29/03/2021, 11.30
TERRA SANTA
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Patriarca di Gerusalemme: la Pasqua ‘nuovo inizio alla vita’ dopo il buio della pandemia

Oltre un migliaio di fedeli hanno assistito alla processione al monte degli Ulivi con il patriarca Pierbattista Pizzaballa. Segno “del bisogno di tornare alla normalità, incontri, vita reale”. Il futuro dei pellegrinaggi “con una ripresa graduale” e della scuola “con la Dad che funziona fino a un certo punto”. Il viaggio del papa in Iraq “coraggioso”. Per un coinvolgimento del mondo ebraico “bisogna arrivarci, ma serve tempo”. 

Gerusalemme (AsiaNews) - La Chiesa di Terra Santa ha vissuto “un nuovo inizio: certo bisogna usare precauzioni, e non siamo ancora alle folle del passato, ma stiamo sperimentando un graduale ritorno alla vita” dopo la pandemia. È quanto sottolinea ad AsiaNews il patriarca di Gerusalemme dei Latini Pierbattista Pizzaballa, raccontando la processione al monte degli Ulivi e la messa della domenica delle Palme di ieri (nelle foto) alla presenza di gruppi di fedeli, dopo le chiusure e le funzioni via internet dei mesi scorsi. “Vi era un clima - racconta - di grande entusiasmo, non ci aspettavamo tutta questa gente. Almeno 1500 persone, alcuni dicono 3mila, in ogni caso erano molte e questo è un segno evidente del bisogno di tornare alla normalità, di incontri, di vita reale”.

In previsione delle celebrazioni della Settimana Santa e della Pasqua, la speranza è quella di proseguire nella presenza sebbene, spiega il patriarca, “nella nostra diocesi abbiamo realtà molto diverse: Palestina e Giordania sono ancora dentro a un rigido lockdown perché la pandemia [di Covid-19] sta colpendo duramente, mentre altre zone come Israele e Gerusalemme dove ne stiamo uscendo e tornando alla vita normale. Mi piace pensare a Gerusalemme - aggiunge - come alla città che apre i percorsi... la crocifissione c’è già stata e siamo in attesa della resurrezione”. 

Dopo mesi di funzioni partecipate in rete, di distanziamenti e di paura generate dal nuovo coronavirus “la gente sente il bisogno di pregare insieme e di ritrovarsi come comunità. Anche qui in Terra Santa - spiega Pizzaballa - la pandemia ha colpito duramente, con morti e ferite sociali. Questo ci ha fatto alzare lo sguardo e capire che abbiamo bisogno di Dio. Non si vive solo della salute del corpo e, per quanto il vaccino sia fondamentale e va fatto, ritengo sbagliato associarlo alla parola salvezza come si è fatto. La vera salvezza è altro”. 

Fra i settori più colpiti dalla pandemia vi sono il turismo religioso, i pellegrinaggi, e le scuole. Sono due elementi di fondamentale importanza per la vita della Chiesa della regione e per i cristiani. “Entro la fine dell’anno - sottolinea - assisteremo a una ripresa, ma sarà molto graduale perché basata sugli accordi legati alla validità del vaccino, sul passaporto verde. E poi ci sarà ancora paura di viaggiare, i costi saranno più alti, ma credo al contempo che poco alla volta queste situazioni si sbloccheranno”.

L’altra tragedia causata dalla pandemia oltre alle morti, prosegue il patriarca, “è proprio quella della scuola: di fatto i nostri studenti hanno perso due anni e la didattica a distanza (Dad) funziona fino a un certo punto. E poi vi sono anche conseguenze economiche, perché i bambini non vanno a scuola e le famiglie non possono pagare, ma gli stipendi al personale docente e non vanno comunque corrisposti. Tutto questo ha creato situazioni molto gravi, che si intravedevano già prima della pandemia ma che l’emergenza sanitaria ha aggravato. Siamo ancora nel pieno di questo caos, che ancora non è finito, mi auguro che entro la fine dell’anno si possano avere idee più chiare per il futuro”.

Il patriarca, nato in provincia di Bergamo (Italia) il 21 aprile 1965, ha studiato a Bologna dove è stato ordinato diacono il 27 gennaio 1990 e presbitero il 15 settembre dello stesso anno. Egli opera in Terra Santa dal 1999; nel maggio 2004 l’elezione a Custode, confermata il 22 marzo 2010 per un secondo mandato. Nel 2013 è stato postulato per un ulteriore triennio e il suo incarico si è concluso nell’aprile 2016. Qualche settimana più tardi, il 24 giugno, è nominato amministratore apostolico per limiti di età del predecessore, cui è seguita l’ elezione a patriarca il 24 ottobre del 2020. 

Un pensiero il patriarca Pizzaballa lo dedica anche al recente viaggio di papa Francesco in Iraq e sui possibili riflessi sulla Terra Santa e il dialogo (anche) con il mondo ebraico, oltre all’islam. “La Terra Santa (ride) è un luogo in cui vi è poca terra e tanta pietra, e la pietra assorbe poco. Diciamo che è stato un viaggio molto coraggioso, che non ha cambiato la vita concreta dell’Iraq ma ha cambiato tutto negli atteggiamenti e nelle relazioni. Qui ripercussioni immediate non ce ne sono state, però si è avuta la conferma - sottolinea - della direzione impressa dal pontefice: siamo ancora nel pieno di questo caos, che ancora non è finito, mi auguro che entro la fine dell’anno si possano avere idee più chiare per il futuro”. Un futuro che non può prescindere dal coinvolgimento del mondo ebraico, dopo aver abbracciato l’islam sunnita di al-Azhar e gli sciiti legati a Najaf e al-Sistani. “Ancora manca - osserva Pizzaballa - ma non è detto che non si possa fare. Non bisogna fare gesti giusto per farli, per le telecamere. Bisogna fare gesti che siano veri. Ora le ferite in questo Medio oriente sempre più settario sono profonde, quindi pretendere di cambiare tutto e di arrivare alla pace e vogliamoci bene sarebbe ingenuo, impensabile ora. Non si può parlare di fratellanza escludendo qualcuno, perché c’è bisogno di tutti ma bisogna arrivarci ciascuno con i propri tempi. Del resto vi è anche una evidente fragilità nella vita politica e sociale” come confermato dalle recenti elezioni politiche in Israele: “Si fa fatica - conclude - a trovare una sintesi, un accordo, un bene comune maggiore rispetto agli interessi dei singoli, la strada è ancora lunga”. 

(Foto tratte dal sito patriarcato latino di Gerusalemme)

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