17/03/2020, 08.57
ISRAELE
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Rabbì Milgrom: il mandato a Gantz segno di ‘speranza’: fine dell’era Netanyahu

Il leader centrista ha il sostegno di 61 parlamentari (su 120 alla Knesset). La coalizione del Primo ministro uscente si ferma a 58. Rabbino israeliano: giunto il momento di un “ricambio” dopo tre elezioni “artificiali” volute da Netanyahu per restare al potere. Maggiore coinvolgimento di arabi israeliani e palestinesi. 

Gerusalemme (AsiaNews) - In Israele si profila una “speranza, piccola ma concreta” di un ricambio nella leadership e la fine del decennio al potere per il Primo ministro Benjamin Netanyahu, a dispetto dei proclami di vittoria lanciati all’indomani del voto alle politiche del 2 marzo. È quanto sottolinea ad AsiaNews Jeremy Milgrom, rabbino israeliano e membro dell’ong Rabbis for Human Rights, secondo cui il capo dell’opposizione Benny Gantz potrebbe raccogliere i numeri alla Knesset, il Parlamento israeliano, “per formare un nuovo governo”. “L’era di Netanyahu - sottolinea - è durata troppo a lungo, speriamo sia davvero giunto il momento di un ricambio”. 

Ieri il leader della coalizione centrista Blu Bianco Benny Gantz ha ricevuto il mandato dal presidente Reuven Rivlin di formare il governo. In un fine settimana di intense consultazioni elettorali, l’attuale capo del governo ha raccolto il sostegno di 58 parlamentari, mentre il rivale ne ha totalizzati 61, il minimo necessario - su un totale di 120 alla Knesset - per avere la maggioranza. 

Raccolto l’incarico dal presidente, Gantz ha lanciato un appello al rivale Netanyahu per un governo di unità nazionale in questo momento di emergenza, con il Paese che ha chiuso i confini e ingaggiato anche i servizi di intelligence per contrastare la diffusione del nuovo coronavirus. Il leader centrista assicura di voler “formare un governo di unità nazionale, il più ampio possibile, entro pochi giorni”. 

Gantz ha 28 giorni di tempo per raccogliere il sostegno necessario in Parlamento e dar vita alla squadra di governo. In caso di necessità, il presidente Rivlin potrebbe concedergli altre due settimane di tempo. “Queste non sono giornate normali” ha aggiunto “e i leader devono mettere da parte il loro tornaconto personale”.

Un riferimento nemmeno troppo velato all’ostinazione con la quale Netanyahu intende rimanere al governo e, in caso di esecutivo di unità nazionale, voglia guidare la prima parte della legislatura per procrastinare l’apertura dei processi a suo carico per corruzione. La prima udienza era in programma il 17 marzo, ma il procedimento è slittato di due mesi sempre a causa dell’emergenza sanitaria in atto su scala globale. 

“Abbiamo assistito - sottolinea Jeremy Milgrom - a tre tornate elettorali artificiali, che non servivano. Erano solo un modo con il quale [Netanyahu] voleva restare al potere ed evitare la prigione. Due settimane fa, al momento del voto e dopo i primi exit-poll, ha cercato di rivendere la maggioranza relativa ottenuta dal suo partito come sostegno popolare al suo mandato, che la gente era con lui… ma non è così”. Il Likud, aggiunge, “ha bisogno di lui e lui ha bisogno del partito” per sfuggire ai guai giudiziari, in un “dramma personale” che si ripercuote sul Paese. 

Oggi Gantz “può formare una maggioranza” prosegue rabbì Milgrom, e questo rappresenterebbe “un grande cambiamento, la fine di un’era”. Netanyahu “è rimasto al potere per troppo tempo” e questo “non è un aspetto positivo in una democrazia”. Sarà, aggiunge, un passaggio “difficile” perché egli “si stava dimostrando sempre meno un leader democratico e più un piccolo dittatore”, che ha cercato di usare “il coronavirus come ultima arma per restare al potere”. 

In questo nuovo contesto che si va delineando, conclude, “la speranza è che il partito arabo e i palestinesi possano avere più influenza e un maggiore coinvolgimento”. Questo permetterà “una maggiore integrazione anche a livello politico, non solo sociale e lavorativo”.

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