29/03/2013, 00.00
AFGHANISTAN
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Parroco di Kabul: In guerra, il Calvario è la speranza della Resurrezione

P. Giuseppe Moretti racconta la Settimana Santa della piccola comunità cristiana dell'Afghanistan. Per il sacerdote la missione della Chiesa afghana è soprattutto nei confronti dei militari, gli unici che hanno contatti diretti con la popolazione.

Kabul (AsiaNews) - "In questa realtà che sembra non avere scampo preghiamo che dopo il Calvario vi sia la Resurrezione. Qui la Passione di Gesù è la sofferenza di milioni di persone che patiscono ogni giorno il dramma della guerra, dell'odio, della povertà". È quanto afferma ad AsiaNews p. Giuseppe Moretti,  parroco dell'unica chiesa dell'Afghanistan, la cappella interna all'ambasciata italiana a Kabul (v. foto). Il sacerdote definisce la piccola comunità cristiana, composta da 12 suore e alcune decine fra militari e funzionari di ambasciate, una "Chiesa catacombale, silenziosa, discreta,  ma operosa perché testimonia Cristo al popolo afghano con il proprio esempio di vita e con la presenza quotidiana dell'Eucarestia".

Nonostante le difficoltà molte persone stanno partecipando alle funzioni della Settimana Santa. La presenza dei militari, anche di alto rango, alle messe è un segno di speranza. "Alla domenica delle Palme - racconta - la Chiesa era stracolma. Le palme sono un simbolo di pace e qui tutto è in rapporto con la terribile realtà afghana, dove domina invece la guerra". Oggi la piccola comunità celebra la liturgia della Passione. Il calendario prosegue con la veglia Pasquale a cui seguirà la messa solenne. "Ci attendiamo molte persone, soprattutto durante la veglia - nota p. Moretti - chi viene lo fa anche rischiando la vita".

Il Paese è al 99% musulmano e vi è  il divieto assoluto di comunicare il Vangelo. Ai cristiani è vietato esporre simboli religiosi e le funzioni sono limitate alla messa quotidiana. Le processioni non si possono svolgere nemmeno all'interno dell'ambasciata. "Questa condizione - sottolinea p. Moretti - non è un ostacolo. Noi andiamo incontro alla Pasqua con entusiasmo e  pienezza, come se fossimo dentro una bellissima cattedrale. Non è il luogo che fa la differenza, ma la presenza di Cristo".

Per p. Moretti la missione è anzitutto nei confronti dei militari, gli unici che possono avere contatti diretti con la popolazione musulmana, "i valori del Vangelo - sottolinea - si trasmettono anche attraverso di loro". I sei sacerdoti presenti nel Paese sono tutti cappellani nelle basi Nato sparse per il Paese e il loro compito è far riscoprire la fede ai cristiani che operano in Afghanistan. "Nella messa crismale celebrata lo scorso 24 marzo - racconta - abbiamo sperimentato che la nostra  presenza qui ha senso solo se viviamo come afferma papa Francesco: come veri pastori con 'il profumo delle pecore' sulle nostre vesti". Per testimoniare il Vangelo là dove il Signore ci invia".  

Compreso p. Moretti, i religiosi e le religiose che operano in Afghanistan sono 15. La presenza più radicata nel Paese è quella delle Piccole sorelle di Gesù. Rispettate anche dai talebani, queste suore (quattro in tutto) operano da 50 anni a Kabul. La caduta del regime talebano nel 2001 ha permesso l'entrata delle suore di Madre Teresa, che dal 2006 lavorano con i malati e i poveri. Un'altra realtà stimata e riconosciuta dalla popolazione è quella dell'Associazione pro bambini di Kabul che assiste orfani e disabili. (S.C.)

 

 

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