27/10/2021, 08.47
UZBEKISTAN
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Taškent: Mirziyoyev rieletto presidente con oltre l’80%

di Vladimir Rozanskij

Vittoria scontata: principali oppositori esclusi dalla competizione. I presidenti “amici” di Russia, Bielorussia e Kazakistan si congratulano con il capo dello Stato uzbeko. Negli ultimi cinque anni nel Paese è migliorata la situazione economica, meno quella dei diritti umani.

Mosca (AsiaNews) – Vittoria scontata del presidente dell’Uzbekistan Šavkat Mirziyoyev alle presidenziali del 24 ottobre. Il capo dello Stato uzbeko ha ottenuto l’80,1% dei voti, secondo i dati ufficiali. Gli altri candidati si sono spartiti pochi punti percentuali: Maksuda Vorisova del Partito popolar-democratico ha raccolto il 6,6% dei voti, Ališer Kodirov del Partito democratico il 5,5%, Narzullah Oblomuradov del Partito ecologico il 4,1% e Bakhrom Abdukhalimov del Partito social-democratico “Adolat” il 3,4%.

Al voto hanno partecipato l’80% degli aventi diritto: oltre 16 milioni su un totale di 20 milioni. Diversi commentatori osservano però che le elezioni uzbeke non sono competitive, dato che le autorità hanno escluso dalla competizione diversi esponenti delle opposizioni. Gli altri candidati in lizza erano tutti esponenti di partiti filo-governativi.

Senza attendere la proclamazione ufficiale da parte del Comitato elettorale, i presidenti “amici” di Russia, Bielorussia e Kazakistan si sono complimentati con Mirziyoyev. Vladimir Putin ha espresso al collega la sua “soddisfazione per la convincente vittoria”, assicurando ulteriori sviluppi nella collaborazione strategica e di partenariato tra Mosca e Taškent.

Secondo il capo del Comitato elettorale Zajnuddin Nizamkhodžaev, le elezioni “si sono svolte nel pieno rispetto della legge e dei principi democratici, senza alcuna violazione delle norme”. Alcuni giornalisti indipendenti, come riporta Currentime.tv, hanno diffuso però notizie di brogli in diversi seggi, con l’inserimento di schede precompilate nelle urne elettorali. Durante le preghiere musulmane del venerdì, alla vigilia delle elezioni, diversi imam hanno proclamato nelle omelie che la partecipazione al voto è un “vadžib amalem”, un dovere religioso, invitando a non dare retta agli appelli diffusi dalle reti social a disertare le urne allo scopo di togliere autorevolezza alla conferma del presidente.

Il primo quinquennio di Mirziyoyev è stato piuttosto convincente, anche se non privo di scandali per fenomeni di corruzione. Più volte i media indipendenti hanno rivelato le malversazioni di vari membri della famiglia del presidente, che più volte hanno sottratto fondi al bilancio statale per affari privati e gare d’appalto truccate. Lo stesso presidente si è circondato di oligarchi e affaristi di vario genere, organizzando un sistema di protezioni reciproche.

La situazione economica generale del Paese appare comunque migliore di cinque anni fa, come spiega a Currentime l’ex vice ministro delle Finanze Abdullah Abdukadyrov: “l’Uzbekistan è diventato più attraente per gli investitori internazionali e ha acquistato un ruolo più centrale nei giochi geopolitici di tutta l’Asia centrale”.

Si aspettava un cambiamento di rotta nella difesa dei diritti umani, ciò che è avvenuto solo in parte, come afferma l’attivista Umida Nijazova: “Non possiamo negare che qualcosa sia cambiato, c’è maggiore liberà di stampa rispetto ai tempi di Islam Karimov, ma l’Uzbekistan rimane un classico regime autoritario, come confermano anche queste elezioni”.

Negli scorsi giorni aveva fatto scalpore l’arresto della “paladina dei migranti” uzbeka Valentina Čupik, trattenuta una decina di giorni nella cella d’isolamento dell’aeroporto moscovita di Šeremetevo, prima di essere rilasciata per riparare a Erevan, in Armenia. La Čupik non può rientrare a Taškent, e ora neanche in Russia, dove ha cercato per anni di proteggere i migranti uzbeki, e ammonisce che “la situazione dell’Uzbekistan non cambierà finchè lo stato non inizierà a difendere i nostri migranti, attivando un serio lavoro diplomatico in Russia e in altri Paesi.” Secondo Čupik, molti lavoratori uzbeki che si trovano all’estero sono tenuti in un vero regime di schiavitù, senza che lo Stato se ne assuma la responsabilità.

Le riforme democratiche promesse da Mirziyoyev sono ancora lontane dall’essere realizzate, per uscire dalla condizione “post-sovietica” del lungo regno di Karimov (1991-2016). Uno degli oppositori esclusi dalle elezioni, il professore anti-corruzione Khindirnazar Allakulov, è tuttora oggetto di persecuzioni giudiziarie insieme ai familiari. Ex rettore dell’università Termez, egli sostiene la necessità di “unire la società uzbeka nella lotta alla corruzione che pervade tutte le istituzioni, ma le elezioni dimostrano che siamo ancora dominati dal timore di intervenire pubblicamente”.  Per Allakulov , molti uzbeki “sono scontenti e scettici riguardo alle promesse di Mirziyoyev, e non credo che siano davvero andati in così tanti a votare”.

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