03/07/2022, 13.08
VATICANO
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Papa: la missione non è per battitori liberi, vive di fraternità

All'Angelus e nella Messa con la comunità della Repubblica democratica del Congo - dove oggi avrebbe dovuto essere in viaggio - Francesco si è soffermato sull'equipaggiamento, sul messaggio e sullo stile del missionario. Nuovo appello per la pace in Ucraina e in tutti gli altri Paesi: no a un mondo diviso tra potenze in conflitto; sì a un mondo unito tra popoli e civiltà che si rispettano.

Città del Vaticano (AsiaNews) - “La missione evangelizzatrice non si basa sull’attivismo personale, ma sulla testimonianza di amore fraterno, anche attraverso le difficoltà che il vivere insieme comporta”. Lo ha detto oggi papa Francesco rivolgendosi ai fedeli presenti in piazza San Pietro per la preghiera dell’Angelus.

Commentando il brano del vangelo di Luca nel quale Gesù invia a predicare nei villaggi 72 discepoli “a due a due”, il pontefice ha sottolineato come la missione non sia dei “solitari”. “I discepoli – ha spiegato - non sono dei “battitori liberi”, dei predicatori che non sanno cedere la parola a un altro. È anzitutto la vita stessa dei discepoli ad annunciare il Vangelo: il loro saper stare insieme, il rispettarsi reciprocamente, il non voler dimostrare di essere più capace dell’altro, il concorde riferimento all’unico Maestro. Si possono elaborare piani pastorali perfetti – ha aggiunto -, mettere in atto progetti ben fatti, organizzarsi nei minimi dettagli; si possono convocare folle e avere tanti mezzi; ma se non c’è disponibilità alla fraternità, la missione evangelica non avanza”.

Nella domenica in cui avrebbe dovuto essere impegnato nel suo viaggio in Africa, rinviato a causa dei problemi alla salute, papa Francesco aveva prima voluto celebrare la Messa nella basilica di San Pietro insieme alla comunità romana della Repubblica democratica del Congo, il Paese che insieme al Sud Sudan avrebbe dovuto visitare. Anche nell’omelia della celebrazione si era soffermato su “tre sorprese missionarie” che Gesù riserva ai discepoli. La prima riguarda l’equipaggiamento: Gesù non dice che cosa portare, ma si sofferma su che cosa non avere con sé. “Spesso - ha commentato il pontefice - pensiamo che le nostre iniziative ecclesiali non funzionino a dovere perché ci mancano strutture, soldi e mezzi: non è vero. La smentita viene da Gesù stesso. Non confidiamo nelle ricchezze e non temiamo le nostre povertà, materiali e umane. Più siamo liberi e semplici, piccoli e umili, più lo Spirito Santo guida la missione e ci fa protagonisti delle sue meraviglie”.

Gesù sorprende però gli apostoli anche sul messaggio che affida loro, appena due frasi: “In qualunque casa entriate, prima dite: pace a questa casa”. “La pace – ha commentato Francesco - comincia da noi; da me e da te, dal cuore di ciascuno. Se vivi la sua pace, Gesù arriva e la tua famiglia, la tua società cambiano. Cambiano se per prima cosa il tuo cuore non è in guerra, non è armato di risentimento e di rabbia, non è diviso, doppio e falso. Mettere pace e ordine nel proprio cuore, disinnescare l’avidità, spegnere l’odio e il rancore, fuggire la corruzione, gli imbrogli e le furberie: ecco da dove inizia la pace”.

E l’unico altro contenuto che affida Gesù agli apostoli prima di inviarli in missione è poi: “Il Regno di Dio è vicino”. “La speranza e la conversione - ha annotato il pontefice - vengono da qui: dal credere che Dio è vicino e veglia su di noi: è il Padre di tutti, che ci vuole tutti fratelli e sorelle. Se viviamo sotto questo sguardo, il mondo non sarà più un campo di battaglia, ma un giardino di pace; la storia non sarà una corsa per arrivare primi, ma un pellegrinaggio comune”.

Infine lo stile della missione: “agnelli in mezzo ai lupi”. “Non vuol dire essere ingenui – ha chiarito Francesco - ma aborrire ogni istinto di supremazia e sopraffazione, di avidità e di possesso. Chi vive da agnello non aggredisce, non è vorace: sta nel gregge, con gli altri, e trova sicurezza nel suo Pastore, non nella forza o nell’arroganza, nell’avidità di soldi e di beni”.

Al termine dell’Angelus – infine – come ogni domenica il pensiero è andato alla guerra. “Continuiamo a pregare per la pace in Ucraina e nel mondo intero – ha detto il pontefice -. Faccio appello ai Capi delle nazioni e delle Organizzazioni internazionali, perché reagiscano alla tendenza ad accentuare la conflittualità e la contrapposizione. Il mondo ha bisogno di pace. Non una pace basata sull’equilibrio degli armamenti, sulla paura reciproca. La crisi ucraina – ha aggiunto - può ancora diventare, una sfida per statisti saggi, capaci di costruire nel dialogo un mondo migliore per le nuove generazioni. Con l’aiuto di Dio, questo è sempre possibile. Ma bisogna passare dalle strategie di potere politico, economico e militare a un progetto di pace globale: no a un mondo diviso tra potenze in conflitto; sì a un mondo unito tra popoli e civiltà che si rispettano”.

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