poco celebrato l’Assunzione in cielo della Madre di Gesù - ha detto il pontefice -. Questo mistero illumina il compimento della grazia che ha plasmato il destino di Maria, e illumina anche la nostra destinazione: il Cielo”. Mentre l’iconografia occidentale rappresenta la Vergine Assunta come elevata verso l’alto avvolta di luce gloriosa, in oriente è raffigurata distesa, dormiente, circondata dagli Apostoli in preghiera. Francesco ha voluto riflettere sul rapporto di questa singolare “assunzione” con la morte e con la risurrezione del Figlio, “che apre la via della generazione alla vita per tutti noi”. Nell’atto divino del ricongiungimento di Maria con Cristo Risorto, infatti, è anticipata l’assunzione corporale della vita di Dio. Il santo padre ha spiegato che viene anticipato così il destino della risurrezione che riguarda tutti noi: Cristo è risorto per primo “perché potesse essere chiaro anche il nostro destino, che è risorgere”.

“Potremmo dire, seguendo la parola di Gesù a Nicodemo, che è un po’ come una seconda nascita - ha continuato il pontefice -. Se la prima è stata una nascita sulla terra, questa seconda è la nascita al cielo”. L’Apostolo Paolo in Rm 8,22 parla, infatti, delle doglie del parto, che porteranno l’uomo a nascere nel Regno di Dio, rimanendo lo stesso, come era su questa terra. Anche Gesù risorgendo, infatti, non perde la sua umanità, il suo vissuto, e neppure la sua corporeità, “perché senza di essa non sarebbe più Lui”, come testimoniato dai discepoli di Emmaus. “Noi non possiamo immaginare questa trasfigurazione della nostra corporeità mortale, ma siamo certi che essa manterrà riconoscibili i nostri volti e ci consentirà di rimanere umani nel cielo di Dio - ha detto il pontefice -. Ci consentirà di partecipare, con sublime emozione, all’infinita e felice esuberanza dell’atto creatore di Dio”.

Francesco ha esortato a prendere sul serio le parole evangeliche sul Regno, descritto da Gesù come un pranzo di nozze, come una festa con gli amici. Nella vecchiaia bisognerà allora imparare l’importanza dei piccoli gesti e dettagli della vita quotidiana, come una carezza, un sorriso, un’allegria improvvisa. “Questa sapienza della vecchiaia è il luogo della nostra gestazione, che illumina la vita dei bambini, dei giovani, degli adulti, dell’intera comunità - ha concluso il papa -. Noi vecchi dovremmo essere questo: luce per il mondo”. Il pontefice ha affermato che il meglio della vita è ancora tutto da vedere: “Speriamo questa pienezza di vita, quando il Signore ci chiamerà. Passare quella porta dà un po’ di paura, ma c’è la mano del Signore che sempre ti porta. Lui ci sta aspettando, soltanto un passaggio e poi la festa”.

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