19/05/2021, 14.06
ISRAELE - PALESTINA
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Patriarca Pizzaballa: tensioni interne, più della guerra, segno di profondo disagio

Il conflitto fra Israele e Hamas “non è una novità” a differenza dei “disordini interni” che emergono in questi giorni. Identità dello Stato ebraico, questione di Gerusalemme ed elemento religioso i nodi irrisolti. La Chiesa promuove una veglia di preghiera. Pace, giustizia e perdono per risanare le ferite della Terra Santa. 

Gerusalemme (AsiaNews) - “La guerra fra Israele e Hamas non è una novità, purtroppo, e non porterà ad alcuna conclusione, se non ad altre macerie e morti”. La novità è rappresentata “dalle tensioni e dai disordini interni” a Israele stessa, che sono il “segnale di un profondo disagio” che covava da tempo e che ora sta emergendo in superficie. È quanto sottolinea ad AsiaNews il patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa, analizzando il conflitto in atto fra Israele e Hamas a Gaza, unito ai molteplici focolai di violenza fra popolazione ebraica e araba in varie città israeliane e palestinesi. “Vi è un problema - spiega - di identità all’interno dello Stato ebraico, cui si uniscono la questione di Gerusalemme e l’elemento religioso“. Il linguaggio e i discorsi improntati ”alla violenza” di alcuni ”partiti della destra” hanno rappresentato “la scintilla che ha infine innescato la miccia” del conflitto, alimentato da una “miscela già esplosiva”.

Sul fronte militare non si placa lo scontro fra esercito israeliano e Hamas, sostenuto da gruppi jihadisti della Striscia. Il numero di razzi lanciati verso Israele ha toccato quota 3.750; di questi, oltre il 90% sono stati intercettati dal sistema di difesa anti-missilistico israeliano (Iron Dome). Nel frattempo l’aviazione con la stella di David ha proseguito i bombardamenti della rete di tunnel di Hamas nella Striscia centrando oltre 40 obiettivi e distruggendo altri 12 km di sotterranei, fra cui depositi di armi e centri di comando; almeno 10 i miliziani uccisi. In quasi 10 giorni a Gaza sono rimasti uccisi 219 palestinesi, di cui 63 bambini, 36 donne e 16 anziani; il numero dei feriti è salito a 1530.

Ieri, intanto, si è assistito a un raro momento di unità fra palestinesi e arabi israeliani che hanno aderito a uno sciopero generale per protestare contro le politiche discriminatorie e oppressive di Israele e contro i bombardamenti nella Striscia. La serrata ha riguardato gli abitanti della Cisgiordania, di Gaza e gli arabi con cittadinanza israeliana, parte dei quali si definiscono “palestinesi in Israele” e discendenti di quanti abitavano i territori prima del 1948. Analisti ed esperti sottolineano che questo elemento rappresenta la vera novità dell’ultimo periodo, perché riunisce comunità spesso divise fra loro per ragioni geografiche e politiche. 

“La guerra di questi giorni a Gaza è come le altre guerre del passato, e altre ancora ve ne saranno in futuro se non si affrontano i problemi alla radice” avverte il patriarca Pizzaballa. “Fra questi - prosegue - vi è la questione del popolo palestinese” cui si deve affiancare un “dialogo rispettoso fra le parti” che sinora è venuto a mancare. Inoltre, i governi che si sono alternati in questi ultimi anni alla guida dello Stato di Israele “non hanno fornito un contributo” nell’ottica della pace, del dialogo e della distensione fra le parti. Al contrario, il primo ministro ad interim Benjamin Netanyahu sembra uscire rafforzato dalla crisi militare nel momento in cui una nuova coalizione parlamentare sembrava sul punto di estrometterlo dalla carica. 

Il patriarca di Gerusalemme dei Latini anticipa ad AsiaNews una veglia di preghiera che si terrà nelle chiese della Terra Santa il prossimo sabato 22 maggio, perché possa cessare il rumore delle armi e risuonare il suono della pace e del dialogo. “Ai cristiani - spiega - è dato il compito di ricostruire il dialogo e favorire l’incontro all’interno delle nostre istituzioni”. E ai governi in Occidente e alle diplomazie internazionali il patriarca lancia un monito finale: “Bisogna parlare in maniera rispettosa e chiara, ma non è più tempo di dichiarazioni generiche. Ora serve la parresia, serve un linguaggio franco e schietto, è tempo di responsabilità per ricostruire la nostra casa comune. Servono - conclude - pace e giustizia. Aggiungo anche un’altra parola fondamentale, il perdono. Ma per questo servirà ancora tempo”. 

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