16/02/2007, 00.00
PAKISTAN
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Paura, violenze e ostracismo per i “blasfemi dell'Islam” riconosciuti innocenti

di Qaiser Felix
Nonostante siano stati rilasciati dai giudici, alcuni sopravvissuti alla legge sulla blasfemia raccontano l’isolamento sociale e la povertà cui sono condannati solo per essere sospettati di aver offeso l’islam. Agenti e funzionari costringono i cristiani a convertirsi in carcere: chi rimane saldo nella fede, rischia di morire per mano di estremisti.
Faisalabad (AsiaNews) – Quando la polizia lo ha portato in carcere, ha protestato con forza dicendo di essere innocente. I poliziotti gli hanno risposto di stare zitto perché “Ghafar lo aveva denunciato di blasfemia, aveva ammesso che era con lui mentre dissacravano il Corano”.
 
Shahid Masih è appena uscito di prigione: ha passato “diverso tempo in carcere” ma non ricorda quanto. E’ stato accusato ai sensi dell’art. 295 C del Codice penale pakistano, la famigerata “legge contro la blasfemia”, che prevede pene molto pesanti (fino alla condanna a morte) per chi offende il Profeta o i testi sacri dell’islam.
 
Shahid racconta che “nel tragitto fino al carcere ho continuato a chiedere cosa succedeva, ma nessuno mi ha parlato se non per insultarmi. Alla stazione di polizia, sono stato picchiato dagli agenti; entrato in carcere, sono stato picchiato dai compagni di cella. Qui mi hanno trattato come uno schiavo, facendomi fare ogni sorta di lavori umilianti, ma non ho mai smesso di pregare Gesù”.
 
La madre, Alice, è molto malata: nonostante le gravi condizioni economiche in cui versa la famiglia “è molto felice che il figlio sia tornato finalmente a casa, anche se ora non può più lavorare”. Infatti, aggiunge lui, “la  vera tragedia è questa: sono stato in carcere, mi hanno rilasciato perché innocente, ma la mia vita è finita. Nessuno mi vuole assumere ed io ho paura ad andare in giro, dove la gente mi considera un blasfemo che deve morire”.
 
Khalil Tahir guida la Fondazione Adal Trust, che aiuta la comunità cristiana a difendersi da ingiuste accuse. Ad AsiaNews spiega che “chi viene accusato di blasfemia, il più delle volte fa parte delle minoranze religiose e sociali del Paese. Per questo è importante aiutarli non solo in tribunale e in carcere, ma anche quando escono di galera”.
 
Pervez Masih ha 33 anni e fa il maestro: è stato rilasciato lo scorso 8 aprile dopo 5 anni di carcere. La Corte che lo ha rilasciato, racconta, lo ha riconosciuto innocente ma le minacce della popolazione non sono terminate. Non può neanche costruirsi una casa, perchè deve muoversi in continuazione per il Paese.
 
Durante il processo “un alto rappresentante dell’amministrazione locale mi ha invitato a convertirmi all’islam: in cambio, avrebbero ritirato ogni accusa. Io ho rifiutato, e la mia difesa non è stata neanche presa in considerazione. In carcere succedeva lo stesso: durante la mia detenzione ho visto almeno 10 cristiani costretti a convertirsi. Io sono stato fortunato: Dio mi ha aiutato a mantenere salda la mia fede”.
 
Johnson Michael, presidente dell’Associazione vescovo John Joseph, dice: “Ho incontrato molta gente nel corso della mia vita, ma nessuno come Pervez. Ha avuto una forza straordinaria ed ora mi sento edificato dal suo esempio”. Al momento, l’Associazione aiuta il maestro finanziariamente perché anche lui, come gli altri rilasciati, non riesce a trovare lavoro.
 
Shahbaz Bhatti, presidente dell’All Pakistan Minorities Alliance, aggiunge: “E’ triste che la legge dica una cosa e gli estremisti un’altra. Conosco diverse persone che non possono neanche più avvicinarsi ai luoghi in cui hanno vissuto per anni, dove rischierebbero di morire immediatamente. D’altra parte, ogni giorno sentiamo di omicidi extra-giuridici impuniti”.
 
Per Peter Jacob, segretario generale della Commissione episcopale Giustizia e Pace, “se qualcuno è accusato di essere un blasfemo, non importa cosa dicono i giudici: la sua vita diverrà miserabile, costretto a nascondersi in povertà”. Lo stesso problema “nasce anche per le famiglie, che perdono ogni diritto sociale e vengono condannate a rimanere ignoranti e povere”.
 
Fino ad ora, “nessuno è stato impiccato dalla legge per accuse collegate alla blasfemia. Eppure, 24 persone sono morte per mano di estremisti che non sono mai stati fermati”.
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