25/06/2021, 10.50
RUSSIA-CINA
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Pechino si ‘mangia’ la Siberia

di Vladimir Rozanskij

Film-documentario mostra la colonizzazione dell’Estremo oriente russo da parte di migranti cinesi. Fanno grandi affari in un territorio poco abitato, con un mercato senza regole. Riconoscimento facciale “made in China” usato per reprimere il dissenso. Il Cremlino accetta la crescente presenza cinese per superare la crisi pandemica.

Mosca (AsiaNews) – La presenza cinese è sempre più significativa in Siberia, grazie anche ai recenti accordi di collaborazione tra Pechino e il Cremlino. È quanto emerge da “La Siberia Celeste”, film-documentario del giornalista Pavel Afonasev. Presentata il 23 giugno, la pellicola mostra come vivono gli immigrati cinesi nel territorio della Federazione Russa, soprattutto nella sua parte asiatica.

In un incontro a marzo con il suo omologo cinese Wang Yi, il ministro russo degli Esteri Sergej Lavrov ha sottoscritto la dichiarazione comune “Su alcune questioni di amministrazione globale nelle condizioni contemporanee”. Nel documento si afferma che i diritti dell’uomo vanno difesi “rispettando le caratteristiche nazionali”. Il 16 giugno i due governi si sono accordati per costruire insieme una stazione lunare: i lavori cominceranno nel 2026, per concludersi nel 2035.

In seguito a queste e altre dichiarazioni congiunte, gli abitanti della Siberia e dell’Estremo oriente russo parlano sempre più spesso della “espansione” dei cinesi nel proprio territorio: i coloni dalla Cina in cercano migliori condizioni economiche o di rafforzare i propri affari già ben avviati. Molti migranti venuti dalla Cina ricominciano in Russia da zero; occupano zone da disboscare e le rendono coltivabili.  Per ottenere raccolti più intensivi, essi fanno ampio uso di sostanze chimiche. In generale, i cinesi sottraggono ai russi ampi settori dell’economia privata e pubblica.

Il film di Afonasev cerca di mostrare la vita dei cinesi in Russia senza abbandonarsi alle polemiche e ai pregiudizi. Uno degli intervistati, Wang Tsynbin, è proprietario di uno dei più frequentati ristoranti di Novosibirsk: lo “Tsyndao”, così chiamato in onore della sua città natale. Wang racconta di essere arrivato nel 1995, cominciando a commerciare in tessuti, per passare alla vendita di spaghetti cinesi e frutta: “In Cina ero un impiegato di basso livello, la Russia mi ha aperto nuove prospettive, un grande mercato senza regole. Tra alti e bassi sono riuscito a fare molti soldi”. Dopo aver aperto una serie di ristoranti, Wang è stato costretto a chiuderne uno a causa della pandemia, ma conta di rifarsi presto.

Diversi cinesi raccontano di come sia stato difficile superare la barriera linguistica con il russo. In Russia i cinesi sono sparsi sul territorio e non formano comunità chiuse e semi-autonome come in tante città occidentali. Molti studenti cinesi frequentano però le università russe, e si offrono volentieri come interpreti per i commerci dei connazionali.

Uno dei maggiori motivi di contrasto tra siberiani e immigrati cinesi è proprio la propensione di quest’ultimi alla distruzione delle zone boschive. Un funzionario pubblico del paese di Kolyvan, Vladimir Kirillov, si lamenta anche della perdita di valore del legno siberiano, che i cinesi rivendono ovunque all’ingrosso come materiale per realizzare mobili.

La Russia si trova ancora a fronteggiare migliaia di casi di coronavirus al giorno. Per rilanciare la propria economia, Mosca accetta la crescente presenza cinese senza guardare troppo per il sottile. Oltre all’immigrazione in Siberia, aumentano a dismisura anche gli investimenti delle aziende cinesi nel Paese, soprattutto in ambito tecnologico. In tutte le città russe si installano le videocamere per il riconoscimento facciale della compagnia cinese Hikvision. Sono usate soprattutto per controllare i partecipanti alle manifestazioni di protesta, contro cui vengono prese misure repressive. Si calcola che circa nove milioni di russi siano stati esclusi in questo modo dalle liste per le candidature elettorali.

La Cina importa dalla Russia le risorse energetiche di cui ha sempre maggiore necessità. In qualche modo Pechino estende al vicino russo i propri sistemi di controllo e gestione dell’economia e della vita pubblica. L’enorme disparità nel numero degli abitanti (i russi sono circa un decimo dei cinesi) fa sì che la Cina tenda sempre più a considerare la Russia come una modesta provincia del proprio impero.

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